mercoledì 12 maggio 2010
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Mele marce, solo mele marce? La risposta non ci basta, non più ora. Dobbiamo vedere il canestro, l’impianto, la temperie culturale, la civiltà. Un ragazzino massacrato di botte sotto casa dai poliziotti, una sera di disordini di tifoseria calcistica, con i quali non c’entrava per niente, è un video che fa esplodere il dolore. E insieme vorrebbe esplodere lo sdegno, e fa quasi vergogna sentire farsi caute e guardinghe le parole che montano contro quei gesti violenti e vigliacchi, per il fatto che la riprovazione investe «le forze dell’ordine», cioè qualcosa che si imparenta con l’immaginario del bene, della giustizia, e magari del sentimento di patria.Loro sono lì per proteggerci, li manteniamo per questo e li ringraziamo per questo, sono gli angeli custodi della nostra sicurezza. Ma dunque della sicurezza di Stefano anche. Di Stefano finito in carcere con la testa rotta che alcuni di loro gli hanno spaccato. Se è così, quegli alcuni di loro non sono ordine ma delitto. E questo problema delle botte bisognerà affrontarlo una volta per tutte dalla parte delle radici, invece che soltanto all’indomani degli scandali, dei raccapricci o magari dei funerali.Le botte d’ordine normalizzate, ma sì, i telefilm ci guazzano quasi in un’acqua virtuosa. Fiction? È già devastante che ciò si raffiguri come ordinario. Il peggio è che chi non ci crede è un ipocrita o un imbecille. Si fanno persino classifiche su come si picchia nel mondo, si vedono filmati quotidiani. E anche si rammentano processi, da noi. Allineando tutto questo dolore, tutta questa immonda ingiustizia, si rintraccia il filo rosso di un senso perverso della violenza travestita e impunita: e il quesito ultimo investe radicalmente il tradimento dell’etica dell’ordine.Noi intendiamo il concetto di ordine in senso vocazionale. La forza a servizio del bene (sociale, statuale), proposta per chi voglia arruolarvi la sua vita. Allora le botte, le violenze, le prepotenze sugli inermi non sono reati e basta, sono un tradimento di chierici. I crepuscoli vocazionali e i tradimenti escono dall’ombra solo per caso fortuito, e questo ci inquieta. Che cosa pensate che sarebbe successo, come sarebbe andata a finire, se non ci fosse stato su internet quel video di botte?A chi è picchiato e non ha il video delle botte, radio-carcere suggerisce di non dire che è stato picchiato, ma che è caduto per le scale, perché il rischio di raccontare le botte è pagare l’accusa di calunnia. Parola contro parola, come pensate che finirebbe? Alcuni secoli fa, gli statuti comunardi dicevano che «la parola di uomo pesa in giudizio come la parola di due donne», e noi ridiamo o ci indigniamo; ma quanto pesa oggi nella giurisprudenza penale la parola di un accusato picchiato e quella di un picchiatore in divisa, ausiliario del magistrato inquirente, se non c’è video, nella nostra illuminata modernità? Oggi dobbiamo sognare una rivoluzione di giustizia dentro le coscienze.Anche ai giudici tocca più di qualcosa, più di non appiattirsi, tocca il distacco critico e l’assoluta protezione del soggetto umano. E qualche crisi di coscienza, stavolta, se è vero che Stefano è stato tenuto tre giorni in isolamento, tortura aggiunta. Per il resto, la formazione etico-giuridica delle "forze dell’ordine" esige un serio seminario civile, diverso da un mero arruolamento di braccia vigorose. Questo è essenziale per la nostra civiltà, per la nostra stessa libertà. Vigilare è un problema di capi, di vertici. Sono loro che dovrebbero saltare, quando le mele marce stanno nel paniere della loro custodia. Le mele marce sparirebbero in pochi giorni.
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