Il faccia a faccia tra Trump e Zelensky e i nodi da sciogliere
di Elena Molinari, New York
Prima di atterrare in Florida, il leader di Kiev ha fatto sosta in Canada e "ricompattato" il fronte europeo

Volodymyr Zelensky atterra in Florida per vedere Donald Trump, ma prima di bussare a Mar-a-Lago si ferma in Canada e convoca per telefono gli alleati europei, nella speranza di mantenere un fronte unito sul futuro della sicurezza europea e transatlantica.
In vista dell’incontro di domenica con il presidente Usa, che sia Kiev che Washington hanno presentato come un punto di svolta nel percorso negoziale per porre fine alla guerra con la Russia, il capo di Stato ucraino riprende dunque un copione già visto, rivolgendosi ai leader della cosiddetta “coalizione dei volonterosi” e alla presidente della Commissione Ursula von der Leyen per coordinare le rispettive posizioni sul piano di pace in 20 punti in discussione. È la conferma che Zelensky, consapevole che il sostegno del Vecchio Continente resta il più prevedibile, rispetto a quello ben più volubile di Trump, vuole appoggiare sulla sponde europea prima di ogni snodo decisivo con Washington. È infatti significativo che alla riunione virtuale di ieri non abbia partecipato il presidente Usa, contrariamente a quanto annunciato in precedenza.
Presenti erano i leader di Polonia, Francia, Germania, Regno Unito e Italia, oltre ai vertici dell’Unione Europea, mentre Zelensky in Canada ha incontrato il primo ministro Mark Carney per coinvolgere l’intero fronte occidentale prima del confronto con Washington.
Già a maggio, dopo i colloqui indiretti tra delegazioni russe e ucraine a Istanbul, Zelensky e diversi leader europei avevano valutato margini di pressione diplomatica su Mosca. Anche ad agosto un vertice a Washington è stato seguito da un coordinamento trilaterale su garanzie di sicurezza e sostegno all’Ucraina. In tutti questi passaggi, Kiev ha cercato di evitare che il dialogo con gli Stati Uniti si sviluppasse in modo separato rispetto alle posizioni europee, non sempre allineate a quelle di Washington.
L’Europa insiste infatti sulla necessità di un accordo che tenga insieme cessate il fuoco, garanzie di sicurezza credibili e un percorso negoziale di lungo periodo. A Trump da mesi interessa più la rapidità che la completezza del processo, ed è pronto ad accettare che alcune questioni restino irrisolte nel breve periodo.
Inoltre, mentre le capitali europee rivendicano un coinvolgimento diretto, gli Stati Uniti hanno più volte condotto colloqui con Mosca in formato ristretto, alimentando il timore che l’architettura di sicurezza del continente possa essere ridisegnata senza la sua partecipazione.
Al centro dell’incontro di oggi in Florida ci sarà il piano di pace in 20 punti elaborato da negoziatori ucraini e statunitensi e definito «completo al 90%» dal leader ucraino. Il documento prevede garanzie di sicurezza per Kiev che, come ha ribadito ieri Zelensky sui social, sono la sola condizione «che può permettere alla diplomazia di funzionare». Restano però da discutere i suoi «aspetti tecnici», ha detto il leader di Kiev, come la durata dell’accordo. Gli Stati Uniti hanno proposto un patto di 15 anni, rinnovabile, ma Zelensky ha affermato che ne «servono di più», aggiungendo che considererebbe un «grande successo» se Trump condividesse questa posizione durante il loro incontro.
In discussione tra Kiev e Washington oggi ci saranno anche intese bilaterali sulla ricostruzione, con la Casa Bianca che sta valutando meccanismi di coinvolgimento di capitali pubblici e privati statunitensi nella ricostruzione post-bellica,
Ucraina e Stati Uniti non hanno raggiunto un accordo nemmeno su due questioni principali del piano: il controllo della centrale nucleare di Zaporizhzhia, occupata dalla Russia, e della regione del Donbass. Il documento inoltre non fa riferimento alle aspirazioni dell’Ucraina di aderire alla Nato.
Zelensky ha però ammesso che al momento non gli è chiaro se la Russia sia davvero pronta ad accettare il piano di Trump. «Ho alcune informazioni di intelligence… ma sono in una fase in cui voglio credere solo alle parole dirette dei leader», ha detto ieri.
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