Tienanmen, il mondo non dimentica quel ragazzo davanti ai carri armati

Trentasei anni dopo, il 4 giugno in Cina è ancora tabù. Solo le madri degli studenti uccisi sfidano la censura. Da Taiwan e Stati Uniti l'invito a non insabbiare la verità in nome della democrazia
June 3, 2025
Tienanmen, il mondo non dimentica quel ragazzo davanti ai carri armati
Ansa | Una protesta a Hong Kong il 30 maggio 1999: oggi il regime cinese impedisce ogni riferimento alle proteste di 36 nni fa
Il mondo non dimentica Tienanmen. Sono passati trentasei anni da quando, era l’alba del 4 giugno 1989, i carriarmati del governo cinese scesero nella piazza al centro di Pechino per sgomberare con la forza gli studenti e i lavoratori che, da cinquanta giorni, protestavano in nome della libertà e della democrazia. I cingolati li schiacciarono mentre l’esercito sparava sulla folla. Di quel massacro non c’è ancora un bilancio ufficiale. Alcune stime parlano di 10mila vittime.
Nel Paese del dragone il 4 giugno è ancora un tabù. Il governo utilizza risorse sempre più sofisticate per censurare qualsiasi discussione online sugli eventi riconducibili a quella data. I censori digitali eliminano dalla rete anche i riferimenti più vaghi. Gli attivisti per i diritti umani segnalano che in prossimità dell’anniversario della strage le autorità intensificano anche la repressione contro chi critica il regime dall’estero. Una ricerca di Freedom House del 2023 attribuisce alla Cina il 30 per cento degli atti di repressione fisica (sorveglianza, rapimenti e rimpatri forzati) registrati a livello transnazionale dal 2014.
Secondo l’associazione Article 19 le veglie per i morti di Tienanmen in Cina sono ormai «estinte» e gli agenti governativi prendendo di mira le commemorazioni in altre parti del mondo. Per molti anni, Hong Kong – e in misura minore Macao – sono stati gli unici luoghi sul territorio cinese dove il massacro poteva essere ricordato. Ma dopo le proteste pro-democrazia del 2019 e la successiva repressione, la veglia al lume di candela convocata ogni anno per il 4 giugno a Victoria Park è stata vietata. Rimpiazzata da un festival gastronomico organizzato dalle autorità filo-pechinesi.
Uno dei pochi gruppi in Cina che parla ancora apertamente degli eventi di 36 anni fa sono le “Madri di Tienanmen”, le mamme delle vittime della strage, che continuano a chiedere verità e giustizia. Una delle fondatrici, Zhang Xianling, ha rilasciato una rara intervista a Radio Free Asia pur precisando di essere sotto stretta sorveglianza. «Non capisco perché abbiano così paura di me – ha sottolineato -. Ho 88 anni e devo usare una sedia a rotelle se devo camminare. Faccio così paura?».
«La commemorazione di Tienanmen non serve solo a piangere la storia, ma anche a conservarne la memoria», ha commentato da Taipei il presidente taiwanese Lai Ching-te Lai, leader del Paese che Pechino disprezza definendolo «separatista» e al quale ha ripetutamente rifiutato il dialogo. «I governi autoritari spesso scelgono di mettere a tacere e dimenticare la storia – ha aggiunto – mentre le società democratiche scelgono di preservare la verità e rifiutano di dimenticare coloro che hanno dato la vita, e i loro sogni, per l’idea dei diritti umani».
Sulla rivoluzione silenziata si sono espressi anche gli Stati Uniti che contro Pechino combattono oggi una sfida geopolitica e, soprattutto, commerciale. «Commemoriamo il coraggio del popolo cinese che è stato ucciso mentre cercava di esercitare le proprie libertà fondamentali, così come coloro che continuano a subire persecuzioni mentre cercano verità e giustizia per gli eventi del 4 giugno 1989», ha dichiarato il Segretario di Stato Marco Rubio in un comunicato. Parole che il portavoce del ministero degli Esteri cinese Lin Jian ha bollato come «sbagliate» perché «distorcono maliziosamente i fatti storici». Sono, ha aggiunto, «una grave ingerenza negli affari interni della Cina». Sul ricordo della strage che si è consumata nella piazza dedicata, letteralmente, alla “pace celeste” pesano le repressioni che il regime continua a esercitare contro uiguri, tibetani e hongkonghesi. Il mondo non dimentica neppure quelle.

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