Sta per iniziare il voto più scrutato nella storia della Groenlandia

Le mire di Trump sul territorio, ricoperto per l'80% dai ghiacci, hanno messo il Paese sotto i riflettori del mondo. Ecco chi si sfida e con quali programmi
March 9, 2025
Sta per iniziare il voto più scrutato nella storia della Groenlandia
Reuters | Lo scenario artico del voto nella capitale della Groenlandia, Nuuk
Non c’erano mai stati così tanti occhi puntati sul voto in un territorio autonomo, che chiama alle urne appena 41mila elettori per scegliere i suoi 31 deputati. È la Groenlandia, baby, direbbe Trump. E questo spiega l’attenzione sul voto di oggi. Nonostante si tratti di un territorio per l’80% coperto dai ghiacci, e quindi inabitabile, la sua posizione strategica nell’Artico e la ricchezza di risorse del sottosuolo le hanno valso ripetute menzioni da parte del presidente americano Donald Trump. «Come ho chiarito nel mio discorso al Congresso, gli Stati Uniti sostengono fermamente il diritto del popolo groenlandese a determinare il proprio futuro – ha ribadito su Truth, a poche ore dal voto –. Siamo pronti a investire miliardi di dollari per creare nuovi posti di lavoro e renderli ricchi. E, se lo desiderano, li accoglieremo nella più grande nazione del mondo: gli Stati Uniti d’America».
Sulla richiesta di indipendenza dalla madrepatria Danimarca, partiti di governo e d’opposizione procedono su strade parallele. Non è in questione il “se”, ma il “quando”. Tra i più impazienti, il partito nazionalista centrista Naleraq, all’opposizione, che nel 2021 ottenne il 12%. «L’interesse che stiamo riscontrando, non solo negli Stati Uniti ma anche nel resto del mondo, è a nostro favore» scommette la candidata Juno Berthelsen. Una legge del 2009 prevede che i groenlandesi possano avviare autonomamente il processo d’indipendenza, negoziando con la Danimarca un accordo da ratificare con referendum in Groenlandia e votazione del parlamento danese.
Cartelloni elettorali a Nuuk, in Groenlandia - Ansa
Cartelloni elettorali a Nuuk, in Groenlandia - Ansa
Le due componenti della coalizione uscente, Inuit Ataqatigiit (Ia, il partito verde di sinistra del primo ministro Mute Egede) e Siumut (il partito socialdemocratico), hanno meno fretta. Chiedono che il territorio raggiunga una certa autonomia economica prima di rinunciare ai 550 milioni di euro l’anno erogati da Copenaghen (un quinto del Pil) che finanziano i servizi essenziali, dalla sanità all’istruzione, in cambio della rinuncia a politica monetaria, estera e di difesa. «L'indipendenza è l'obiettivo finale ma ci vorranno dieci, vent’anni anni o più – frena Aaja Chemnitz, membro dell’Ia e uno dei due rappresentanti nel Parlamento danese –. È importante parlare dello sviluppo economico e di come realizzarlo nel modo più sostenibile». Il leader di Siumut, Erik Jensen, ministro delle Finanze uscente, lamenta che la questione dell’indipendenza abbia eclissato, sui media stranieri e danesi, i problemi veri dei groenlandesi: «Anche l’indipendenza è un aspetto importante del nostro programma, ma qui tutti parlano di salute, scuole e asili nido».
Le persone alla fermata dell'autobus in attesa di recarsi a votare - Reuters
Le persone alla fermata dell'autobus in attesa di recarsi a votare - Reuters
Il favorito nei sondaggi resta il partito del premier Egede (su Trump ha detto: «È molto imprevedibile»), che registrerebbe però un calo di consensi: viene dato al 31%, seguito dall’alleato Siumut al 22%. Previsti in crescita i populisti di Naleraq, indipendentisti ma favorevoli a un rapporto più stretto con Washington. Candidata con loro anche l’influencer Qupanuk Olsen famosa per la serie su Youtube Q’s Greenland.

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