Quintavalle: "Riconoscere lo Stato di Palestina. Ecco perché è giusto"

La ex ambasciatrice dell’Italia in Afghanistan sottoscrive l'appello dei diplomatici itaiani ed europei: se si crede in “Due popoli due Stati” si inizi da qui
August 3, 2025
Quintavalle: "Riconoscere lo Stato di Palestina. Ecco perché è giusto"
. | Natalia Quintavalle
Oltre 52mila firme, raccolte in pochi giorni, corredano sulla piattaforma change.org l’appello sottoscritto il 27 luglio da 70 ex ambasciatori alla premier Giorgia Meloni: “Riconoscere la Palestina ora!”, come parte di un percorso che comprende anche misure nei confronti di Israele (sanzioni individuali, sospensione dei rapporti e della cooperazione nel settore militare e della difesa e in particolare dell’Accordo di associazione con la Ue). Il primo firmatario è Pasquale Ferrara, fino a poche settimane fa direttore degli Affari politici della Farnesina. Tra i sottoscrittori dell’appello c’è Natalia Quintavalle, da pochi mesi in pensione da ministra plenipotenziaria, ultimo incarico ambasciatrice italiana in Afghanistan.
Dottoressa Quintavalle, perché ha deciso di aderire all’iniziativa dei suoi colleghi?
Perché da tante conversazioni avute con ex colleghe e colleghi sono emerse negli ultimi mesi riflessioni importanti, che convergevano sulla necessità di proporre e sostenere un gesto che andasse al di là delle semplici dichiarazioni.
Molti sostengono che non ci siano le condizioni per il riconoscimento dello Stato della Palestina, mentre ci si interroga sull’effetto che potrebbe avere sul negoziato; lo affosserebbe o lo incoraggerebbe? Qual è la sua risposta?
Sono obiezioni legittime. Però se si vuole andare nella direzione dei due popoli due Stati, bisogna pure iniziare dal riconoscimento che questo secondo Stato esiste. Invocare il diritto internazionale solo per dire che non ci sono le condizioni politiche di uno Stato palestinese è perlomeno parziale. Ricordo infatti che esiste il diritto all’autodeterminazione.
Ma potrebbe avere un effetto positivo sul negoziato tra palestinesi e Israele?
Mi sono posta anch’io la domanda e penso che il riconoscimento formale della Palestina porterebbe un piccolo tassello alla soluzione dei due Stati.
Una missione impossibile... Quale entità politica si riconosce? Quali confini?
Missione impossibile, sì. Però bisogna provarci. Partendo da un distinguo: dobbiamo certamente interrompere la carneficina in corso a Gaza, ma la Palestina non è solo Gaza. C’è la West Bank (la Cisgiordania, ndr), e non possiamo aspettare che i confini di questo territorio spariscano completamente sotto la pressione dei coloni ebrei.
E poi ci si chiede: quali sono gli interlocutori?
Certamente non Hamas, che è una organizzazione terroristica, e va combattuta con i mezzi dell’antiterrorismo e non bombardando intere popolazioni. Detto questo, la mia esperienza con i taleban mi fa sostenere che il negoziato va tenuto aperto anche con i nemici. Quanto all’Autorità palestinese, sappiamo che è delegittimata, che non è stata in grado di rinnovarsi e di prendere in mano la situazione. Ma esiste. Gli interlocutori, pur con tutti i limiti, sono loro.
Dei 192 Paesi dell’Onu, 148 hanno già riconosciuto la Palestina. Non si tratta di pionierismo, dunque...
No, non siamo pionieri, ma è significativo che la spinta al riconoscimento arrivi ora dall’interno di Paesi che sono tradizionalmente alleati e amici di Israele. Nel nostro appello esprimiamo il desiderio di superare lo stallo attuale, che poi in realtà non è uno stallo ma una guerra combattuta con decine di morti ogni giorno.
Il vostro appello è rivolto a Giorgia Meloni. Perché L’Italia non segue l’esempio di Francia e Gran Bretagna?
Evidentemente il governo italiano ritiene che gli effetti negativi che potrebbero derivare dal riconoscimento della Palestina superino quelli positivi.
Una valutazione diversa da quella che ha fatto Macron.
Penso che il presidente Macron abbia preso questa decisione per cercare di coagulare il consenso dell’Unione Europea. La Francia ha una speciale autorevolezza che le deriva dall’essere l’unico Paese della Ue ad avere un seggio permanente nel Consiglio di sicurezza dell’Onu, e sente la responsabilità di fare da traino.
Ecco, parliamo di Unione Europea: perché non riesce a maturare una posizione comune, nonostante abbia un’Alta rappresentante per gli affari esteri?
La posizione dell'Unione Europea può essere chiara, netta e forte su tutte le questioni umanitarie, e giocare un ruolo importante, come in effetti avviene, ma sui temi politici semplicemente gli Stati membri non hanno un approccio unitario.. Questi sono i limiti attuali della Ue.

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