Parla il leader dell’opposizione araba: «Ora tocca a noi rovesciare il regime»

Intervista a Aref al-Kaabi, leader del movimento Ahwaz, che ora teme gli omicidi mirati all’estero: «Il regime intensificherà la repressione e ci darà la caccia anche in Europa»
July 1, 2025
Parla il leader dell’opposizione araba: «Ora tocca a noi rovesciare il regime»
Aref al-Kaabi, leader del movimento arabo di opposizione al regime di Teheran
Aref al-Kaabi sa che il prossimo potrebbe essere lui. Dal 1979 la lista di oppositori degli ayatollah uccisi all’estero è di almeno 360, ma secondo alcune organizzazioni iraniane tra assassinati, rapiti e poi torturati e impiccati a Teheran, si supera i 540. Al Kaabi è il leader della minoranza Ahwaz, arabi perseguitati da un secolo nell’attuale regione di Khūzestān, da cui proviene gran parte del petrolio esportato da Teheran.
Nel novembre del 2017 era toccato a Ahmad Mola Nissi, membro del movimento di liberazione dell’Ahwaz (in persiano Ahvaz), assassinato all’Aja. Ma ora che la guerra con Israele è congelata, «ciò che temiamo sono le operazioni di eliminazione fisica che il regime condurrà contro di noi nei Paesi dell'Unione Europea», avverte Aref al-Kaabi che ha un ufficio anche in Belgio, non lontano dal cuore pulsante delle istituzioni Europee. Negli ultimi giorni ha aumentato i filtri da superare per contattarlo. E in questa intervista ad “Avvenire” esamina gli effetti del conflitto e riflette sui piani per il futuro.
Quali sono i risultati più evidenti dei dodici giorni di scontro armato con Israele e l’intervento Usa?
Prima di tutto la distruzione dell'infrastruttura del progetto nucleare iraniano, che era prossimo alla realizzazione di una bomba nucleare, minacciando non solo Israele ma il mondo intero. Si sono manifestate le principali debolezze militari del regime iraniano, soprattutto in termini di difesa aerea, rivelando al popolo iraniano la fragilità dei pilastri del regime, in particolare dell'apparato di sicurezza nazionale.
E’ possibile ipotizzare come reagiranno gli ayatollah?
Il regime islamico iraniano intensificherà la repressione del popolo, riducendo le già molto limitate libertà esistenti. Per quanto riguarda l'opposizione persiana e i partiti con componenti non persiane come gli ahwazi, i curdi, i baluchi e gli azeri, in patria quasi non esistono e non possono quindi essere colpiti dai crimini del regime dei mullah di Teheran. Sono presenti soprattutto all'estero, ma ciò che temiamo sono le operazioni di assassinio verranno condotte contro di noi. Molti ahwazi sono stati assassinati al di fuori dei nostri confini, nei Paesi Bassi, in Svezia, in Turchia e in Iraq.
L’indebolimento dell’apparato militare apre qualche spiraglio per azioni dei movimenti della dissidenza?
Credo che ora tocchi a noi portare a termine il lavoro di rovesciamento del regime, a condizione che il ritmo delle sanzioni contro l'Iran aumenti e che l'America non permetta al regime di esportare petrolio (che è in gran parte petrolio della regione degli ahwazi, ndr), perché significherebbe che sono riprese le azioni in favore delle ali terroristiche regionali dell'Iran e la fabbricazione della bomba nucleare.
Si parla già di rivedere ed estendere gli “Accordi di Abramo”, la serie di intese siglate nel 2020 per normalizzare le relazioni diplomatiche tra Israele e diversi Stati arabi. Temete che perseguire la via di questi patti possa significare per voi di venire sacrificati per proteggere altri interessi?
È vero il contrario. Gli ”Accordi di Abramo”, avviati dal presidente Trump nel suo primo mandato, sono la strada giusta da seguire e libereranno la regione dal terrorismo iraniano e dalle altre milizie religiose estremiste in Libano, Siria, Gaza, Iraq e Yemen. In altre parole, le intese saranno la pietra angolare per una pace duratura tra gli arabi e Israele e impediranno agli iraniani di giocare la carta di Gaza e di altre aree per espandersi a spese degli interessi altrui.
La maggior parte di esperti ed analisti sostengono che in Iran non esiste una opposizione compatta. Quali sono le vostre aspirazioni politiche e militari?
Quello che spero di ottenere politicamente e in termini di sicurezza è che i Paesi liberi difendano i diritti umani, in modo da poter perseguire i leader iraniani le cui mani sono state macchiate dal sangue del popolo ahwazi da oltre 100 anni. La mia speranza politica è che la lotta del popolo ahwazi per stabilire la sicurezza e la pace nella regione venga riconosciuta. Dal punto di vista militare, spero che il progetto nucleare militare iraniano venga abbandonato, altrimenti sarebbe un disastro non solo per il popolo iraniano e per la regione, ma una minaccia per il mondo intero: i leader iraniani non credono nei confini concordati a livello internazionale. Al contrario, si considerano i “califfi di Dio sulla Terra”, seguendo la stessa logica di Al Qaeda e dell'Isis. Per questo spero in una cooperazione internazionale che ci permetta di sradicare questo pensiero estremista dalla regione.

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