martedì 9 aprile 2013
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«Margaret Thatcher è stata una figura eponima, ha legato il suo nome a un periodo storico e ha rappresentato la punta più alta del pensiero neoliberale. Merita grandissimo rispetto, ma nel rapporto tra costi e benefici l’impatto della sua azione nel lungo periodo è stato più negativo che positivo – sostiene Stefano Zamagni, economista, neo direttore dell’Osservatorio sulla Famiglia –. La crisi che stiamo attraversando è anche figlia della mentalità che ha introdotto nella società e nell’economia».Su che cosa basa questo giudizio?Penso a tre punti del thatcherismo: l’idea sulla società che «non esiste», l’isolazionismo, l’individualismo libertario.Partiamo da quella celebre frase...In opposizione al "comunismo reale", la Thatcher è passata alla storia per aver realizzato il "neoliberismo reale". Lo fece partendo da un’idea: quella che, come ebbe a dire, la società non esiste, ma esiste solo una somma di individui. Questa impostazione ha portato alla delegittimazione del welfare State e al suo sostanziale smantellamento, oltre al ridimensionamento del ruolo del sindacato. Ma soprattutto ha messo al centro della società il mercato, non le persone o le istituzioni. Di questa visione è rimasto molto dal punto di vista culturale, ma ben poco da quello politico.Come è stato superato il thatcherismo?I conservatori si sono resi conto subito della pericolosità di questa impostazione, ed è anche per questo che oggi il premier David Cameron parli di Big Society, in risposta all’era post-thatcheriana. Si tratta di una presa di distanza importante da quell’impianto economico e filosofico. La Big Society riparte non a caso dalla parola "società" e mira ad applicare il principio di sussidiarietà, per il quale lo Stato delega l’intervento a soggetti della società civile organizzata.È un modello al quale molti guardano con interesse. Un’evoluzione felice?L’eredità è evidente. Anche il laburismo, se pensiamo a Tony Blair, è stato influenzato dalla Thatcher. Anche la formula della Big Society resta però distante dall’insegnamento della dottrina sociale della Chiesa, per la quale la sussidiarietà non può essere scissa dalla solidarietà, altrimenti si riduce a privatismo sociale.Veniamo all’"isolazionismo". Alla luce della crisi dell’euro non è stato un bene?La Gran Bretagna non ha aderito all’euro e non ha mai accettato una serie di altre regole che si è data l’Europa. È un’impostazione totalmente thatcheriana, per cui l’Inghilterra deve pensare innanzitutto ai propri interessi, e dove l’idea di bene comune non è contemplata. Tutti questi aspetti critici però si possono correggere. Più difficile da intaccare è la cultura dell’individualismo libertario, che si è radicata in profondità.Da cosa nasce e quali effetti produce?L’idea di fondo è che le preferenze individuali hanno la precedenza e ogni diritto individuale va riconosciuto. Il problema è che un diritto riconosciuto è la proprietà, ma non il lavoro e il welfare. In un’economia pianificata ha un senso, in un’economia di mercato vuol dire che i furbi possono arricchirsi fino al fondo delle loro possibilità. Un concetto che si rifà a Friedrich Nietzsche quando sostiene che è lecito e auspicabile che ciascuno affermi la propria personalità fino al limite della propria potenza. Ma il liberalismo non è solo questo. John Stuart Mill sosteneva ad esempio che la mia libertà finisce dove inizia quella del prossimo. La Thatcher invece ha tradotto in politica il principio di Nietzsche. La base culturale all’origine di questa crisi.In che senso?La Gran Bretagna con la Thatcher ha trasformato la propria economia da industriale a finanziaria, nella City di Londra nel 2008 lavoravano oltre 12 milioni di persone, più che a Wall Street. Perché tutta questa finanza? Semplice: la finanza esalta la volontà di potenza. Per questo l’individualismo libertario è l’eredità più preoccupante e difficile da sradicare nella cultura di oggi, genera un liberalismo non amico della persona, che nega la relazionalità, la reciprocità, il dono.La «Lady di ferro» si afferma in un periodo storico particolare, quello della Cortina di ferro: il muro di Berlino e la Thatcher in fondo cadono insieme...Il successo della Thatcher si deve anche a questo, al fatto che allora venne vista come interprete di un pensiero nuovo che avrebbe fatto finire il collettivismo. Ma ai giorni nostri non agirebbe allo stesso modo. Anche perché oggi a pagare il conto salato di quella impostazione è anche la sua Gran Bretagna.
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