Nicolás Maduro e la moglie Cilia Flores già esultano - Ansa
L'astensione ha già vinto, anche prima dell'apertura dei seggi domani: . E il capo di Stato, Nicolás Maduro, non ne fa un dramma. Anche l'astensionismo concorre a consolidare il suo potere: decidono coloro che per obbligo devono votare. Cioè, dipendenti pubblici, militanti dei partiti e beneficiari di quel poco di Welfare sopravvissuto alla crisi. In gioco l’assemblea nazionale e 24 regioni, compresa l'Esequiba: due terzi della Guyana che Maduro assicura di voler «recuperare» a ogni costo.
«Un colpo di stato passivo», denuncia il capo della Difesa di Georgetown Omar Khan, minacciando con l'arresto i residenti che votino all'elezione. Più facile il fronte interno, dove Maduro trova un'opposizione divisa.
«Resta a casa, non obbedirgli: lascia le strade vuote» è l'appello di Maria Corina Machado agli elettori. La lady di ferro ritiene inutile andare al voto dopo la frode elettorale alle presidenziali del 2024. «E allora ci lasciamo ingannare? Aspettiamo che altri decidano al posto nostro?», è la replica lanciata su X da Juan Requesens, prigioniero di Maduro dal 2018 al 2023 e ora in corsa per governare la regione Miranda, la più importante del Paese. Ma il disincanto ha già vinto.
E a fine giornata la mappa dei risultati sarà rossa, con poche macchie blu.
Nel frattempo i confini terrestri, aerei e marittimi resteranno chiusi da oggi alle 23.59 di domani e si registrano, al momento, oltre 50 arresti contro oppositori e stranieri. Tra i detenuti c'è anche il numero due dell'opposizione Juan Pablo Guanipa, arrestato con l'accusa di terrorismo.