Venezuela nel caos, granate dall'elicottero sui palazzi del potere
Massima tensione. L'attacco messo a segno da un poliziotto ribelle che invoca le dimissioni del presidente Maduro. Nessun ferito. In molti credono si tratti però di una messinscena del regime

«Cari fratelli, vi parliamo a nome dello Stato [del Venezuela, ndr]: siamo una coalizione di funzionari militari, civili, poliziotti. Cerchiamo l’equilibrio e ci opponiamo a questo governo transitorio e criminale». Gli occhi azzurri sono puntati sulla telecamera. Quello di Óscar Pérez è l’unico volto scoperto. I quattro uomini intorno, tutti armati, indossano il passamontagna. Pérez no. La faccia e la voce emanano sicurezza. La stessa dell’intrepido poliziotto interpretato, due anni fa, dal giovane nella pellicola “Muerte suspendida”. Gli avevano affidato il ruolo perché anche lui è un agente, per la precisione è un investigatore della scientifica, il Cuerpo de Investigaciones Científicas, Penales y Criminales, l’equivalente del Fbi. Stavolta, però, non è un film. Il video diffuso dallo stesso Pérez su Instagram nella tarda serata di martedì (la notte in Italia) è la cronaca di un’azione reale per quanto bizzarra.
Poco dopo averlo girato e postato, quegli stessi uomini hanno rubato un elicottero dalla base di Francisco de Miranda. Con Pérez alla guida, si sono diretti verso il ministero dell’Interno e hanno sparato quindici colpi, senza produrre danni né feriti. Poi il velivolo ha sorvolato la Corte suprema, cuore del potere chavista, e ha sganciato quattro granate. Gli ordigni, però, non sono esplosi. Infine, Pérez ha lanciato sulla folla uno striscione con scritto: “Libertad 350”, un riferimento all’articolo della Costituzione che consente ai venezuelani di rimuovere un governo anti-democratico. A quel punto, l’elicottero e il suo equipaggio sono fuggiti.

Qualcuno ha segnalato di aver visto il velivolo a La Trinidad, periferia sud di Caracas ma non ci sono conferme. Il presidente Nicolás Maduro ha mobilitato tutte le forze di sicurezza per trovare gli autori del gesto. Invano, fino ad ora. I “ribelli volanti”, come li hanno ribattezzati sui social network, sono spariti nel nulla. Lasciando dietro di se un interrogativo. Perché l’hanno fatto? O, meglio, per chi? Il governo non ha esitato a rispondere che si tratta di un golpe compiuto da forze oppositrici terroriste, in combutta con la Cia. In particolare, Maduro ha puntato il dito contro l’ex ministro Miguel Rodríguez Torres che, negli ultimi tempi, ha criticato con forza la decisione dell’esecutivo di convocare un’Assemblea Costituente. Óscar Pérez – ha detto il presidente – era il suo pilota quando era in carica. Ed entrambi – ha aggiunto – sono legati agli Stati Uniti. Rodríguez Torres ha respinto le accuse al mittente. «Primo, il mio pilota era un militare e si chiamava Pedro Pérez, non Óscar. Secondo, questa storia è una messa in scena del governo per intensificare la repressione». Sulla stessa linea l’opposizione, riunita nella Mesa de Unidad Democrática (Mud), che, però, ha mantenuto una certa cautela sull’episodio. «Sembra un’action movie», ha commentato ironicamente il presidente del Parlamento, Julio Borges. Di certo, la sollevazione – più o meno reale – è arrivata in un momento delicato del confronto tra Maduro e l’opposizione.
Le proteste di piazza contro la Costituente vanno avanti dal 4 aprile. Le vittime hanno raggiunto quota 80. L’ultima è il 18enne Isael Macadán, ammazzato da un colpo di arma da fuoco a Barcelona, nello Stato di Anzoategui. Lunedì notte, al termine dei cortei, decine di negozia sono stati saccheggiati a Caracas. Lo stesso martedì, la Corte suprema ha sottratto le proprie prerogative alla procuratrice Luisa Ortega Diaz, “colpevole” di aver criticato le ultime scelte presidenziali. Il clamore della “rivolta dell’elicottero” ha fatto passare la notipressante praticamente sotto silenzio. Tanti, fra i critici, sospettano che si sia trattato di una plateale mossa diversiva. Del resto, qualche ora prima, Maduro aveva detto che se non fosse riuscito a difendere il chavismo con i voti lo avrebbe fatto sul campo, in combattimento. La lotta, però, si profila impegnativa. L’opposizione è decisa a “non mollare” la piazza: anche ieri i dimostranti hanno sfilato chiedendo le dimissioni di Maduro. Mentre la crisi economica si fa ogni giorno più dura. Una rilevazione Caritas ha rivelato che in quattro Stati del Paese, la malnutrizione infantile raggiunge il 56 per cento. Recessione e crescente isolamento internazionale aumentano i malumori interni. La “rivolta dell’elicottero”, finta o vera che sia, potrebbe essere un’anticipazione del prossimo futuro.
Chi è il «golpista»
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