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«Il sistema universitario britannico è in crisi perché il governo ha congelato le tasse pagate dagli studenti, una scelta che manda in rosso i bilanci. Si pensava di compensare questo deficit aumentando il numero degli studenti stranieri perché pagano molto di più di quelli britannici, fino a 40.000 sterline all’anno (oltre 47.000 euro) contro le 9.535 sterline (oltre 11.000 euro), di chi abita qui. Purtroppo i visti sono diventati più costosi ed è più difficile far arrivare I propri parenti per chi viene dall’estero e quindi anche questa fonte alternativa di soldi è stata asciugata». Così Andreas Bieler, docente di Economia politica all’università di Nottingham e vicepresidente della sezione locale del sindacato dei docenti, lo University and College Union, racconta lo stato di crisi nel quale si trovano gli atenei del Regno Unito. «A Nottingham - spiega il docente - hanno appena annunciato che licenzieranno 258 dipendenti del personale amministrativo, ma sappiamo che da settembre a doversene andare saranno anche professori e docenti. Si stima che, in tutta la Gran Bretagna, il prossimo anno saranno eliminati almeno 10.000 posti in vari atenei». «La forza del sistema accademico britannico è sempre stata il tutoraggio - continua Bieler -, quel professore che ti segue da vicino e ti aiuta se ti trovi in difficoltà. Con i tagli al personale, dovuti alla mancanza di fondi, questo rapporto è sempre più difficile da garantire».
Il governo britannico decise di congelare le tasse universitarie, per la prima volta, nel 2017, per evitare che il debito che gli studenti devono fare per sostenerle cresca in modo eccessivo. Ma le università non ce la fanno economicamente e i bilanci vanno in rosso. Corsi universitari importanti, come quello di Letteratura inglese a Canterbury, sono stati aboliti. Il futuro di un ateneo rispettato come quello scozzese di Dundee è a rischio. Secondo il Times Higher Education Supplement, settimanale specializzato in questo settore, uno ogni tre atenei britannici, in questo momento, sarebbero in deficit. E I professori sono disperati, non solo perché rischiano di perdere il posto ma anche perché vedono improvvisamente tagliati corsi e progetti di ricerca ai quali hanno dedicato anni di lavoro. Persino università come Oxford e Cambridge, ricche perché possono contare, oltre che sulle donazioni di ex studenti famosi, anche su proprietà di terreni e case, non ne escono indenni. Secondo il quotidiano Guardian, Oxford affida il 61% dei propri “tutorials”, incontri a piccoli gruppi tra professore e studenti, a dottorandi e ricercatori precari che lavorano in condizioni simili a quelle dei rider di Deliveroo.
Come uscire da questa situazione? Secondo Bieler, bisognerebbe tornare a un sistema universitario pubblico dove le tasse sono tenute basse. Un punto di vista che molti definirebbero poco realistico. Prima che il governo laburista di Tony Blair riformasse il settore, nel lontano 1998, le lauree erano titoli riservati a una élite di studenti, meno del 10% della popolazione. Oggi oltre il 36% dei diciottenni frequenta gli atenei, un passaggio indispensabile se si vuole ottenere un lavoro dignitoso e molto utile anche per professioni come elettricista e falegname. Come possano le università provvedere a una popolazione studentesca in continuo aumento, passata dai 909.300 studenti dell’anno accademico 1985-86 ai 2,9 milioni del 2022-2023, senza aumentare le tasse? Per il Regno Unito questo rimane un rebus non risolto.