domenica 19 novembre 2023
L’incubo di nuovi attacchi nel paesino dove un missile ha ucciso 59 civili. Valeryi: sentivo mia figlia gridare fra le macerie. Il 23enne Oleksandr: ho perso i genitori, farò da papà a mia sorella
Nel villaggio di Groza le macerie del bar centrato da un missile russo dove sono state uccise 59 persona

Nel villaggio di Groza le macerie del bar centrato da un missile russo dove sono state uccise 59 persona - Gambassi

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«Voglio vivere…». Il grido disperato e flebile che Valeriy Kozyr ha sentito uscire dalle macerie è diventato un’ossessione per lui. «Sono le ultime parole di mia figlia», sussurra. Intrappolata sotto le mura, le lamiere e il tetto di quello che era l’unico bar del paesino. Qualche minuto prima un missile russo l’aveva centrato. «Ho provato a liberarla. Era ancora viva quando sono arrivato. “Aiutatemi”, ripeteva». Non ce la farà Olga. «Aveva 36 anni. E con lei abbiamo perso suo marito Anatoly e i nostri suoceri», spiega Valeriy. In tutto saranno 59 i morti della strage di Groza, che prende il nome dal minuscolo abitato nell’ultimo lembo della regione di Kharkiv. Una delle maggiori carneficine di civili compiute dai militari di Mosca dall’inizio dell’invasione.

Valeriy Kozyr e la moglie Liuba a cui il missile russo ha ucciso la figlia di 36 anni, il genero e i suoceri

Valeriy Kozyr e la moglie Liuba a cui il missile russo ha ucciso la figlia di 36 anni, il genero e i suoceri - Gambassi

La linea del fronte è a trentacinque chilometri; il confine con la Russia a cinquanta. Groza è una manciata di case perse fra la campagna dell’est dell’Ucraina che si snodano intorno a due strade non asfaltate dove l’acqua della pioggia riempie le buche. Sulla soglia del Donbass, era stata occupata per sei mesi dall’esercito di Putin. Poi la liberazione a settembre di un anno fa. Cinquecento gli abitanti prima della guerra. E duecentosettanta prima di quello che qui già definiscono «l’eccidio russo».

Il villaggio di Groza nell'ultimo lembo della regione di Kharkiv a 35 chilometri dal fronte

Il villaggio di Groza nell'ultimo lembo della regione di Kharkiv a 35 chilometri dal fronte - Gambassi

I tre unici punti di riferimento erano il bar, il negozietto vicino e la “casa della cultura”, eredità dell’Urss. Dopo l’attacco resta soltanto la palazzina d’impronta sovietica e del pensiero unico. Il punto vendita è stato travolto dall’onda d’urto dell’esplosione, insieme con il giardino per i bambini dove i brandelli dell’altalena, dello scivolo e della giostra in legno si sono trasformati nell’altare della memoria avvolto di fiori. Del «caffè», come viene chiamato nell’insediamento, rimangono in piedi un paio di pareti.

Il parco gioco devastato dall'esplosione del missile russo che ha ucciso 59 persone al bar di Groza

Il parco gioco devastato dall'esplosione del missile russo che ha ucciso 59 persone al bar di Groza - Gamabassi

Era pieno di gente il 5 ottobre. Tutta del villaggio. Riunita nel ricordo di un compaesano caduto per difendere l’Ucraina, Andriy Kosyr. Stesso cognome della famiglia di Valeriy, ma nessuna parentela diretta. «Anche se qui siamo tutti legati», precisa. Non riesce neppure a piangere. Solo a raccontare. «Mi sono salvato perché non ho partecipato né al commiato al cimitero, né all’incontro nel locale: dovevo iniziare a lavorare. Sono pensionato, ma con 2mila grivnia al mese (poco più di 50 euro, ndr) è difficile campare. Allora faccio il custode a tempo perso». Una pausa. «Tutto il villaggio ha tremato quando è piombato il missile».

Nel villaggio di Groza i fiori commemorativi fra le macerie del bar centrato da un missile russo dove sono state uccise 59 persona

Nel villaggio di Groza i fiori commemorativi fra le macerie del bar centrato da un missile russo dove sono state uccise 59 persona - Gambassi

L’uomo ha dovuto riconoscere le salme: erano state messe in fila, coperte dai teli bianchi, nella via principale in terra battuta. «Adesso saremo io e mia moglie Liuba far crescere i figli della mia Olga, i nostri tre nipoti. Hanno 14, 16 e 17 anni. Chiederemo l’adozione». Dal villaggio non se ne vanno. «Le nostre radici sono qui. Ci sentiamo uniti a questa terra, come un figlio alla madre con il cordone ombelicale. Sì, abbiamo paura. Ma il peggio è già successo…». Eppure si vive nell’incubo di nuovi attacchi. «Che cosa possiamo fare di fronte ad armi così potenti che ci annientano? - si domanda la moglie -. La sola speranza è che la guerra finisca presto e arrivi la pace».

Il 23enne Oleksandr Mukhovatiy che nella strage ha perso i genitori e farà da padre alla sorella di 15 anni

Il 23enne Oleksandr Mukhovatiy che nella strage ha perso i genitori e farà da padre alla sorella di 15 anni - Gambassi

Ha ancora le nocche ferite dai calcinacci Oleksandr Mukhovatiy. «Ho scavato a mani nude. Sapevo che nel bar bombardato c’erano i miei genitori e mia nonna». Li ha trovati tutti e tre morti. «Su di loro è caduto il tetto. E sono stati dilaniati dalle schegge del missile». Chiede che si ricordino i nomi: papà Volodymyr di 48 anni; mamma Sveltana di 43; nonna Tetiana di 67. Lui ne ha 23. Sua sorella Oksana 15. Orfani di guerra. «Stiamo con la nonna che è stata costretta a fuggire dal villaggio di Kivsharivka conquistato dai russi». Ha il volto di cera che quasi non trasmette emozioni. «Ma sono distrutto - ammette -. Mia sorella invece non fa vedere nulla: ancora non capisco se ha accettato tutto questo e oppure se si è così chiusa in se stessa da non comunicare ciò che ha dentro. Le farò da padre». Anche loro resteranno. Sfidando i raid e la miseria. In bicicletta ha scoperto l’orrore. «Ho sentito il botto. E ho capito subito. I russi uccidono le persone comuni». È la voce di un ragazzino a cancellare in un solo colpo le illazioni del rappresentante del Cremlino presso le Nazioni Unite, Vasyl Nebenzia, che nel Palazzo di Vetro aveva definito le vittime di Groza «neo-nazisti».

La Caritas Ucraina consegna gli aiuti nel villaggio della strage russa con il direttore padre Andriy Nasinnyk

La Caritas Ucraina consegna gli aiuti nel villaggio della strage russa con il direttore padre Andriy Nasinnyk - Gambassi

Sono stati appena celebrati i 40 giorni di suffragio, secondo un costume caro alla tradizione orientale. Non con un incontro dei parenti: troppo rischio darsi appuntamento dopo quello che è accaduto. Vale anche per gli aiuti umanitari. La Caritas Ucraina della Chiesa greco-cattolica li lascia nella “casa della cultura”, senza rendere nota neppure la data di consegna. «Verranno qui due o tre persone alla volta a prenderli - spiega il direttore padre Andriy Nasinnyk -. Ci hanno contattato dall’amministrazione del villaggio dove ci sono ancora 45 bambini. Portiamo anche le stufe: in guerra l’inverno è l’ennesima minaccia». Valeriy annuisce. «Non c’è lavoro. I russi hanno minato i campi che ora non possiamo coltivare. E l’unico negozio non esiste più».

Molte delle tombe del cimitero di Groza indicano come data di morte il 5 ottobre 2023: è il giorno della strage al bar

Molte delle tombe del cimitero di Groza indicano come data di morte il 5 ottobre 2023: è il giorno della strage al bar - Gambassi

Nel cimitero improvvisato all’ingresso di Groza una tomba dietro l’altra porta la stessa data di morte: 5 ottobre 2023. E sulle croci piantate nella terra brulla compaiono le foto di bambini, donne, anziani, uomini con o senza la divisa. «Almeno ogni casa è toccata da un lutto. E alcune sono completamente vuote perché intere famiglie sono state sterminate», aggiunge Tamara Kozyr, anche lei con il cognome più diffuso nel circondario. E parla di Daniil, il figlio del militare che veniva commemorato nel bar maledetto. «Il padre era stato ferito lungo la linea del fuoco nella regione di Donetsk. Ma era morto a Dnipro, in ospedale. E lì l’avevano tumulato. Il desiderio di Daniil era che venisse seppellito nel nostro e nel loro paesino d’origine». Aveva atteso di congedarsi dall’esercito dopo un anno di combattimenti. «In estate si era sposato». La donna indica il volto in una tomba. «Quella era la moglie: aveva 20 anni. Lui 23». Dopo aver riportato il corpo del padre a Groza, aveva voluto intorno a sé e a lui l’intero villaggio: al cimitero e poi al bar. Ma ecco la mannaia russa. «Ancora due dei feriti sono ricoverati in ospedale», fa sapere Tamara.

La fermata del bus a Groza con il manifesto che indica il nome del 'traditore': è accusato di aver aiutato i russi a pianificare la strage al bar

La fermata del bus a Groza con il manifesto che indica il nome del "traditore": è accusato di aver aiutato i russi a pianificare la strage al bar - Gambassi

Sulla strage si è già allungata l’ombra dei «traditori». Lo testimonia il manifesto che fa da carta da parati alla fermata del bus che porta a Kharkiv. «Gli assassini hanno un nome», si legge. E poi l’immagine di Vladimir M. che «ha ucciso i suoi concittadini pagato dai russi». È stato arrestato. «Forse sì, c’era una spia fra noi», dice Oleksandr. Non traspare odio o voglia di vendetta dal suo tono. Magari rassegnazione. «Si può credere o no all’ipotesi dei collaborazionisti - sostiene Valeriy -. Certo, qualcuno ha dato indicazioni al nemico». Poi riprende fiato. «Non abbiamo fatto nulla di sbagliato. Perché ci succede questo?». Il mistero del male e della sofferenza si tocca con mano a Groza.

Per aiutare la Caritas di Kharkiv contattare suor Olexia alla mail: soleksia@gmail.com


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