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Il presidente Usa Donald Trump mostra uno degli ordini esecutivi firmati in questi giorni - Ansa
L’Ucraina, i dazi, gli ostaggi israeliani in mano ad Hamas: è stato un Donald Trump a tutto campo quello che ha risposto all’emittente statunitense Fox News. Non senza sorprendere, come è nel suo stile. In particolare quando ha esternato che l’Ucraina «possa essere russa un giorno. Potrebbero fare un accordo e potrebbero non farlo - ha detto il presidente Usa -. Potrebbero essere russi un giorno, o potrebbero non esserlo». Salvo poi, qualche attimo dopo, disegnare un imminente scenario di pace visto che, ha aggiunto, la sua Amministrazione ha fatto «enormi progressi» per porre fine al conflitto, soprattutto «nell'ultima settimana. Abbiamo a che fare con i russi, abbiamo a che fare con gli ucraini. Penso che succederà qualcosa», ha dichiarato. Il tycoon, inoltre, ha detto che vuole che in qualche modo Kiev ripaghi gli aiuti americani, che a suo avviso ammontano a 300-350 miliardi: «Ho detto loro - queste le sue parole - che voglio l'equivalente di 500 miliardi di dollari di terre rare, e hanno sostanzialmente accettato di farlo».
Altro fronte di grandi tensioni internazionali è quello dei dazi su acciaio e alluminio, pari al 25%: saranno in vigore dal 12 marzo prossimo, come stabilito dall’ordine esecutivo dell’inquilino della Casa Bianca. «Ho stabilito che le importazioni di articoli in acciaio da questi Paesi minacciano di compromettere la sicurezza nazionale e ho deciso che è necessario porre fine a questi accordi a partire dal 12 marzo 2025», ha affermato Trump. Il presidente ha emesso un ordine esecutivo separato relativo alle importazioni di alluminio. Immediate le ripercussioni. Il ministro dell'Industria canadese, Francois-Phillippe Champagne, ha osservato che questa misura è «totalmente ingiustificata», poiché l'acciaio e l'alluminio canadesi sostengono le principali industrie statunitensi, tra cui quelle della difesa, della cantieristica navale, dell'energia e l'automobilistica. Mentre i titoli dei principali player dell'acciaio in Cina, primo produttore al mondo, sono finiti sotto pressione, scivolando in una forchetta tra lo 0,3% e il 3% circa. Anche i prezzi sullo Shanghai Futures Exchange hanno segnato una flessione di oltre l'1%. La mossa del tycoon ha aumentato i timori che i nuovi dazi aggiungeranno altra incertezza sulle esportazioni di acciaio cinese, minacciate dalle crescenti tensioni commerciali, nonostante le esportazioni dirette di Pechino verso Washington si siano attestate, nel 2024, a 890.000 tonnellate metriche, contro il massimo storico degli ultimi nove anni a quota 110,7 milioni di tonnellate. Le robuste spedizioni dell'acciaio cinese su scala globale hanno contribuito a compensare la calante domanda interna per la prolungata crisi immobiliare e per le minori aspettative del settore delle infrastrutture.
E poi il Medioriente, con Hamas che ha minacciato (attenuando successivamente le dichiarazioni) di sospendere il rilascio degli ostaggi israeliani, previsto per sabato, «fino a nuovo avviso», accusando Israele di non adempiere agli obblighi dell'accordo. Per il presidente Usa, senza il rilascio l'accordo sul cessate il fuoco dovrà essere annullato. E se gli ostaggi rimasti non saranno rilasciati, ha tuonato, «si scatenerà l'inferno».