mercoledì 10 luglio 2019
Pocho si è scrittodelle terre del nordovest yemenita, quelle governate dal movimento-milizia degli Houthi, gli insorti sciiti zaiditi del Nord
Sanaa (Foto Ansa)

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Molto si è giustamente scritto e si deve continuare a scrivere, dal 2015, sui bombardamenti dell’Arabia Saudita contro obiettivi civili in Yemen, nonché sull’embargo della Coalizione. Pochissimo, a volte nulla, si è invece raccontato delle terre del nordovest yemenita, quelle governate dal movimento-milizia degli Houthi, gli insorti sciiti zaiditi del Nord, dunque colpite dalle bombe di Riad, che a loro si oppone anche perché destinatari di aiuti militari dell’Iran, il grande rivale dei sauditi in Medio Oriente. Repressione, detenzioni arbitrarie, processi sommari e condanne a morte fanno purtroppo parte della vita quotidiana sotto l’autogoverno degli Houthi.

A farne le spese sono, oltre agli oppositori politici, agli attivisti per i diritti umani e ai giornalisti, anche le minoranze religiose. Dal gennaio 2018, Hamed bin Haydara, yemenita di religione bahai e leader della comunità locale aspetta, da condannato a morte, in una prigione degli Houthi a Sanaa. Ma è stato arrestato, insieme a decine di Bahai, nel 2014, quando gli Houthi si accamparono nella capitale strumentalizzando le proteste popolari contro il carovita. Poi, il golpe del 2015. La sentenza contro il leader bahai, emessa per «apostasia» e «spionaggio» da un “tribunale” degli Houthi, potrebbe confermarsi all’udienza d’appello del 9 luglio. Altri 24 Bahai sono stati accusati per gli stessi reati, e cinque di loro sono in carcere.

Il Dipartimento di Stato americano ha chiesto la liberazione di Hamed bin Haydara e ha denunciato «il trattamento, le detenzioni arbitrarie e le torture contro i Bahai» per mano dei ribelli Houthi. Anche le Nazioni Unite e il Parlamento Europeo hanno preteso, in distinte risoluzioni, la liberazione immediata dei Bahai detenuti. I Bahai sono una religione monoteista (2.000 persone circa in Yemen, risiedenti soprattutto a Sanaa), nata dall’islam sciita nella Persia di metà Ottocento: Bahaullah, il fondatore, credeva nell’unità delle religioni e nella rivelazione progressiva (per cui Maometto non sarebbe l’ultimo Profeta come sostiene l’islam), affermando anche la parità fra uomini e donne.

I Bahai sono discriminati anche in Iran, poiché credono nella separazione fra Chiesa e Stato, un affronto specie per la Repubblica Islamica post 1979. In Yemen, la persecuzione dei Bahai è peggiorata con l’ascesa degli Houthi al potere. E pensare che gli insorti del nord possono anch’essi essere considerati una “minoranza”, in quanto rappresentano un movimento geograficamente confinato e familiare (il fondatore, Husayn al-Houthi, dà il nome al gruppo), all’interno dello sciismo zaidita: essi hanno intrecciato molte alleanze tribali in Yemen ma rimangono, per leadership, un movimento elitario.

Anche per la storica minoranza ebraica yemenita (seppur abituata a una storia di marginalizzazione sociale), il quasi-Stato degli Houthi nel nord ha significato l’aumento di intimidazioni e violenze: d’altronde, «morte a Israele, maledetti gli ebrei» è parte del loro slogan. Nel 2007-2008, l’escalation degli Houthi contro gli ebrei yemeniti provocò la morte di un insegnante, decine di famiglie sfollate e il saccheggiamento della libreria ebraica di Saada. L’allora presidente Saleh trasferì gran parte della comunità ebraica (concentrata al nord) in un’enclave blindata di Sanaa, dove si conterebbero oggi solo una cinquantina di persone, dopo una serie di partenze verso Usa e Israele.

E come dimenticare, nel sud, la strage del 2016 alla Casa delle Suore di Madre Teresa di Aden, quando 16 persone, fra cui 4 suore, vennero uccise da jihadisti del cosiddetto “Stato Islamico”, seguita, nel 2017, dalla profanazione del cimitero cristiano della città: sarebbero appena un migliaio, adesso, i cristiani rimasti in Yemen. Milizie salafite e jihadiste hanno poi distrutto diverse moschee e tombe di santi sufi (la corrente mistica dell’Islam) a Taiz e nell’est del Paese. Le minoranze religiose vivono giorni bui in quasi tutto il Medio Oriente (si pensi ai frequenti attacchi ai cristiani copti in Egitto). Ma quando uno Stato si disgrega e gruppi armati proliferano, come avvenuto in Yemen, la luce rischia di spegnersi del tutto.

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