sabato 11 febbraio 2017
Attesa per la presentazione del più «fenomenale» piano fiscale dai tempi di Reagan. Spazio agli incentivi per le aziende che investono. I critici: «Ma così il deficit esploderà»
Il nuovo segretario al Tesoro statunitense Steven Mnuchin (Epa)

Il nuovo segretario al Tesoro statunitense Steven Mnuchin (Epa)

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Un piano fiscale «fenomenale», mai visto negli ultimi 30 anni, una panacea per l’economia Usa, capace di dare slancio alla crescita economica e all’occupazione. Così il portavoce della Casa Bianca, Sean Spicer, ha annunciato giovedì il prossimo grande progetto di Donald Trump, i cui dettagli verranno resi noti entro due-tre settimane.
Secondo Spicer si tratterà di una riforma completa che gli Stati Uniti attendono almeno dal 1986: le ricadute sull’economia saranno importanti e in grado di «abbassare il peso del fisco sul business Usa». Si tratterà di «creare un clima fiscale destinato non soltanto a portare lavoro in America, ma a incentivare le compagnie che intendono produrre qui, creare lavoro qui e riportare qui i loro profitti». Insomma, si punterà a incentivare le compagnie, aiutandole a fronteggiare la concorrenza straniera anche sul piano fiscale. Tradotto, significherà meno tasse per le imprese, probabilmente da compensare con il rialzo delle tariffe sull’import.
Sia in campagna elettorale che dopo la sua elezione, Trump aveva annunciato «la più grande riforma fiscale dai tempi di Ronald Reagan» e di voler lavorare con il Congresso per l’adozione di un piano economico che consentirà, con tagli alle tasse per la classe media e per le imprese, la creazione di 25 milioni di posti di lavoro in dieci anni. L’obiettivo è una crescita economica del 4 per cento all’anno. Nel suo programma per i primi cento giorni si prefiguravano investimenti in infrastrutture per mille miliardi di dollari in dieci anni grazie a partnership tra pubblico e privati e incentivi fiscali per le aziende che investono.
Sul fronte fiscale Trump aveva proposto una riduzione del numero di aliquote sui redditi personali dalle attuali sette a tre, con una riduzione dell’aliquota massima dal 39,6 per cento al 33 per cento, per poi scendere al 25 per cento e al 12 come soglia minima. Le imposte sul reddito delle imprese verrebbero più che dimezzate e portate al 15 per cento. Il mega-sconto per le imprese renderebbe gli Usa molto competitivi per gli investimenti esteri, più o meno agli stessi livelli di Paesi come l’Irlanda, che tassano le imprese al 12,5 per cento e hanno così attirato molte multinazionali.
Trump ha commentato giovedì il suo imminente piano fiscale, senza svelarne i dettagli, prima di un incontro fissato alla Casa Bianca con i dirigenti delle principali compagnie aeree del Paese. «Abbasseremo il carico fiscale generale che pesa sulle aziende americane – ha promesso –. Sta andando tutto molto bene, siamo in largo anticipo sulla tabella di marcia, mi pare. Annunceremo presto qualcosa. Direi, nelle prossime due o tre settimane». I critici calcolano che spese e riduzioni delle imposte farebbero esplodere il deficit, ma secondo Trump e il suo segretario al Tesoro Steven Mnuchin questi effetti verrebbero compensati dallo stimolo generato per la crescita.
Tra le modifiche che il miliardario potrebbe apportare al fisco c’è anche l’eliminazione dei cosiddetti “carried interest”: sono i compensi che i grandi gestori di fondi americani possono percepire sotto forma di redditi da capitale e che vengono tassati con aliquote inferiori rispetto ai redditi personali delle fasce alte. Trump potrebbe porre fine a questo trattamento di favore e decidere di tassare questi proventi come gli altri redditi personali, con aliquote progressive penalizzanti per i più ricchi.

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