sabato 27 aprile 2019
Il partito che fu guidato da «Madiba rischia il calo alle urne il prossimo 8 maggio. Il leader Ramaphosa «assediato» dall’ala populista e dal boom dei nazionalisti neri»
Una gigantografia  di Nelson Mandela a Soweto, Johannesburg (Ansa/Ap)

Una gigantografia di Nelson Mandela a Soweto, Johannesburg (Ansa/Ap)

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Quando il Sudafrica si fece nazione, una nazione arcobaleno senza più distinzioni di diritti tra bianchi e neri, a condurla per mano c'era l'uomo che più di tutti, a livello globale, era riuscito a rappresentare il lungo cammino verso la libertà di un Paese intero. Nelson Rolihlahla Mandela, per tutti solo Madiba, non fece proclami, non aizzò le folle. Entrò nelle aule del liceo Ohlange a Inanda, Durban, e fece quello che in vita sua, come milioni di neri sudafricani, non aveva mai potuto fare: votare. Poi si recò sulla tomba del primo leader del suo African national congress, John Langalibalele Dube, e disse poche parole: «Signor presidente, sono venuto a riferirti che oggi il Sudafrica è libero». Dopo 27 anni di carcere, gran parte dei quali trascorsi in una cella due metri per tre sull'isola di Robben Island, e un Nobel per la pace ricevuto l'anno prima, quel 27 aprile del 1994 Mandela avrebbe vinto le prime elezioni libere post-apartheid, in una giornata che da allora in Sudafrica è, semplicemente, il Freedom Day, il giorno della libertà.

Oggi, esattamente un quarto di secolo più tardi, il suo African national congress (Anc) è nel pieno di un'altra campagna elettorale, quella che si concluderà l'8 maggio con il rinnovo del Parlamento, chiamato poi a scegliere il nuovo presidente. E se sulla vittoria dell'Anc nessuno può avanzare dubbi, è sulla dimensione di tale successo che il suo leader Cyril Ramaphosa si gioca una fetta del futuro suo e del Paese stesso.

Dal 62% di quel 1994, l'Anc ha toccato il suo massimo nel 2004 con il 69% dei voti. Alle ultime elezioni, però, il partito ha perso sette punti percentuali rispetto a quel record, tornando a quota 62. Cinque anni più tardi, e attraversata una lunga fase critica sotto la presidenza di Jacob Zuma, che, uscito di scena, deve fronteggiare 700 accuse di frode e corruzione, il partito che ha lottato contro la segregazione razziale è a un bivio. Perché certo l'eredità di Mandela è ancora viva, ma le disuguaglianze sociali restano ampiamente visibili nel secondo Paese africano per ricchezza dopo la Nigeria. Disoccupazione, crisi abitativa, bassi tassi di istruzione e una sanità appannaggio quasi solo delle classi agiate rendono il sogno di Madiba un'eterna incompiuta. Un'intera generazione che tra undici giorni si recherà alle urne non ha mai vissuto sotto l'apartheid. Eppure della libertà celebrata 25 anni fa non gode ancora appieno i frutti.

Ramaphosa è considerato dagli analisti un riformista onesto. Ma l’Anc, considerato da molti inefficiente e in preda alla corruzione, ha visto la crescita del populismo di estrema sinistra, che aspira a espropriare le terre coltivabili senza compensazioni per i proprietari, in gran parte bianchi. Se il partito non sfonda (al momento nei sondaggi è tra il 53 e il 56%), il suo leader ne uscirà subito indebolito, rafforzando la fazione che aspetta un suo passo falso.

Il suo principale avversario, la Democratic alliance, è sempre cresciuto dal '94 a oggi, toccando il 22% nel 2014, ma oggi è in forte calo. Governa a Johannesburg e a Città del Capo, isole di efficienza in un Sudafrica dai servizi pubblici lacunosi, ma pur essendo guidato da un nero cresciuto nella township di Soweto, Mmusi Maimane, sostenitore del libero mercato, resta percepito come il partito dei bianchi. Uno “scoglio” insuperabile in un Paese in cui l'80% degli abitanti è nero. A crescere sono i nazionalisti neri dell'Economic freedom fighters (Eff), che puntano alla nazionalizzazione di banche e miniere e sono ormai vicini al 10%. Solo con una vittoria solida dell'Anc, Ramaphosa potrebbe scacciare gli incubi di un populismo arrembante che poco ha a che fare con gli ideali della lotta contro l'apartheid. Ma al momento il leader del partito che fu di Mandela non sa se poter essere troppo ottimista.

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