martedì 6 giugno 2017
Già rilasciati tutti e dieci gli arrestati. Dopo le accuse, il sindaco Khan chiede l'annullamento della visita di Trump, ma Johnson replica che non verrà cancellata.
«Il terzo terrorista era italo-marocchino, già fermato a Bologna»
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Tutte le dieci persone che erano ancora in stato di fermo nell'ambito dell'indagine sull'attacco di sabato sera a Londra sono state rilasciati ieri in tarda serata senza ipotesi di reato. A riferirlo è stata la Metropolitan Police di Londra, mentre emergono strette connessioni fra Khuram Butt, il 27enne considerato il leader del commando terrorista di Londra, e il jihadismo britannico. Secondo il Times, Butt aveva legami con personaggi vicini alla cellula che mise a segno la più sanguinosa sequenza di attentati a Londra il 7 luglio del 2005 ed era stato indagato dalla polizia e dai servizi di sicurezza interni dell'MI5, per poi essere lasciato sfuggire.
In particolare l'attenzione del giornale si è concentrata sul 41enne Sajeel Shahid, stretto amico di Butt, che avrebbe contribuito ad addestrare in Pakistan i terroristi del 7 luglio, fra cui Mohammed Siddique Khan. Quest'ultimo e lo stesso Butt erano entrambi legati al predicatore d'odio Anjem Choudary, che è attualmente in carcere nel Regno dopo essere stato condannato per la sua attività di sostegno al Daesh. Butt era uno dei 3mila sospetti jihadisti nel “radar” dell'anti-terrorismo ma la priorità della sua indagine era stata ridotta perché si pensava che non stesse organizzando un attacco.
Intanto indiscrezioni di stampa, poi confermate dalla polizia, hanno svelato il nome del terzo attentatore di sabato: è il 22enne Youssef Zaghba, di padre marocchino e madre bolognese. L'uomo sarebbe stato fermato, nel marzo dello scorso anno, proprio all'aeroporto di Bologna prima che potesse imbarcarsi su un volo per la Turchia, da dove avrebbe voluto poi raggiungere la Siria. Secondo una nota di Scotland Yard, l'uomo "non era soggetto di interesse della polizia o del MI5", i servizi di intelligence.
Il sindaco di Londra, Sadiq Khan, ha intanto chiesto al governo britannico di annullare la visita di Stato di Donald Trump. "Non credo che dovremmo stendere il tappeto rosso per il presidente degli Stati Uniti in un momento in cui le sue politiche vanno contro tutto ciò per cui noi ci battiamo”. Finito nel mirino dei tweet del presidente americano per due volte dopo gli attentati di Londra, il sindaco ha detto che "ci sono molte cose su cui Trump sbaglia". "Non c'è ragione" per cancellare la futura visita di Stato di Trump, è stata la replica del ministro degli Esteri conservatore britannico, Boris Johnson.

Identificati gli attentatori

Volti noti, allevati nei più prevedibili ghetti di periferia, già segnalati come estremisti a Scotland Yard o all'intelligence, addirittura
messisi in mostra in un documentario televisivo con tanto di bandiera nera del Daesh sventolata in faccia a un bobby. Non vengono da nessun mondo sconosciuto i tre assassini che sabato hanno macchiato di nuovo di sangue Londra, fra London Bridge e Borough Market, investendo pedoni e accoltellando gente a caso, prima di essere infine abbattuti dal fuoco incrociato di otto agenti. Sette morti il bilancio definitivo e una 50ina i feriti.

Le loro identità sono state individuate dalla polizia britannica nel giro di poche ore. E dopo il riserbo investigativo rispettato fino a ieri per non compromettere la caccia a potenziali complici o fiancheggiatori, i nomi iniziano a essere di pubblico dominio. Certi quelli di Khuram Butt e Rachid Redouane. Frutto per ora di indiscrezioni dei media quello di Youssef Zaghba, di padre marocchino e madre bolognese. Il capo, a quanto risulta, era Butt, 27enne figlio di pachistani, ma cresciuto a Londra e tifoso di quell'Arsenal con la cui maglia addosso è morto sabato dopo aver ucciso persone innocenti. Di Redouane si sa che dichiarava origini marocchine e libiche, aveva anche una falsa identità (Rachid Elkhdar) e forse un documento emesso in Irlanda, dove potrebbe aver vissuto per un periodo.

Le loro radici sono comunque a Barking, fra i sobborghi più turbolenti alle propaggini est della Grande Londra. Il personaggio più significativo sembra essere Butt. È lui quello che compare (assieme al terzo uomo il cui nome non è stato ancora confermato dalle autorità) in un documentario girato tempo addietro da Channel 4, intitolato 'Il jihadista della porta accanto'.

Mark Rowley, capo dell'antiterrorismo di Scotland Yard, ha ammesso che quel giovane era nei radar dell'intelligence, ma che non se conoscevano progetti di attentato. Mentre Redouane, ufficialmente pasticcere, non risulterebbe nelle liste degli individui sotto sorveglianza. E tuttavia appare difficile parlare dell'episodio di sabato come di un raptus o d'un epilogo a sorpresa. Butt, noto anche come Abu o Abs, non faceva nulla per nascondersi, come i suoi compari. Orfano di padre a 8 anni, fratello a quanto pare di un riservista dell'esercito di Sua Maestà, risulta aver lavorato saltuariamente in una stazione della metropolitana e in un paio di fast food.

Ma anche essere stato cacciato da una moschea di Barking dopo aver contestato l'imam locale e proclamato che votare in Gran Bretagna era "non islamico". Non solo. Al di là della comparsata in video, era stato segnalato da diversi vicini per i toni estremisti delle sue conversazioni, persino per aver cercato di convertire dei bambini in un giardino di quartiere. E a denunciare quest'ultimo episodio, ben due anni fa, era stata una donna italiana, madre di tre figlie. Ma sia le chiamate alle linee di emergenza istituite ad hoc sia i contatti con la polizia erano rimasti senza seguito. E Khuram, alias Abs, aveva continuato nel suo percorso di radicalizzazione, abbeverandosi secondo un amico al verbo di Ahmad Musa Jibri, famigerato predicatore dell'odio di base negli Usa, attraverso video postati su YouTube.

La domanda che riecheggia è una: perché? Perché non è stato fermato? Torna così la polemica sugli apparati di sicurezza, ma anche sulle possibili 'colpe' della politica, amplificata nel Regno Unito da una campagna elettorale agli sgoccioli in vista del voto dell'8 giugno.

La premier Theresa May, nel mirino per tagli agli agenti, ha ribadito che la polizia di Londra ha le risorse adeguata per affrontare la minaccia terroristica. Quello di sabato, rivendicato dal Daesh, è il terzo attacco in tre mesi.

Chi sono le vittime

Ha un nome una delle sette vittime del massacro avvenuto sabato sera tra il London Bridge e il Borough Market, nel centro di Londra, quando un furgoncino si è lanciato contro la folla e ne sono poi scesi tre uomini che hanno assalito i passanti a coltellate. Si tratta della canadese Christine Archibald, 31anni, originaria della British Columbia, trasferitasi a Londra per stare con il fidanzato. È stata la famiglia a rivelarne la morte. La sorella Cassie Ferguson ha raccontato alla Cbc che Christine è morta tra le braccia del fidanzato. "È a pezzi. L'ha abbracciata e l'ha vista morire sotto gli occhi" ha detto.

Secondo il ministero degli Esteri spagnolo, un proprio cittadino, residente a Londra, Ignacio Echevarria, 39 anni, risulta disperso dopo l'attentato. Secondo la testimonianza di un amico, Echevarria avrebbe affrontato uno dei terroristi armati di coltello a
Borough Market, prendendo la difesa di una donna che era stata ferita. La famiglia ha lanciato un appello. Un altro spagnolo è rimasto ferito in maniera non grave.
Il ministro degli Esteri francese Jean-Yves Le Drian ha confermato che tra le vittime c'è un cittadino francese, mentre i media d'Oltralpe i dicono che tra i feriti ci sono sette francesi, quattro dei quali in condizioni critiche, e una persona è dispersa.

Tra i 48 feriti ci sono anche un agente fuori servizio della Metropolitan police e un agente della polizia dei trasporti che hanno affrontato i terroristi armati solo di un bastone. Almeno 21 persone sono in condizioni critiche, secondo il servizio sanitario nazionale britannico. È stato colpito alla testa dal fuoco della polizia un cittadino britannico, che non si trova in pericolo di vita e dovrebbe riprendersi completamente. Lo ha detto Mark Rowley, il vice capo della polizia, spiegando che gli agenti hanno sparato 50 colpi per fermare gli assalitori, tutti e tre uccisi. Tra i feriti gravi c'è anche Geoff Ho, giornalista del Sunday Express ed esperto di arti marziali, colpito dagli assalitori mentre tentava di difendere un buttafuori ferito. Un video lo mostra mentre viene portato via da un agente, e si stringe il collo tra le mani.

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