martedì 25 giugno 2013
​Non sarà più giovedì e venerdì, ma venerdì e sabato, «per adeguarsi alle economie internazionali». Malumori  nel Paese culla della religione.
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Una rivoluzione che non è soltanto lavorativa, ma anche culturale, sociale e, non ultimo, religiosa. L’Arabia Saudita, Paese culla dell’islam, dove vige la versione sunnita ultraconservatrice nota come wahabbismo, ha deciso di “cambiare” il proprio weekend, passando dal giovedì-venerdì al venerdì-sabato. Si tratta di una vera rivoluzione, visto che il secondo giorno di riposo viene spostato da prima a dopo quello della festività religiosa, che è il venerdì.L’obiettivo, come riferito dalla stampa araba, è avvicinarsi al resto del mondo, che tra le righe significa adeguarsi alla settimana economica internazionale, con Borse azionarie e multinazionali chiuse il sabato e la domenica. A dare l’annuncio del nuovo weekend, a partire da questo che verrà, è stato un decreto reale pubblicato sull’agenzia di stampa ufficiale, la Spa. Il provvedimento riguarda gli uffici pubblici, le istituzioni finanziarie, la Banca centrale e la Borsa di Riad, mentre con l’inizio dell’anno scolastico e universitario tocca al settore dell’educazione.La decisione dell’Arabia Saudita arriva un mese dopo quella dell’Oman, che a maggio ha deciso di fare lo stesso tipo di cambio. La stampa araba sottolinea che così tutte e sei le potenti monarchie del Golfo Persico, riunite del Consiglio di Cooperazione del Golfo, hanno la stessa settimana lavorativa: Arabia Saudita, Oman, Kuwait, Emirati Arabi Uniti, Bahrain e Qatar. Il weekend venerdì-sabato, che consente di rispettare il giorno festivo dell’islam e di non perdere il giovedì, lavorativo nel resto del mondo, è adottato da molti Paesi musulmani, tra cui la Giordania, l’Egitto e dal 2012 lo Yemen. Mentre alcuni, come Pakistan, Turchia e Indonesia, hanno scleto quello “all’occidentale”. Ogni volta che in un Paese musulmano si cambia il weekend, e con questo le tradizioni religiose, c’è sempre una frangia di tradizionalisti che non vede la cosa di buon occhio. Certe modifiche vengono lette come contrarie alla sharia, la legge coranica, e per questo osteggiate. Il caso saudita, poi, è stato seguito con grande attenzione, trattandosi del Paese culla dell’islam, che ospita le città sante di La Mecca e Medina. Tra i primi a considerare il cambio di weekend c’è stato il Savola Group di Jeddah, tra le principali catene della grande distribuzione di tutto il Medio oriente, segno che la richiesta è arrivata dal mondo degli affari. Allo slittamento, il prestigioso settimanale britannico The Economist ha dedicato un articolo dal titolo: «Perché l’Arabia Saudita sta pensando di cambiare il suo weekend?». La decisione di Riad, presa a due settimane dall’inizio del mese sacro del Radaman, porta alla ribalta un tema che si trovano a dover affrontare anche i cosiddetti Paesi occidentali. Nel mondo dei centri commerciali, l’apertura domenicale è diventata un “obbligo”. Ed è pressing perché facciano lo stesso i negozi in strada. Il risvolto della medaglia è un “non-weekend”, perché così muore la vera ragion d’essere del giorno di riposo, da dedicare a Dio e alla famiglia.
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