Il dolore di Pizzaballa: «C'è Cristo sotto le macerie di Gaza»

Duro attacco alla politica di Israele durante la conferenza stampa convocata insieme al Patriarca ortodosso Teophilus III: «Ciò che accade a Gaza è moralmente inaccettabile e ingiustificato»
July 21, 2025
Il dolore di Pizzaballa: «C'è Cristo sotto le macerie di Gaza»
. | Un momento della conferenza stampa a Gerusalemme
«Cristo non è assente da Gaza. È lì, crocifisso nei feriti, sepolto sotto le macerie, presente in ogni gesto di misericordia, in ogni mano che consola, in ogni candela accesa nel buio». Sono parole enormi, quelle che il cardinale Pierbattista Pizzaballa, Patriarca latino di Gerusalemme, decide di usare nel corso della conferenza stampa convocata presso il Notre Dame Jerusalem Center, dopo la sua visita nella Striscia insieme al Patriarca ortodosso Teophilus III. Perché enorme, e dolorosissima, è la ferita lasciata nei due leader cristiani dal viaggio che hanno compiuto: «Abbiamo camminato tra la polvere delle rovine, oltre edifici crollati e tende ovunque: nei cortili, nei vicoli, per le strade e sulla spiaggia, tende che sono diventate case per chi ha perso tutto. Ci siamo trovati in mezzo a famiglie che hanno perso il conto dei giorni dell'esilio perché non vedono alcun orizzonte per un ritorno. I bambini parlavano e giocavano senza battere ciglio: erano già abituati al rumore dei bombardamenti. Siamo tornati col cuore spezzato» confida Pizzaballa, dando voce a una testimonianza che sfida le categorie del linguaggio giornalistico, avvicinandosi piuttosto alla preghiera collettiva, al grido che chiede ascolto in un deserto di dolore.
Nella Striscia di Gaza, assediata da mesi, il quadro umanitario è ogni giorno più drammatico. Interi quartieri cancellati, ospedali privi di elettricità, fame endemica, bambini sotto choc: «Ci siamo imbattuti in qualcosa di più profondo della distruzione: la dignità dello spirito umano che rifiuta di estinguersi» ha raccontato il Patriarca latino. «Madri che preparano cibo per altri, infermiere che curano con dolcezza, persone di tutte le fedi che ancora pregano un Dio che non dimentica». In questo inferno, la Chiesa ha ribadito il proprio impegno: «La comunità internazionale forse li ha abbandonati, ma la Chiesa no. Non li abbandonerà mai» ha affermato con forza Teophilus III.

La ferita della Sacra Famiglia e la diplomazia interrotta

Al centro della visita anche la ferita aperta della Chiesa della Sacra Famiglia, bombardata il 17 luglio in un’operazione dell’esercito israeliano che ha causato la morte di tre civili e il ferimento di dieci. Tel Aviv ha parlato di un “errore di tiro” e promesso un’indagine. «Non siamo esperti di balistica - ha risposto Pizzaballa con tono pacato ma fermo -, ci limitiamo a constatare i fatti, e ad attendere i risultati delle investigazioni». Nel corso della conferenza stampa, i due patriarchi hanno confermato alcuni colloqui diplomatici. In particolare, Teophilus III ha citato «una interlocuzione interessante con l’ambasciatore americano Huckabee». Alla domanda sul ruolo della Chiesa nei negoziati per un cessate il fuoco, la risposta è stata netta: «La Chiesa non ha confini. E parla con tutti».

«I cristiani resteranno a Gaza»: la speranza che resiste

In mezzo a rovine e disperazione, la presenza dei cristiani è rimasta silenziosa ma tenace. «Abbiamo sentito ripetere da loro: ho una casa, ho un negozio in fondo alla strada - ha raccontato Pizzaballa -. Usano il tempo presente. È la lingua del trauma, ma anche della speranza che resiste». Il messaggio che i due patriarchi hanno portato alla stampa internazionale è chiaro: i cristiani sono a Gaza per restare, e saranno parte attiva nella futura riconciliazione, quando la guerra sarà finita. Ma la speranza non è cieca. Il cardinale ha lanciato un appello esplicito alla comunità internazionale: «Ciò che accade a Gaza è moralmente inaccettabile e ingiustificato. Occorre proteggere i civili, impedire punizioni collettive e lo spostamento forzato della popolazione. Si applichi la legge umanitaria. Si ponga fine a questa guerra».
La visita è stata resa possibile anche grazie al sostegno di molti israeliani, sottolineano i due patriarchi. Ed è proprio questa distinzione che la Chiesa insiste a fare: non un popolo colpevole, ma «una politica inaccettabile». Lo stesso spirito guida le operazioni di consegna dei 500 tonnellate di aiuti in programma, ostacolata da una logistica drammatica e da infrastrutture ormai inesistenti. Anche la Cisgiordania non è esclusa dalle denunce. Il patriarca ha ricordato l’incendio minaccioso appiccato dai coloni all’antico cimitero cristiano di Taybeh, unico villaggio interamente cristiano della Palestina, solo due settimane fa. «Anche lì regna una terra senza legge» ha detto. E se le istituzioni tacciono, la voce della Chiesa si fa carico del dolore dei popoli, senza parzialità né indifferenza.

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