martedì 8 gennaio 2019
Ankara respinge le condizioni Usa per un ritiro dalla regione. Nuovi scontri: 32 miliziani uccisi dal Daesh. Giovanni Asperti combatteva con le truppe del Kurdistan siriano. Forse un incidente
Erdogan agli Usa: non proteggeremo i curdi. Morto italiano arruolato nelle Ypg
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Premesse a grandi manovre. O meglio a un nuovo capitolo della guerra in Siria, di certo non ancora finita. Mentre ad Ankara è in corso la visita del consigliere alla sicurezza nazionale Usa, John Bolton, il presidente turco Recep Tayyip Erdogan manda dalle colonne del "New York Times" un segnale inequivocabile: si deve creare «una forza di stabilizzazione con combattenti provenienti da tutta la società siriana», inclusi i curdi siriani, che non abbiamo legami con «organizzazioni terroristiche» come il Pyd/Ypg, legati al partito curdo-turco del Pkk. È questo il «primo passo» del piano di pace per la Siria proposto da Erdogan. Un'altra priorità, scrive il leader di Ankara, è «assicurare adeguata rappresentanza politica a tutte le comunità», compresa quella curda, previa verifica sui legami terroristici.

Erdogan: non proteggeremo i «terroristi» curdi

E poche ore dopo - parlando al gruppo parlamentare dell'Akp - la precisazione di aver completato i preparativi per una operazione militare in Siria, con lo spostamento di truppe lungo il confine. E sopratutto una netta replica al consigliere per la sicurezza Bolton e al presidente Trump: la Turchia «non può accettare la condizione» della protezione delle milizie curde delle Ypg, che sono «terroristi», posta dagli Stati Uniti per il ritiro delle loro truppe dalla Siria. «Se ci sono altri terroristi che cercano di ostacolare i nostri sforzi, certamente ci occuperemo anche di loro», ha detto Erdogan, tornando a minacciare un'offensiva per cacciare l'Ypg dal nord della Siria. Parole che suonano come una netta smentita del segretario di Stato Usa, Mike Pompeo alla Cncb: «Il presidente Erdogan ha preso un impegno col presidente Trump», secondo cui «i turchi continueranno la campagna contro il Daesh dopo la nostra partenza e faranno in modo che le persone con cui abbiamo combattuto, che ci hanno assistito nella campagna contro il Daesh, siano protette». Condizioni inaccettabili per la Turchia se il consigliere Usa Bolton, a metà giornata, lascia Ankara senza aver incontrato il presidente Erdogan: inaccettabile per Ankara la richiesta di Bolton di garantire la sicurezza delle milizie curde in Siria. Comunque, precisa il portavoce di Erdogan, il ritiro delle truppe Usa non è stato rallentato, mentre Ankara è preoccupata di sapere a chi andranno le armi e le basi Usa nella regione.

Un tema, quello della guerra in Siria, tornato con prepotenza nelle agende di Washington e Parigi. Donald Trump ed Emmanuel Macron, fa sapere la Casa Bianca, «hanno discusso la situazione in Siria, incluso l'impegno degli Usa e della Francia a distruggere l'Isis, come pure i piani per un ritiro convincente, ponderato e coordinato delle truppe Usa dalla Siria», si legge in una nota. I due leader, si aggiunge, «hanno ribadito che qualsiasi ulteriore uso di armi chimiche in Siria non deve essere tollerato».

Scontri nell'Est della Siria e nella provincia di Idlib

Intanto sul terreno proseguoni gli scontri. Nell'est della Siria, secondo quanto riferito dall'Osservatorio nazionale per i diritti umani in Siria (Ondus), in una offensiva del Daesh nella zona di Abukamal - una delle ukltime raccaforti del Califfato - sono morti 32 miliziani curdi. Negli scontri, non verificabili con altre fonti, sono rimasti uccisi anche una decina di miliziani del Daesh.
Intensi scontri sono scoppiati pure nel nord-ovest della Siria tr amiliziani qaedisti e loro rivali sostenuti dalla Turchia. Lo riferiscono media panarabi a conferma di quanto riferitoda fonti locali. Gli scontri sono in corso nella zonasud-occidentale della regione di Idlib, fuori dal controllo governativo e sotto influenza turca. I miliziani dell'ala siriana di al-Qaeda, anche nota come Hàya Tahrir Sham (Hts), sono avanzati nelle ultime ore nel distretto di Maarrat an Numan e nella valle dell'Oronte al confine con la zona controllata dalle forze russe e governative siriane.

Morto Asperti, volontario delle Ypg. «Un incidente»

«Era arrivato nel nord della Siria nel giugno del 2018. Ci siamo incontrati in accademia, nel mese di ottobre. Io stavo tornando in Italia. “Hiwa Bosco” era pieno di entusiasmo, molto attivo. Non so cosa sia accaduto. Sono tanti i volontari italiani che combattono nel nord della Siria, anche se raramente se ne parla. Per noi delle brigate internazionali è un episodio molto triste, siamo vicini alla famiglia». Così Paolo Pachino, volontario delle Ypg – con altri 4 sotto sorveglianza dalla procura di Torino – recentemente tornato in Italia, ricorda il compagno Giovanni Francesco Asperti, bergamasco, morto il 7 dicembre a Derik.

La notizia è stata diffusa ieri con un comunicato ufficiale delle Ypg, blocco egemone nella costellazione delle Forze democratiche siriane, impegnate nella battaglia contro il Daesh. Un esempio di «vera vita rivoluzionaria», «caduto martire a causa di uno sfortunato incidente mentre era in servizio a Derik», si legge sul sito delle Unità di Protezione del Popolo. «Derik è un villaggio a circa un’ora da Qamishlo dove non ci sono mai stati combattimenti. Potrebbe trattarsi di un incidente automobilistico, sono molto frequenti. L’avrò visto tre o quattro volte: il Rojava è un luogo piccolo, ci si conosce un po’ tutti, specialmente fra gli internazionali », spiega dalle retrovie di Hassaké Tekosher, o Lorenzo, tornato dal confine con l’Iraq, dove ad Hajin il Daesh oppone una strenua resistenza. La morte di Asperti è stata confermata dalla Farnesina. Il consolato italiano a Erbil, nella Regione autonoma del Kurdistan iracheno, segue il caso con la massima attenzione. Le unità delle Ypg sono espressione militare del Pyd, partito curdo-siriano derivato dal Pkk.

Il vuoto lasciato dal governo di Damasco, fin dai primi giorni della guerra civile, ha permesso ai curdi di applicare ai territori del nord le istituzioni libertarie del «Confederalismo democratico». La resistenza al Daesh, cominciata nel 2014, si è capovolta – con il supporto internazionale a guida americana – in una conquista militare che oggi interessa un terzo del territorio siriano. Negli ultimi giorni di dicembre il Rojava è tornato a far notizia quando Trump ha dichiarato di voler rapidamente rimpatriare i 2000 soldati impegnati a sostegno delle Fsd. Il ritiro americano, rimodulato nelle dichiarazioni dei giorni successivi per tempi e modi, aveva allarmato le Fsd, strette fra il Daesh, deciso a resistere, e la Turchia, che le considera un movimento terroristico da eliminare.

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