mercoledì 3 maggio 2023
Costretti al digiuno «per vedere Gesù». Diversi potrebbero anche essere stati uccisi per appropriarsi dei loro beni. Tra le vittime pure dei bambini, le cui madri avevano seguito il falso profeta
Sfinito dal digiuno, niente cibo e acqua. La polizia Kenyana soccorre un membro della setta del falso pastore Mackenzie

Sfinito dal digiuno, niente cibo e acqua. La polizia Kenyana soccorre un membro della setta del falso pastore Mackenzie - Reuters

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La stampa locale in Kenya l’ha definito “il massacro di Shakaola”. Nelle corti di Mombasa e Malindi, sulla costa keniana, sono iniziate ieri le udienze rispetto alla “setta del digiuno” fondata da due pastori autoproclamati, Paul Mackenzie Nthenge e il suo presunto complice, Ezekiel Odero. Sono almeno 110 le persone rimaste uccise perché istigate a non mangiare e bere per diversi giorni. “Le accuse ipotizzate contro di loro vanno da istigazione al suicidio a crimini contro l'infanzia e genocidio – hanno spiegato le autorità –. Con i processi faremo un passo fondamentale per fare luce sull'intera vicenda di questo massacro”.

Alcuni dei seguaci della Good news international church (Gnic) potrebbero invece non essere morti di fame ma uccisi deliberatamente. I leader della setta avrebbero soffocato le loro vittime prima di trasferirle segretamente in un villaggio dell'entroterra di Malindi per “seppellirli e appropriarsi dei loro beni”.

Il digiuno forzato sarebbe dovuto servire a “vedere Gesù” per circa 500 adepti convinti da Nthenge e i suoi complici. Gran parte del Paese è rimasta choccata da tale notizia che dimostra fino a che livello alcuni religiosi fittizi, sfruttando l’ignoranza e le difficili condizioni in cui versa gran parte dei loro connazionali, riescano a manipolare l’ingenuità di una consistente fetta della società.

“Centinaia di persone ora si chiedono cosa sia successo ai loro cari – spiega la stampa locale –. Il pastore Mackenzie avrebbe persino convinto i suoi fedeli che il mondo sarebbe finito a giugno del 2023”.

Bahati Joan e i suoi sei figli farebbero parte delle vittime morte di fame dopo che Stephen Mwiti, marito e padre di 45 anni, ha denunciato alle autorità la loro scomparsa lo scorso agosto. “Mia moglie partiva nella foresta senza dirmi niente di quello che succedeva – ha detto Mwiti ai giornalisti –. Ha portato con sé tutti i nostri figli, dal più grande di nove anni al più piccolo di sette mesi”. Joan era stata una seguace del pastore Mackenzie dal 2015 e si era recata per la prima volta nella foresta di Shakahola nel 2021 per poi continuare ad andare e venire da questa località in maniera regolare.

Le autorità in Kenya hanno iniziato a eseguire le autopsie sui numerosi cadaveri e hanno riesumato i corpi di almeno 10 bambini “morti perché affamati o, in alcuni casi, per asfissia”. Nthenge, un ex tassista e venditore ambulante, è stato arrestato dalla polizia il 14 aprile e, secondo alcune fonti, il leader della Gnic sta rifiutando cibo e acqua offerti in prigione.

Il presidente keniano, William Ruto, alle prese con dure proteste anti-governative causate dagli alti costi della vita, ha dichiarato che questa settimana verrà istituita una commissione giudiziaria per indagare su tale tragedia.

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