lunedì 5 maggio 2025
Approvato dal gabinetto di sicurezza, dovrebbe partire dopo la visita di Trump in Arabia. Sull’ingresso degli aiuti, è scontro fra il capo dell’esercito e il ministro di estrema destra Ben-Gvir
Madre e figli sfollati, accanto alla loro tenda, a Gaza City

Madre e figli sfollati, accanto alla loro tenda, a Gaza City - Ansa

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Siamo alla vigilia di un’invasione massiccia di Gaza, secondo le raccomandazioni dello Stato maggiore». Non più incursioni isolate, con le truppe che irrompono in un territorio e si ritirano, «ma l’opposto». La popolazione «sarà spostata per proteggerla». Le parole del premier israeliano Benjamin Netanyahu, in un video in ebraico a uso interno (altrimenti parla in inglese) postato su X, confermano tutte le indiscrezioni filtrate nei giorni scorsi. La mobilitazione di decine di migliaia di riservisti, la grande offensiva che si prepara per la seconda metà del mese, l’occupazione. E una nuova gestione degli aiuti.

Il premier non entra nei dettagli. Ma le ricostruzioni sui media israeliani del piano approvato domenica sera in consiglio di sicurezza collimano. Stando a fonti citate dal Times of Israel e da Ynet, si comincerà con il trasferimento dei palestinesi nella zona di Rafah, a ridosso dell’Egitto, dove nei giorni scorsi i bulldozer stavano spianando le macerie. In quell’area è prevista la distribuzione degli aiuti umanitari alle famiglie. A seguire, una massiccia offensiva sul resto dell’enclave, divisa in tre settori (sud, centro e nord) dai corridoi Morag (l’ultimo creato, tra Rafah e Khan Yunis) e Netzarim (a sud di Gaza City) occupati dall’esercito. «Il piano includerà, tra le altre cose, la conquista della Striscia di Gaza e il possesso dei territori», ha detto una fonte politica all’Afp. Al momento, le truppe controllano circa un terzo dell’enclave: i corridoi e una zona “cuscinetto” lungo tutto il perimetro interno. Secondo l’emittente pubblica Kan, l’operazione richiederebbe mesi. La prospettiva è quella del piano di Trump per la Riviera Gaza, con incentivi all’emigrazione “volontaria”, per la quale proseguono i contatti con diversi Paesi.

«Finalmente occuperemo tutta la Striscia di Gaza e la smetteremo di avere paura della parola “occupazione”» ha commentato il ministro di estrema destra Bezalel Smotrich (Finanze). Ma non tutti in Israele la pensano così. Alti ufficiali dell’esercito hanno detto a Ynet che «il piano non prevede operazioni nelle zone dove si sospetta la presenza degli ostaggi» e dunque non sarà occupata l’intera Striscia ma sarà preso il controllo «di porzioni di territorio» con «bonifiche sopra e sotto terra e operazioni nei tunnel, di cui solo un quarto è stato finora neutralizzato». L’offensiva scatterà nella seconda metà di maggio, ha informato un portavoce del governo, a meno che non si trovi un’intesa sugli ostaggi durante la visita del presidente americano Donald Trump in Arabia Saudita, Emirati e Qatar dal 13 al 16.

Per allentare la presa di Hamas sulla popolazione – stremata dai continui sfollamenti, in un anno e sette mesi di guerra, su un territorio ad altissima densità abitativa (era di 5.800 prima del conflitto) – Israele ha interrotto, dal 2 marzo, l’ingresso degli aiuti. Poiché ha calcolato che restano scorte per due settimane, si prepara a riaprire all’ingresso dei camion affidando però la distribuzione in esclusiva a un ente che, secondo il sito americano Axios, sarebbe vicino al ministro Ron Dermer, stretto consigliere del premier.

Negli ultimi giorni la situazione dell’ordine pubblico a Gaza si è aggravata. Fonti palestinesi e dell'intelligence israeliana riferiscono saccheggi nei magazzini di viveri; domenica sera Hamas ha imposto il coprifuoco «per catturare i ladri». Dalla Cisgiordania, il presidente dell’Autorità nazionale palestinese, Abu Mazen, ha denunciato azioni di saccheggio «di cibo e forniture mediche» e attaccato Hamas: il sospetto è che siano i miliziani a fare incetta delle forniture.

Stando a ricostruzioni dei media, nella riunione del gabinetto di sicurezza l’unico tema di scontro è stato quello degli aiuti. La sollecitazione del capo di stato maggiore Eyal Zamir a farli entrare, per non esporre l’operazione militare alle critiche internazionali, è stata respinta con forza dal ministro di estrema destra Itamar Ben-Gvir (Sicurezza). Secondo Canale 12, Ben-Gvir ha detto che «le riserve alimentari di Hamas dovrebbero essere bombardate». Zamir avrebbe replicato che «idee come questa mettono in pericolo Israele» poiché «esiste il diritto internazionale e Israele si impegna a rispettarlo: non possiamo affamare la Striscia». Netanyahu avrebbe difeso il diritto del ministro a esprimere la propria posizione. Non è la prima volta che, in consiglio di sicurezza, il realismo dei militari si scontra con il radicalismo dei politici. Con il voto contrario dei ministri Ben-Gvir e Orit Strock, la ripresa dell’ingresso degli aiuti è stata approvata estromettendo Hamas e solo «quando la situazione a Gaza lo richiederà». Dalla Striscia, Hamas accusa Israele di usare gli aiuti come mezzo di «ricatto politico». Altri 41 i palestinesi uccisi in un giorno, 52.567 in totale di cui il 65% donne e minori, secondo i dati forniti dal ministero di Hamas.

Netanyahu: risponderemo all'attacco Houthi sull'aeroporto

In seguito all'attacco di domenica degli Houthi - quando un missile partito dallo Yemen ha "bucato" lo scudo di difesa israeliano colpendo nel perimetro dell'aeroporto internazionale di Tel Aviv - Netanyahu ha minacciato una risposta armata. Condividendo su X un post del presidente americano, ha scritto: "Trump ha assolutamente ragione. Gli attacchi degli Houthi provengono dall'Iran. Israele risponderà all'attacco contro il nostro aeroporto principale e, in un momento e luogo a nostra scelta, anche ai loro padroni del terrore iraniani". L'Iran si è affrettato a prendere le distanze, respingendo come "infondate" le accuse di sponsorizzare gli attacchi degli Houthi a Israele. E ha confermato l'impegno diplomatico nei negoziati con gli Usa sul nucleare. Nelle piazze dello Yemen si moltiplicano le manifestazioni di folla antiamericane e antisioniste, con il consueto sfoggio di armi di ogni tipo.

Proseguono intanto i raid aerei statunitensi sullo Yemen. Nel mirino sono finite le aree circostanti l'aeroporto internazionale di Sanaa, la capitale. Stando a fonti degli Houthi, che controllano il nord del Paese dopo aver cacciato il governo ufficiale, nell'ultima giornata gli attacchi sarebbe stati una decina. In Yemen si moltiplicano ogni giorno le manifestazioni di piazza contro gli Stati Uniti e Israele, con toni violentissimi e il consueto sfoggio di armi di ogni tipo.

Una manifestazione contro Usa e Israele nella capitale dello Yemen, Sanaa

Una manifestazione contro Usa e Israele nella capitale dello Yemen, Sanaa - Ansa

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