
Il primo ministro giapponese Shigeru Ishiba - REUTERS
Il nervosismo è palpabile. Così come le preoccupazioni: sotterranee ma taglienti. E verbalizzate solo a denti stretti: quale accoglienza riserverà Donald Trump al primo ministro giapponese Shigeru Ishiba? L’imprevedibilità che sembra, al momento, essere l’unica barra della politica della nuova presidenza Usa serberà amare sorprese anche all’alleato nipponico, uno dei più fedeli dello scacchiere asiatico? Il faccia a faccia di domani è stato accompagnato, insomma, da un tappeto di incertezze e "spie" allarmanti. Come ha scritto il Japan Times, “il leader americano ha scosso l'ordine mondiale tramite una vertiginosa serie di ordini esecutivi e cambiamenti di politica. Ma il suo relativo silenzio sul Giappone è stato assordante nei corridoi del potere di Tokyo”.
Nei giorni scorsi, come riportato dall’Asahi Shinbun, decine di burocrati dei ministeri degli Esteri, della Difesa e del Commercio, convocati a turno, si sono stretti attorno a Ishiba per tratteggiare le strategie da mettere in campo in vista del summit a Washington. Nel segno dell'umoralità. "Non puoi mai sapere cosa dirà Trump finché non lo incontri", ha ammonito un assistente di Ishiba, restituendo il clima “ansioso” che ha preceduto il viaggio.
La sensazione è che Tokyo, come ha scritto il sito di analisi Asia Times, voglia sbarcare negli Usa “con il solito cesto di regali. Progettato per calmare la “bestia” e tenersi lontano dal suo percorso radar paurosamente oscillante, è un pacchetto di offerte ben congegnato: maggiori acquisti di petrolio e di gas naturale statunitensi e più acquisti di equipaggiamenti militari Usa come parte del piano di rafforzamento della difesa del Giappone”. Insomma Tokyo punta ad “abbracciare” e soddisfare alcuni degli imperativi di Trump. Primo: ridurre il surplus commerciale bilaterale di 56 miliardi di dollari, scongiurando o allontanando la minaccia di dazi. Tokyo sta poi valutando di offrire supporto per un gasdotto da 44 miliardi di dollari in Alaska, “nel tentativo – scrive la Reuters - di omaggiare Trump e prevenire potenziali attriti commerciali”.
Secondo: aumentare le spese per la difesa, vera ossessione della visione trumpiana. Il Giappone è oggi al secondo anno di un piano di spesa quinquennale senza precedenti di circa 43 trilioni di yen (circa 315 miliardi di dollari quando è stato annunciato nel 2022), con Tokyo che mira a investire il 2% del suo Pil nella difesa entro il 2027. Ma si tratta di una soglia che a Trump potrebbe non bastare.

il presidente Usa Donald Trump - ANSA
Basteranno queste armi di seduzione per evitare i “colpi di testa” della nuova presidenza Usa? Un’altra preoccupazione serpeggiante è che – nonostante le schermaglie a colpi di dazi - Trump possa optare per un "grande affare" con il leader cinese Xi Jinping, una nuova versione di un "G2" con la Cina, un patto a due che di fatto escluderebbe o metterebbe in ombra il Giappone.
Certo il biglietto da visita di Ishiba non è proprio da buttare: il Giappone è il principale investitore al mondo negli Stati Uniti e le aziende nipponiche hanno creato un milione di posti di lavoro negli States. È un tassello fondamentale della presenza militare in Asia, con i 55mila soldati Usa schierati nell’arcipelago. Spetta ora a Ishiba giocarsi le sue carte e capire come il Giappone uscirà dalla “centrifuga" Trump: come un Paese alleato o come un Paese vassallo.