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Bimbi orfani che hanno trovato rifugio in un vecchio teatro di Port-au-Prince - Ansa
Il suo nome non è Roseline. Quello vero lo ha perduto all’inizio dello scorso autunno insieme alla giovinezza. A 16 anni Roseline ha negli occhi la stanchezza di chi ha vissuto troppo a lungo. Il mese trascorso nelle mani della gang che l’ha rapita all’uscita di un negozio di Delmas, non lontano dal centro di Port-au-Prince, l’ha fatta invecchiare di un secolo. Ogni giorno, veniva stuprata più e più volte da più persone. A volte coetanei armati e drogati con un mix di scarti chimici a buon mercato. Poi, d’improvviso, il boss ha capito che non avrebbe mai potuto pagare il riscatto di 10mila dollari.
Invece di ucciderla, come spesso accade, i sequestratori l’hanno semplicemente scaraventata per la strada, tramortita dalle botte e dagli abusi. Il caso di Roseline è parte della cruenta routine della guerra permanente di Haiti. Un conflitto mai formalmente iniziato e di cui si stenta a vedere la fine che si accanisce con particolare crudeltà su bimbi e adolescenti. La violenza sessuale sui minori è schizzata di più del mille per cento dal 2023, ha denunciato in un allarmante rapporto l’Unicef. I loro corpi sono ormai «campo di battaglia» nella spirale bellica in cui è precipitato questo frammento di Caraibi. «I bambini sono sia danni collaterali sia obiettivi sempre più specifici dei gruppi armati che detengono il controllo di almeno l’85 per cento della capitale, a causa della loro vulnerabilità», spiega Gaeta Narayan, rappresentante dell’Agenzia Onu per l’infanzia ad Haiti. Uno su otto è sfollato a causa degli scontri. «Tanti, nella fuga, hanno perso genitori e familiari e sono esposti allo sfruttamento.
Le gang attaccano scuole e ospedali, privandoli i bimbi di istruzione e assistenza medica. Tantissimi, dagli 8 anni, sono reclutati con la forza o la manipolazione», aggiunge Narayan. «L’arruolamento e l'impiego di bambini sono aumentati del 70 per cento nel secondo trimestre del 2024 rispetto allo stesso periodo dell'anno precedente. Ormai più della metà delle bande è formata da minori», afferma la rappresentante Unicef. A scatenare la «campagna acquisti» la necessità di nuova carne da cannone per far fronte all’offensiva della polizia e della missione multinazionale a guida kenyana, schierata dalla scorsa estate. Gli ultimi 144 agenti – 120 uomini e 24 donne – sono atterrati giovedì nello scalo di Port-au-Prince, aperto e pure deserto: tutte le compagnie hanno annullato i voli commerciali da quando, a novembre, le gang hanno attaccato gli aerei sulla pista. Ormai gli haitiani l’hanno soprannominato «l’aeroporto della missione», la sola a impiegarlo per il trasporto del contingente. Questa settimana ci sono stati addirittura due “sbarchi”: martedì era toccato a sessanta salvadoregni. Il nuovo gruppo rafforza il contingente di seicento militari, un quarto di quelle promesse dalla comunità internazionale. E arriva dopo il congelamento da parte dell’Amministrazione Trump del finanziamento di 13 milioni di dollari al fondo Onu dedicato alla sicurezza di Haiti. Ventiquattro ore dopo, però, il dipartimento di Stato ha annunciato un finanziamento di 40,7 milioni per assistere la polizia dell’isola e la missione multinazionale. Soldi che, però – ha tenuto a precisare Washigton – non passeranno dalle Nazioni Unite.
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