lunedì 22 aprile 2024
I dati diffusi dall'Istituto internazionale di ricerche sulla pace di Stoccolma (Sipri). «Non c'è regione del mondo dove la situazione sia migliorata». Quanto si spende in Europa
Un lanciatore di missili Hawk

Un lanciatore di missili Hawk - Reuters

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Non è una sorpresa. Con due guerre in corso nell’area mediterranea ed europea che coinvolgono indirettamente i grandi della Terra – attraverso le forniture militari miliardarie a Israele e all’Ucraina da parte degli Stati Uniti e all’Ucraina dai Paesi europei – non era difficile prevedere che il 2023 sarebbe passato agli atti come l’anno dell’aumento record della spesa militare nel mondo. Il Rapporto dell’Istituto internazionale di ricerche sulla pace di Stoccolma (Sipri) lo certifica.

QUI IL DOCUMENTO INTEGRALE

Si spendono in armi 2.293 miliardi di euro l'anno

Il Sipri è il più autorevole istituto indipendente di ricerca e analisi sulla sicurezza globale. Ha tirato le somme: l’anno scorso si sono spesi in armamenti 2.443 miliardi di dollari, pari a 2.293 miliardi di euro. Mai così tanti. L’equivalente del 2,3% del Prodotto interno lordo globale. L’incremento è stato del 6,8% in un anno: mai così alto dal 2009. Sempre per la prima volta dal 2009, la spesa è aumentata in tutte le cinque regioni geografiche. «Non c’è zona del mondo in cui le cose siano migliorate» osserva Nan Tian, ricercatrice del Sipri.

Di conflitti, in quella che papa Francesco ha definito la Terza guerra mondiale a pezzi, se ne contavano già parecchi – nelle periferie africane e asiatiche della geopolitica – ma negli ultimi due anni sono scesi direttamente sul campo di battaglia Stati dotati dell’arma nucleare quali la Federazione Russa e Israele. Supportato, il primo, da forniture provenienti da altre due potenze militari: la Corea del Nord, nucleare, e l’Iran che si prepara a diventarlo. A proposito di Pyongyang, sulla spesa militare dello Stato più segreto al mondo non esistono cifre ufficiali. E quindi la Corea del Nord non figura in classifica: secondo stime statunitensi, spenderebbe per la difesa il 16% del Pil che però equivale a meno di 5 miliardi di euro l’anno, trattandosi di un Paese decisamente povero.

Le classifiche degli Stati più militaristi

In valore assoluto, i 15 Stati che nel 2023 hanno speso di più sono, nell’ordine: Stati Uniti (860 miliardi di euro, +2,3% rispetto al 2022), Cina (278 miliardi, +6%), Russia (102 miliardi, +24%), India (78,6 miliardi, +4,2%), Arabia Saudita (71,2 miliardi, +4,3%), Regno Unito (70,4 miliardi, +4,3%), Germania (62,8 miliardi, +9%), Ucraina (60,9 miliardi, + 51%; inoltre ha ricevuto 32 miliardi di aiuti), Francia (57,6 miliardi, +6,5%), Giappone (47,2%, +11%), Corea del Sud (45 miliardi, +1,1%), Italia (33,3 miliardi, -5,9%), Australia (30,3 miliardi, -1,5%), Polonia (29,7 miliardi, +75%) e Israele (25,8 miliardi, +24%). Gli Stati Uniti coprono da soli il 37% della spesa mondiale e il 68% di quella della Nato.

Ma se si va a guardare quanta della propria ricchezza ogni Stato spende in armamenti (rapporto spesa militare/Pil), fatta eccezione per il presunto 16% della Corea del Nord, la più militarista appare comprensibilmente l’Ucraina (37%), seguita da Algeria (8,2%), Arabia Saudita (7,1%), Russia (5,9%), Oman (5,4%) e Israele (5,3%).

Negli ultimi dieci anni, i 5 Stati che più hanno incrementato la propria spesa militare risultano, oltre all’Ucraina (+1.272%): Polonia (+181%), Danimarca (+108%) , Romania (+95%) e Finlandia (+ 92%). Quattro su cinque, Paesi confinanti con il blocco Russia-Bielorussia o con l’Ucraina.

Dall'Italia l'1,6% del Pil. La spesa Ue aumentata del 50% dal 2014

Se è vero che la spesa militare italiana nell’ultimo anno ha subito una flessione, dal 2014 è aumentata del 31% risultando pari all’1,6% del Pil. A livello di Unione Europea, si sono spesi quasi 295,2 miliardi di euro: +20% sul 2022, + 50% in dieci anni. Gli europei coprono il 28% della spesa dei 31 Paesi della Nato, che ammonta a 1.260 miliardi (55% del totale mondiale).

«Stiamo subendo le conseguenze di un approccio militarista alle relazioni internazionali e alle emergenze globali, imposto dai Paesi del Nord» denuncia Rete Pace Disarmo, ricordando anche «i danni ambientali» derivanti dai conflitti e dalla militarizzazione.

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