venerdì 27 marzo 2020
In Mozambico due città del nord sono già cadute nelle mani dei miliziani e il capoluogo Pemba è minacciato In Nigeria e Ciad le azioni più sanguinose, in Mali è stato rapito il leader dell'opposizione
In Mali è stato rapito il capo dell'opposizione Soumaila Cissé

In Mali è stato rapito il capo dell'opposizione Soumaila Cissé - Ansa

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Una serie di attacchi jihadisti simultanei ha travolto le forze di difesa di almeno tre Paesi in Africa subsahariana. Mozambico, Nigeria e Ciad sono stati infatti il teatro di brutali scontri iniziati lunedì. Un numero senza precedenti di vittime ha decimato i ranghi degli eserciti locali nel momento in cui la crisi del coronavirus sta “paralizzando” le autorità africane e distogliendo l’attenzione della comunità internazionale dalle violenze in corso.
«Siamo ancora una volta in piena guerra civile», spiega ad “Avvenire” da Londra Joseph Hanlon, esperto sull’attuale conflitto in Mozambico che sta devastando la provincia settentrionale di Cabo Delgado. «I gruppi armati sono composti soprattutto da giovani mozambicani disoccupati che in parte si ispirano al Daesh (il sedicente Stato islamico). L’assenza di sviluppo e la corruzione che dilaga in questa regione ricca di risorse naturali – continua Hanlon – sono le cause principali della deriva del Paese». Almeno due gruppi armati, Ansar al-Sunna e lo Stato islamico nella provincia dell’Africa centrale (Iscap), stanno sfruttando l’epidemia di Covid-19 per guadagnare terreno.
Le autorità, l’esercito e la popolazione faticano infatti a muoversi. Nel Paese sono stati annunciati martedì scorso i primi cinque casi positivi che coinvolgono soprattutto la leadership politica. Contemporaneamente i miliziani islamisti hanno occupato località del nord come Mocimboa da Praia e Quissanga, uccidendo decine di militari e civili. L’avanzata jihadista minaccia ora Pemba, lo strategico capoluogo della provincia. Alcune fonti parlano di soldati in ritirata. Mentre le organizzazioni umanitarie e le società petrolifere stanno evacuando il loro personale dall’area. Altri due attacchi dei fondamentalisti hanno inoltre decimato i ranghi dell’esercito ciadiano e nigeriano.
«Non abbiamo mai subito una perdita tanto grave di soldati – ha affermato Idris Deby, il presidente ciadiano, dopo che 98 militari sono stati uccisi da Boko Haram al campo militare di Bohoma, sul Lago Ciad –. Risponderemo in maniera fulminea». Sono invece 70 i soldati nigeriani assassinati in un’imboscata di Boko Haram a Gorgi, nel nord-est del territorio. Gli esperti credono che i responsabili dell’attacco contro i ciadiani appartengano alla fazione di Boko Haram guidata da Aboubakar Shekau, mentre lo Stato islamico nella provincia dell’Africa occidentale (Iswap) avrebbe organizzato l’imboscata contro i nigeriani.
Con almeno 46 casi positivi al Covid-19, la Nigeria ha registrato il suo primo morto questa settimana. Inoltre, da ieri è stato imposto un “parziale lockdown” che provocherà l’arresto di varie attività nel Paese. Un’opportunità – ritengono gli esperti militari – per i miliziani di Boko Haram di consolidare le loro posizioni. In Ciad, sebbene i contagiati siano solo tre, un comunicato governativo ha descritto il coronavirus come «un nemico invisibile in una vera e propria guerra».

Tale impasse generale, accompagnato dalla paura dei contagi, sta prendendo piede anche nel resto del Sahel. E, come è successo con i ribelli nell’est della Repubblica democratica del Congo durante l’epidemia di ebola, i gruppi armati sembrano rafforzarsi. In Mali, per esempio, è stato confermato ieri il sequestro di Soumaila Cissé, leader dell’opposizione, e di alcuni suoi compagni di partito, scomparsi mercoledì nell’area settentrionale di Niafounké. Un’azione attribuita ai gruppi terroristici locali. «I jihadisti hanno ricevuto un ordine dai loro capi – ha confermato Aymenn Jawad Al-Tamimi, un analista britannico –: non devono viaggiare nei Paesi europei contagiati dal virus». Le loro operazioni, quindi, potrebbero aumentare radicalmente sul continente africano.

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