sabato 31 luglio 2021
Tre magistrati indipendenti hanno indagato sfidando omertà e reticenze del potere. Silenzi e complicità favorirono la campagna d’odio contro la giornalista
Manifestazione per chiedere giustizia dopo l'assassinio della giornalista Daphne Caruana

Manifestazione per chiedere giustizia dopo l'assassinio della giornalista Daphne Caruana - Ansa/Epa

COMMENTA E CONDIVIDI

Senza la complicità delle istituzioni Daphne Caruana Galizia non sarebbe stata uccisa. Silenzi e omissioni di Stato hanno legittimato la campagna d’odio e la rete di protezione per mandanti ed esecutori. Lo afferma il rapporto della Commissione d’inchiesta indipendente maltese che punta il dito contro l’establishment politico-mafioso definito come «una piovra» che ha tentacoli ovunque: governo, polizia, sistema finanziario.

È così che è maturato l’omicidio di una giornalista troppo scomoda per essere lasciata libera di investigare e raccontare. L’inchiesta pubblica era nata con l’obiettivo di stabilire se lo Stato avesse fatto tutto il possibile per proteggere Caruana Galizia e perseguire i responsabili.

Avviata dopo le pressanti richieste del Consiglio d’Europa, la commissione composta da tre ex presidenti di tribunale ha approfondito il caso oltre i termini concessi dal governo, che avrebbe voluto chiudere in fretta l’indagine. Ma i tre magistrati hanno proseguito oltre la scadenza prefissata, scegliendo di lavorare gratis pur di completare il lavoro. Ne è nato un dossier di 437 pagine in cui i giudici hanno scritto che lo Stato «ha creato un clima di impunità, generato dai più alti livelli dell’amministrazione all’interno dell’Auberge de Castille (la sede del governo maltese, ndr), i cui tentacoli si sono diffusi nelle altre istituzioni, come la polizia e le authority regolatorie, portando al collasso dello Stato di diritto».


Le istituzioni, afferma il rapporto, avevano creato un «clima di impunità» presente «in tutte le istituzioni». Galizia invece «veniva seguita ovunque andasse e le sue foto caricate su Facebook». Individuati i due ispiratori della «macchina del fango»

La macchina del fango che ha calunniato Daphne, preparando il terreno per la sua eliminazione ha nomi e cognomi. Non si sono limitati a irridere la giornalista. Per mesi hanno costruito una campagna di «deumanizzazione», dipingendo Caruana Galizia come una pazza.

«Questa propaganda denigratoria – denuncia il rapporto – è stata aggravata dai blog di Glenn Bedingfield che poi ha iniziato a ricoprire cariche ufficiali». Si tratta di un giornalista passato alla politica per conto del partito laburista. Accusato di aver alimentato il clima d’odio è pure «Neville Gafà, un altro funzionario del governo che ha dipinto Daphne Caruana Galizia come una strega».

Gafà, autore dell’accordo segreto tra Malta e Tripoli per i respingimenti illeciti di migranti, coinvolto in varie inchieste riguardanti interessi opachi con la Libia, era stato processato dal Tribunale di Malta per le minacce ad Avvenire. «La signora Caruana Galizia – ricorda l’Inchiesta pubblica, alludendo proprio al ruolo di Gafà quale istigatore – veniva seguita ovunque andasse e le sue foto venivano caricate su Facebook insieme a commenti dispregiativi sia nei post di Neville Gafa che sul blog di Glenn Bedingfield e altri». Gafà venne assolto per insufficienza di prove. Fuori dal palazzo di giustizia i giornalisti maltesi e la delegazione italiana venivano insultati dalla folla radunata a sostegno di Gafà.

La polizia era sul posto, ma nessun manifestante è stato mai identificato né denunciato. Ieri le scuse del premier Robert Abdela. Ora la Commissione d’inchiesta chiede la fine di questa impunità.

Altri articoli su Daphne Caruana CLICCA QUI




© Riproduzione riservata
COMMENTA E CONDIVIDI

ARGOMENTI: