martedì 29 maggio 2018
Risultato positivo alla Conferenza sulla Libia voluta da Macron. Resta da vedere se l'accordo terrà e se sarà possibile convincere i leader della fazioni minori
Il componente di una milizia a Sirte

Il componente di una milizia a Sirte

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Mancano le firme nero su bianco. Ma a Parigi, i quattro principali leader libici si sono impegnati oggi, a parole, ad organizzare elezioni il prossimo 10 dicembre, sotto la supervisione internazionale.

L’obiettivo del processo è «ridare pienamente al popolo libico la sua sovranità», ha martellato il presidente francese Emmanuel Macron, accogliendo all’Eliseo un vertice posto anche sotto l’egida dell’Onu e dell’Unione europea.

Al termine della riunione, davanti alle telecamere, i partecipanti di 19 Paesi hanno ascoltato la dichiarazione in arabo sugli 8 impegni presi dalla conferenza e in particolare dalle parti libiche, soprattutto nel campo della ricostruzione istituzionale del Paese e dell’unificazione delle forze armate.

Per l’inviato dell’Onu Ghassan Salamé, l’accordo è «storico». Ma il premier libico riconosciuto ufficialmente dall’Onu, Fayez al-Serraj, ha ammesso gli enormi ostacoli bellici e nel campo dei diritti umani, invitando la comunità internazionale a «uno sforzo colossale» per aiutare le autorità libiche in particolare sul fronte della crisi migratoria. In proposito, Macron ha definito «esemplare» la cooperazione portata avanti con l’Italia.

In generale, il presidente francese ha dovuto ammettere le lacune dell’accordo raggiunto a Parigi, spiegando che le firme scritte mancano perché diverse parti libiche non si riconoscono fra loro. Inoltre, almeno 13 consigli locali e gruppi armati della Libia occidentale hanno boicottato la conferenza.

Per via della transizione istituzionale a Roma, è stata l’ambasciatrice in Francia a rappresentare l’Italia, dopo i dissapori diplomatici suscitati dall’interventismo francese in Libia.

Il punto prima dell'inizio del vertice

(di Luca Geronico) Vertice sulla Libia a Parigi questa mattina, «sotto l’egida delle Nazioni Unite», ma di certo anche sotto quella di Emmanuel Macron. Il presidente francese, spiega un comunicato dell’Eliseo, riceverà «i rappresentanti del governo libico e una delegazione di soggetti politici che rappresentano le principali istituzioni libiche».

Ma 13 milizie hanno già fatto sapere che non ci saranno. L’obiettivo dell’Eliseo, dopo 7 anni «di conflitto e di tensioni», è di giungere a una «Road Map inclusiva, per uscire dalla crisi che colpisce il Paese e la regione da diversi anni». Un tentativo in grande stile dopo che sono finora falliti tutti gli sforzi avviati per stabilizzare il Paese nordafricano dopo la caduta di Muammar Gheddafi.

Macron accoglierà per tre ore all’Eliseo i quattro principali dirigenti libici, rivali tra loro: il premier del governo riconosciuto internazionalmente, Fayez al-Sarraj; il maresciallo Khalifa Haftar, uomo forte della Tripolitania; il presidente della Camera dei rappresentanti Aguila Salah Issa e quello del Consiglio di Stato Khaled al-Mishri. I quattro, secondo quanto ha fatto sapere l’Eliseo, dovrebbero firmare una dichiarazione che «fissa un processo politico» che prevede elezioni legislative e presidenziali, se è possibile, entro fine anno. Tredici delle più importanti milizie della Libia occidentale – tra cui quelli di Misurata, Zintan, Janzour, Gharyan – con un documento hanno respinto la Conferenza di Parigi.

Nel testo, già inviato alle tre massime istituzioni libiche (Consiglio presidenziale, Alto consiglio di Stato e Parlamento), le brigate deplorano l’iniziativa che «mira a reinstaurare il regime militare in Libia». Garanti della Road Map, secondo il piano dell’Onu, sono i rappresentanti di 19 Paesi: i cinque Paesi membri del Consiglio di sicurezza dell’Onu (Usa, Cina, Russia, Regno Unito e Francia) oltre a Italia e Germania; i Paesi confinanti Egitto, Algeria, Tunisia e Ciad, e le potenze regionali Emirati Arabi, Qatar, Kuwait, Turchia, Arabia Saudita e Marocco.

Il presidente del Congo, Denis Sassou-Nguesso, che dirige il comitato di alto livello dell’Unione Africana sulla Libia, sarà presente a fianco del capo della missione Onu per la Libia, Ghassan Salamé, incaricato di supervisionare il processo. Per l’Italia sarà presente l’ambasciatrice italiana a Parigi, Teresa Castaldo: una partecipazione in tono minore per il nostro Paese, tradizionalmente il massimo interlocutore europeo di Tripoli, che non ha gradito dopo mesi di collaborazione diplomatica, l’accelerazione di Macron. Un vuoto politico, favorito dalla crisi istituzionale italiano, in cui Parigi potrebbe insinuarsi come un cuneo. La Libia è una preoccupazione che aveva già spinto Macron ad organizzare a luglio del 2017 un incontro fra Sarraj e Haftar vicino Parigi. Gli sforzi diplomatici, condotti dall’Onu e dai Paesi del Nord Africa, sono proseguiti per superare una situazione di stallo non sostenibile.

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