Fisichella: «L'anno del Giubileo? Ha lasciato un seme di speranza per il mondo»

di Agnese Palmucci, Roma
Parla il pro-prefetto del Dicastero per l’evangelizzazione: oltre 32 milioni di pellegrini a Roma testimoniano la sete di spiritualità di un’umanità impaurita e ferita
December 26, 2025
Vaticano, 29 luglio 2025: migliaia di giovani da tutto il mondo in piazza San Pietro per la Messa di benvenuto presieduta dall'arcivescovo Rino Fisichella per il Giubileo dei giovani
Vaticano, 29 luglio 2025: migliaia di giovani da tutto il mondo in piazza San Pietro per la Messa di benvenuto presieduta dall'arcivescovo Rino Fisichella per il Giubileo dei giovani / SICILIANI
È sinceramente «contento» della riuscita del Giubileo 2025, anche se è stato un anno «molto intenso». Il primo bilancio dell’Anno Santo 2025, per il pro-prefetto del Dicastero per l’evangelizzazione, l’arcivescovo Rino Fisichella, delegato del Papa per l’organizzazione degli eventi giubilari, è «positivo». A pochi giorni dalla chiusura delle quattro Porte Sante, sono già oltre 32 milioni i pellegrini arrivati a Roma da tutti i Paesi del mondo e dalla quasi totalità delle diocesi italiane. Sarà papa Leone XIV, come si sa, a presiedere in ultimo il rito di chiusura della Porta Santa della Basilica di San Pietro il 6 gennaio, segnando la conclusione del Giubileo.
Eccellenza, quale eredità consegna ai cristiani e alla storia questo Anno Santo?
Il Giubileo ha parlato al mondo di una Chiesa in cammino. Credo che l’immagine più appropriata per descrivere questi dodici mesi sia quella dei tantissimi pellegrini che hanno fatto il percorso verso la Porta Santa. È stata un’esperienza bella, perché ha raccontato una Chiesa viva, che prega e ricerca il suo Signore. La responsabilità che ci lascia un anno così intenso è prima di tutto la consapevolezza che la speranza sostiene il nostro cammino. Occorre essere, come cristiani, autentici “pellegrini di speranza” in un mondo che, ricordiamolo sempre, è infiammato da 56 guerre. Come credenti abbiamo attinto coraggio per essere testimoni della “speranza che non delude” non solo dove si combattono conflitti armati, ma anche in ogni luogo in cui regnano illusione, incertezza e disperazione. L’altra eredità è la consapevolezza della grande sete di spiritualità che alberga in tanti uomini e donne. Ogni Giubileo, poi, ha una sua caratterizzazione particolare e questo è stato determinato da una massiccia presenza degli strumenti digitali.
Tanti pellegrini hanno raggiunto Roma da Paesi in guerra. Come si torna a casa da questa esperienza?
Il “ritorno” è lo scopo del Giubileo, che non termina con l’attraversamento della Porta Santa ma quando si torna nella propria comunità. Lungo via della Conciliazione abbiamo visto camminare cristiani che venivano dall’Ucraina, dalla Palestina, dalla Nigeria, e da tanti altri Paesi in conflitto. Il Giubileo ha davvero visto a Roma il mondo intero. In moltissimi hanno scritto al Dicastero, una volta tornati in diocesi, per dirci di aver vissuto proprio l’esperienza di cui avevano bisogno e sentendo l’urgenza di raccontarla agli altri. Non dimentichiamo, infatti, che il Giubileo è un’esperienza di evangelizzazione, e non è un caso che sia stato affidato a questa sezione del Dicastero.
Il Papa durante il Giubileo dei detenuti è tornato a chiedere ai Paesi «forme di amnistia o di condono della pena» per i reclusi, come scritto nella Bolla d’indizione. Potrà germogliare questo seme?
Su questo la voce del Papa si è fatta sentire già prima in occasione del Giubileo dei governanti, durante il quale ha ribadito l’esigenza di affrontare il debito ecologico. Poi Leone XIV ha rilanciato l’appello durante il Giubileo dei detenuti, usando però sempre il termine «forme» al plurale, invitando i governi a trovare quella che per loro è la soluzione più efficace. Proprio durante l’evento giubilare dedicato alle persone recluse, alcuni magistrati in un convegno hanno formulato proposte per risolvere il problema della sovrappopolazione delle carceri. Quindi direi che la voce di papa Francesco e quella di Leone XIV hanno provocato riflessioni che ci auguriamo possano quanto prima trovare spazio nel dibattito pubblico e soluzioni a livello parlamentare.
Un momento che non dimenticherà?
Tra i tanti che potrei citare, c’è sicuramente il Giubileo degli adolescenti che ha coinciso con i funerali di papa Francesco. Quei ragazzi, con il loro entusiasmo travolgente, hanno saputo commuoversi profondamente davanti a un momento di tristezza come quello delle esequie del Papa. Poi certamente c’è l’esperienza unica di Tor Vergata, durante il Giubileo dei giovani, dove un milione e duecentomila giovani hanno coniugato il tempo della festa con una lunga esperienza di silenzio e di preghiera. Credo che questa rimanga l’icona più bella del Giubileo della speranza. Vorrei sottolineare infine anche la bellezza delle mostre della rassegna “Giubileo è cultura”, grazie alle quali centinaia di migliaia di persone hanno potuto osservare da vicino capolavori di Dalì, Chagall, El Greco e ora Caravaggio e Rubens, nella chiesa di Sant’Agnese in Agone.
Questo Anno Santo ordinario si potrebbe dire “straordinario” per molti motivi, primo fra tutti, ovviamente, la morte di Bergoglio e l’elezione di Prevost che hanno modificato calendari e programmi. Come avete gestito questi momenti?
L’organizzazione di un Giubileo non è semplice. A livello logistico le difficoltà, grandi e piccole, sono state affrontate insieme alle autorità civili, grazie al Tavolo istituzionale, che io stesso avevo proposto all’allora presidente del Consiglio, Mario Draghi, e alla Cabina di coordinamento del Giubileo. Sono contento anche che sia stato creato un neologismo per descrivere questa sinergia politica e istituzionale: il “metodo giubileo”. È bello perché fa capire come un’esperienza spirituale abbia saputo creare un’autentica collaborazione tra governo, regione e comune di Roma. Un risultato unico.
Fra otto anni è già tempo del Giubileo della Redenzione…
Questo Giubileo è stato preparato in un anno e mezzo, ma ce ne vorrebbero almeno cinque. Non dimentichiamo che l’Anno Santo del 2033 è paragonabile, per profondità del significato, al grande Giubileo del 2000. Questi due millenni dalla Redenzione dovranno essere preparati e vissuti dalla Chiesa, con una intensità senza paragoni, ma saranno un’altra prova anche per Roma. Per l’Anno Santo appena trascorso sono state circa 200 le opere, tra nuove infrastrutture e ristrutturazioni, realizzate per rendere la città più accogliente, bella e sicura per tutti.
L'arcivescovo Rino Fisichella, pro-prefetto del Dicastero per l’evangelizzazione
L'arcivescovo Rino Fisichella, pro-prefetto del Dicastero per l’evangelizzazione

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