mercoledì 30 aprile 2025
Dichiarata l'emergenza nazionale. Migliaia di evacuati. Canadair anche dall'Italia. Netanyahu: «C'è il rischio che il vento spinga le fiamme fino a Gerusalemme»
Gli agenti bloccano l'autostrada 1, che collega Tel Aviv e Gerusalemme, all'altezza di Latrun nel centro di Israele: il fumo degli incendi ha invaso le corsie

Gli agenti bloccano l'autostrada 1, che collega Tel Aviv e Gerusalemme, all'altezza di Latrun nel centro di Israele: il fumo degli incendi ha invaso le corsie - Ansa

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L’esercito israeliano lotta contro il fuoco degli incendi boschivi, accanto ai vigili del fuoco. E il ministro della Difesa, Israel Katz, ha dichiarato l'emergenza nazionale. Complici le temperature elevate e la siccità, il Paese è nella morsa delle fiamme. Nel giorno in cui si celebrava la memoria dei caduti nelle guerre, quasi tutti gli eventi sono stati cancellati a Gerusalemme e a Tel Aviv. Saltato anche il raduno in piazza degli ostaggi organizzato dal Forum dei familiari. Annullate tutte le manifestazioni in programma per il 1° maggio, Giorno dell’Indipendenza. Evacuate comunità a una trentina di chilometri da Gerusalemme, almeno 7mila gli sfollati. Il fumo nero ha interrotto l’autostrada 1, che collega Tel Aviv a Gerusalemme. Il premier Benjamin Netanyahu, in un video dal suo ufficio, ha rincarato l'allarme: «Il vento da ovest può spingere le fiamme facilmente verso la periferia di Gerusalemme e anche verso la città stessa». Chiesto l’aiuto internazionale a Italia, Cipro, Grecia, Croazia e Bulgaria. Dall’Italia sono partiti due Canadair. Il ministro degli Esteri, Antonio Tajani, ha raccomandato a Tel Aviv di chiedere a Bruxelles che sia attivato il meccanismo di protezione civile dell’Unione Europea.

E non è solo un sospetto che dietro il fuoco, ad alimentarlo, ci sia la mano di Hamas. Nelle stesse ore in cui sono divampati i primi roghi sulle colline di Gerusalemme, in almeno cinque focolai, su Telegram è spuntato un messaggio del gruppo terrorista palestinese che incitava a «bruciare tutto: boschi, foreste e case dei coloni... Gaza attende la vendetta dei liberi». Dalla Cisgiordania, sempre su Telegram, Jenin News Network ha esortato a «bruciare i boschi vicino agli insediamenti»: «La benzina e una scintilla possono trasformare un’entità in un inferno di fuoco. Gli insediamenti e le loro foreste sono il tuo obiettivo». Alle indagini, con la polizia, partecipa anche lo Shin Bet, l’intelligence per la sicurezza interna. E sono già scattati i primi arresti: nell’area vicino a Gerusalemme, tre persone sono state fermate con l’accusa di incendio doloso.

Prima che l’emergenza s’impadronisse di Israele, in mattinata diversi ministri erano stati contestati nelle cerimonie per il Giorno della memoria dei caduti. A Tel Aviv, il ministro dell’Agricoltura Avi Dichter era stato accolto da urla di «Tutti, adesso!», in riferimento ai 59 ostaggi ancora a Gaza. A Ramle la ministra della Giustizia sociale, May Golan, era stata chiamata «traditrice» da alcuni dimostranti. A Holon, mentre parlava la ministra dei Trasporti Miri Regev, sono stati issati cartelli con i nomi degli ostaggi. In una sinagoga di Ra’anana, estremisti di destra hanno attaccato una cerimonia in cui ebrei e palestinesi commemoravano insieme i rispettivi caduti: tre persone sono state fermate per aver lanciato pietre e petardi. Cerimonie simili si sono svolte, come avviene da vent’anni, a Giaffa (Tel Aviv) e a Beit Jala in Cisgiordania, con la partecipazione dei familiari di alcune vittime degli attacchi del 7 ottobre e di palestinesi uccisi a Gaza.

Mentre nella Striscia si combatte, sarebbe salito a 52.400 il numero dei morti e a oltre 118mila quello dei feriti, con 2.308 vittime e 5.973 feriti dalla ripresa delle ostilità il 18 marzo. Nell’ultima giornata, sempre stando ai dati del ministero della Salute di Hamas, sarebbero state uccise 38 persone.

Un raid israeliano ha colpito anche in Siria. Tel Aviv ha parlato di «avvertimento» contro un «gruppo estremista che si preparava ad attaccare la popolazione drusa della città di Sahnaya» vicino a Damasco. «È stato inviato un messaggio duro al regime siriano – ha detto Netanyahu –: Israele si aspetta che agisca per impedire danni alla comunità drusa». I drusi abitano una regione fra Israele, Siria e Libano. Ieri mattina dimostranti drusi avevano bloccato l’autostrada 85, fra Acri e Karmiel, nel nord di Israele, per protestare contro «il danno arrecato ai drusi in Siria». Il leader spirituale dei drusi israeliani, sceicco Muafek Tarif, ha lanciato un appello al governo perché impedisca «il massacro in Siria». Un gesto particolarmente significativo nella giornata dei caduti, dal momento che i drusi sono tradizionalmente leali allo stato e molto presenti nell’esercito. È alto il numero dei drusi che si arruolano nelle Forze di difesa israeliane e che sono morti in guerra, anche a Gaza.

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