venerdì 12 febbraio 2021
Simbolo degli eccessi della “guerra al terrore” degli Stati Uniti, il carcere è da anni al centro di un acceso dibattito. Obama aveva promesso la stessa cosa, senza farla
Prigionieri a Guantanamo

Prigionieri a Guantanamo - Ansa

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Il presidente americano Joe Biden vuole chiudere Guantanamo, il simbolo degli eccessi della “guerra al terrore” degli Stati Uniti. Aperta dopo gli attentati dell'11 settembre la famigerata prigione, che si trova nell'omonima baia di Cuba, è da anni al centro di un acceso dibattito. Definendola una "vergogna" Obama aveva fatto della sua chiusura una promessa elettorale nel 2008. Una promessa non mantenuta. Donald Trump invece ne andava quasi fiero e si è impegnato, nei suoi quattro anni alla Casa Bianca, a mantenerla aperta smantellando tutti gli sforzi avviati dal suo predecessore per mettere fine a quello che da più parti è ritenuto un capitolo buio della storia americana. Per molti il supercarcere è infatti una delle realtà che più alimentano la propaganda jihadista. E gran parte del mondo, Europa compresa, ritiene il campo "immorale": per le condizioni estremamente dure di detenzione, per le tecniche di interrogatorio che molti hanno associato a vere e proprie pratiche di tortura, per i cosiddetti 'prigionieri per sempre, quelli condannati ad essere reclusi anche se nel corso degli anni non è stato trovato nulla a loro carico.

Il carcere di Guantanamo

Il carcere di Guantanamo - Ansa

Per rimuovere la “macchia” Guantanamo dall'immagine dell'America Biden ha così deciso di riprovare a chiudere il supercarcere e non è escluso, secondo indiscrezioni raccolte dalla Reuters, che decreti in questo senso potrebbero arrivare nelle prossime settimane o mesi. Di certo non si tratterà di un'operazione facile viste le profonde spaccature politiche e le innumerevoli diatribe legali che ruotano sulla prigione. Per il presidente però è una mossa per rilanciare l'immagine degli Stati Uniti nel mondo e girare pagina rispetto agli ultimi quattro anni di Trump. Si inserisce in questo quadro la decisione dell'amministrazione di far entrare negli Stati Uniti a partire dal 19 febbraio i richiedenti asilo costretti ad attendere in Messico un pronunciamento sul loro status da un programma varato dall'ex presidente. Ma anche la rimozione dei ribelli yemeniti filo-iraniani Houti dalla lista dei gruppi terroristici.

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