lunedì 9 settembre 2019
Il presidente aveva convocato segretamente a Camp David i leader ribelli e il presidente afghano Ashraf Ghani. Lo stop dopo l'ennesimo attentato
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Donald Trump non stava nella pelle. In testa negli ultimi giorni aveva un'idea fissa: annunciare a sorpresa lo storico accordo con i taleban e porre fine alla lunga guerra in Afghanistan proprio alla vigilia dell'11 settembre, esattamente 18 anni dopo gli attentati con cui al-Qaeda colpì al cuore l'America. Una mossa ad effetto, destinata a regalargli enorme prestigio e una notevole spinta verso la rielezione nel 2020. Per questo, nonostante lo scetticismo di molti dei suoi, aveva forzato la mano, convocando segretamente a Camp David i leader ribelli e il presidente afghano Ashraf Ghani. Li avrebbe incontrati separatamente, ma la speranza era di metterli alla fine attorno allo stesso tavolo e innescare la svolta.


Il presidente americano non aveva però fatto i conti con una situazione ben più complessa di quella immaginata, quella che da giorni il segretario di stato Mike Pompeo tentava di mettergli davanti agli occhi. Una situazione così intricata quella afghana che non a caso nessuno dei suoi predecessori è riuscito mai a sbrogliare, nemmeno Barack Obama che lo avrebbe voluto con tutte le sue forze. Ecco allora che di fronte ai recenti sanguinosi attentati di Kabul, l'ultimo dei quali ha provocato 12 morti tra cui un altro soldato americano, Trump si è dovuto arrendere alla realtà. E, riversando tutta la sua rabbia e la frustrazione su Twitter, ha cancellato l'appuntamento di Camp David sospendendo i colloqui di pace. "Che tipo di gente ucciderebbe così tante persone per tentare di avere più potere negoziale? Così hanno solo peggiorato le cose!", ha tuonato il tycoon.
Eppure nelle ultime settimane sembrava quasi fatta, dopo nove round di negoziati tra i vertici taleban e la delegazione Usa guidata dall'inviato speciale per l'Afghanistan Zalmay Khalizad. E nonostante lo scetticismo del governo Ghani che mal sopportava in questa fase l'essere escluso dalle trattative. La bozza di accordo finale era già pronta: prevedeva l'uscita graduale delle truppe Usa dal Paese entro 16 mesi, giusto prima delle elezioni presidenziali Usa, per permettere a Trump di aver mantenuto la promessa di riportare tutti i soldati a casa entro il suo primo mandato presidenziale. Nel dettaglio, una parte delle forze Usa, tra 5.00 e 5.400 militari, sarebbe rientrata entro 135 giorni dalla firma dell'intesa. Il resto dopo il necessario accordo tra i taleban e il governo di Kabul. Per molti un azzardo, sia per la sicurezza in Afghanistan sia per la sicurezza in America. E forse proprio questi timori sono dietro alla decisione del tycoon di mandare per ora tutto a monte. Il presidente Ghani, che era già pronto a volare negli Usa, tira un sospiro di sollievo: "Il presidente Trump ha fatto bene", ha detto il portavoce Sedi Sediqqi, sottolineando la cronica inaffidabilità dei ribelli e rilanciando la posizione di Kabul: "Ora i taleban devono trattare direttamente col governo afghano, anche se per adesso non ci sono le condizioni". Minaccioso il portavoce taleban Zabiullah Mujahid: "Gli Usa pagheranno un prezzo per questo". Ma alcuni osservatori sottolineano come anche molti ribelli afghani abbiano accolto con un sospiro di sollievo la cancellazione del meeting di Camp David: per loro partecipare a un incontro alla presenza di Ghani - considerato a capo di un governo "lacchè" di una potenza occupante - sarebbe stato un "suicidio politico". E proprio il riconoscimento reciproco delle parti afghane é uno degli ostacoli principali che dovranno essere superati se davvero si vuole la pace nel Paese.


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