sabato 19 marzo 2022
La percezione che l’apparato militare di Mosca sia molto meno efficace del previsto potrebbe indurre il fronte occidentale cercare di mettere Putin all’angolo. Con alcuni pericoli da non sottovalutare
24° giorno di guerra / La debolezza russa rischia di allungare il conflitto
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Se si confrontano le cartine colorate dagli analisti militari inglesi l’11 marzo e poi una settimana dopo, si notano pochissime aggiunte di segni rossi corrispondenti all’avanzata russa. Il più importante è quello su Mariupol che, se conquistata definitivamente, darebbe a Mosca il completo controllo dell’accesso al Mare d’Azov sul territorio ucraino. Gli altri, piccoli avamposti conquistati sono a Nord e a Est, nulla di strategicamente decisivo. Ma dall’11 marzo si è continuato a combattere furiosamente, con pesanti bombardamenti da parte delle forze d’invasione e dure ed efficaci azioni di contrattacco dall’altra parte. Muoiono soldati (generali compresi) e persone non belligeranti, le città vengono distrutte, ma il conflitto non sembra premiare nessuno dei due contendenti.

Si può forse spiegare con questa chiave di lettura lo spostamento di linea diplomatica compiuto da alcuni Paesi o la prolungata cautela di altri. Dalla prospettiva americana e britannica, ci si aspettava forse una capitolazione rapida di Zelensky, cui si era pronti a offrire asilo per tentare di coordinare da lontano la resistenza partigiana. Piuttosto sorprendentemente, invece, l’esercito regolare e le truppe territoriali (quelle arruolate nelle ultime settimane) non solo stanno reggendo l’urto della terza forza militare convenzionale del Pianeta, ma addirittura, in alcune zone, la stanno mettendo in forti difficoltà.

Questo cambio di scenario è probabilmente ciò che spinge Joe Biden e Boris Johnson ad alzare i toni con Vladimir Putin. Il presidente americano lo ha chiamato “criminale e assassino”, responsabile di crimini di guerra. Il premier britannico ha detto che sarà impossibile riprendere normali relazioni diplomatiche con l’uomo forte del Cremlino. E anche altri leader sembrano intenzionati a sostenere le accuse di atrocità commesse in Ucraina alla Corte penale internazionale dell’Aja.

Questo significa che si comincia a pensare che il presidente russo non uscirà vincitore da questa tragica avventura. Non che si pensi a una sua imminente defenestrazione da parte di generali che lui stesso ha nominato, insofferenti degli ordini sbagliati. Piuttosto si può ipotizzare un suo ridimensionamento sullo scacchiere internazionale, anche dopo un compromesso con l’Ucraina per porre termine alla guerra. La forza dell’apparato di Mosca si è rivelata infatti ben inferiore di quella temuta. Il rischio di questo approccio è però chiaro. Lo Zar non è certo disposto a recedere facilmente dai suoi propositi (al di là della retorica dei comizi). La vera minaccia russa è data dall’arsenale nucleare e chimico. Nessun capo di Stato responsabile verso il suo Paese e il mondo comincerebbe un conflitto con armi non convenzionali. Ma le intenzioni dei vertici russi sono imperscrutabili.

Biden e Johnson potrebbero scommettere su un Putin abbastanza razionale da non imbarcarsi in avventure senza ritorno e, quindi, continuare a sostenere militarmente e diplomaticamente Zelensky al fine di ottenere un accordo non faccia troppe concessioni al Cremlino. Tale scelta avrebbe come conseguenza un allungamento della guerra. È per questo, si può pensare, che la stessa Cina stia alla finestra, senza sbilanciarsi decisamente da una parte o dall’altra, consapevole che ha da guadagnare con l’indebolimento dei suoi rivali globali. Dopo il colloquio al massimo livello tra Pechino e Washington, tra ministri degli Esteri è sembrato riaprirsi un canale con Mosca.

Sergei Lavrov nelle ultime ore è stato impegnato anche in dichiarazioni bellicose con l’Italia, prospettando conseguenze irreversibili se il nostro Paese amplierà lo spettro delle sanzioni. Non si parla di usare l’arma del gas, ma le schermaglie verbali possono anche essere lette come un segnale di nervosismo rispetto agli strumenti economici che si stanno dimostrando efficaci.

Sul campo, la Russia ha lanciato il primo missile ultrasonico Kinzhal e non risparmia fuoco su obiettivi civili. Se non fosse che si continuano a contare le vittime e i profughi in fuga dal Paese, e che quindi è necessario fare presto, si direbbe che la partita diplomatica, per come si è evoluta nel 24° giorno di guerra, faccia prevedere manovre tortuose e tempi lunghi. Il faccia a faccia Putin-Zelensky, proposto da quest’ultimo, sembra ora dolorosamente lontano.

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