Il racconto della maestra Mariam: «Negli occhi degli studenti a Gaza c'è solo paura»
Sotto i teloni a Deir al-Balah, si cerca di riannodare la vita dei giovani alunni: «Dopo la fame degli ultimi mesi, i piccoli sembrano avere più energie»

«Non è possibile fare un confronto tra com’erano i bambini prima che cominciasse questa guerra e come invece sono adesso, dopo due anni. Ora hanno paura di tutto. Timore e tristezza si vedono distintamente nei loro occhi», scrive l’insegnante su Whatsapp. Dalle tende dove vivono, lei li osserva ogni giorno arrivare in classe sotto i teloni della Al-Shaikh Mohammed Abu Lyya School di Deir al-Balah, nella Striscia centrale. Mariam Zaqout è una delle quattordici insegnanti della scuola. Racconta ad Avvenire quanto sia difficile, di questi tempi, il suo lavoro, ma anche di come si comincino a riconoscere i primi segni della tregua, per quanto precaria, mal rispettata e instabile sia. Si nota «soprattutto dopo la grave fame degli ultimi tre mesi, luglio, agosto e settembre, quando vedevamo che i bambini a scuola erano affetti da malnutrizione. Oggi, sembrano avere più energia». Sono circa 637.500 i minori in età scolare rimasti senza accesso continuativo all'istruzione formale e in presenza nella Striscia, secondo l’ultimo report diffuso dall’agenzia Ocha delle Nazioni Unite che riporta le valutazioni dell’Education Cluster codiretto da Unicef. Per il ministero dell'Istruzione controllato da Hamas, ad oggi sarebbero oltre diciottomila e cinquecento gli studenti rimasti uccisi nel conflitto. A fine ottobre, una prima valutazione ministeriale sulle trecentonove scuole pubbliche esistenti ha rilevato che il 47% delle strutture è stato completamente distrutto, il 15% lo è stato parzialmente, il 18% ha subito danni da moderati a medi, il 9% significativi (il resto è inaccessibile).
«Il sistema scolastico regolare è stato sospeso dal 7 ottobre 2023 – prosegue Mariam Zaqout –. Le strutture governative e dell’Unrwa, che sono le scuole ufficiali a Gaza, si sono riempite di sfollati (103 quelle pubbliche ancora oggi utilizzate come rifugio, ndr). Perciò è stato difficile continuare a studiare. Si sono create così tende-scuola temporanee. Il nostro istituto prima della guerra non esisteva, è nato per riprendere il processo educativo». Ad affollare le sedici tende sono circa tremila alunni, dai 6 ai 16 anni. «Lavoriamo dalle 7 del mattino alle 4 del pomeriggio su tre turni, dal sabato al giovedì», spiega il professore Maher Jouda, che prima del conflitto insegnava all’Università Al-Quds e ora è preside della Abu Lyya School. Il suo istituto è uno dei 256 spazi temporanei di apprendimento (Tls) operativi ad oggi nella Striscia per l’istruzione, in totale, di 139.164 bambini. Di quegli spazi, quarantadue sono gestiti dall'Unrwa. «Il nostro non è un centro Unrwa, ma è comunque registrato presso il ministero dell'Istruzione. Siamo un centro didattico supportato dall'Unicef, di livello elementare e secondario», aggiunge il preside. L’attività educativa ha vissuto momenti di sospensione. «A luglio le lezioni sono state interrotte per un'operazione militare durante la quale gli israeliani hanno poi colpito e raso al suolo la struttura. Non ci sono state vittime. Dopo un mese la scuola è stata rimessa in piedi, utilizzando altre tende» prosegue la docente. Le chiediamo come abbia gestito in classe i momenti peggiori degli attacchi. Nella sua risposta, Mariam Zaqout non utilizza il tempo passato. Tregua o non tregua, parla al presente. «Quando si verificano bombardamenti ravvicinati, cerchiamo di calmare gli studenti e di tenerli a scuola. Chiediamo di mantenere la calma. Quando la situazione si fa distesa, li accompagniamo fuori pacatamente. Gestire un gran numero di bambini che hanno vissuto evacuazioni, sfollamenti e perdite non è facile. Richiede responsabilità impegnative, immense. Per loro sono un'insegnante, un'animatrice delle attività collaterali, e devo anche essere pronta a qualsiasi situazione di emergenza». Nelle tende della Abu Lyya School si distribuiscono biscotti. «Gli aiuti stanno raggiungendo Gaza – conclude Mariam Zaqout – e il cibo si fa più disponibile. Temiamo però che la carestia possa fare ritorno nella Striscia. Noi qui continuiamo a fornire un’istruzione, nonostante tutto».
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