Così le persone autistiche potranno vivere da sole, nelle case che hanno disegnato

L'iniziativa di Fondazione Santa Rita da Cascia permetterà a cinque ragazzi di abitare insieme in Umbria. Emanuele: «Mi hanno ascoltato come mai successo prima»
December 21, 2025
Così le persone autistiche potranno vivere da sole, nelle case che hanno disegnato
Emanuele B. ed Emanuele Z. in attività con due educatrici / Fondazione Santa Rita da Cascia
Marco attaccherà un piccolo canestro alla porta della sua camera. Emanuele Z. ha chiesto una grande libreria, Andrea un angolo per la lettura, Mario una poltrona con il poggiapiedi ed Emanuele B. una stanza completamente rossa. Sono questi i desideri di cinque adulti autistici, dai 18 ai 45 anni, che dal 2027 vivranno insieme autonomamente nel “Dopodinoi”, una residenza a Bastia Umbra, in provincia di Perugia, interamente finanziata dalla Fondazione Santa Rita da Cascia Ets. Sarà un villino che a pieno regime ospiterà dodici persone, ma che non avrà mai «stanze per autistici» pensate da esperti e pedagogisti, perché a decidere su colori, letti e armadi saranno proprio gli inquilini. Una possibilità a cui, inizialmente, non hanno creduto neppure loro. «So di essere autistico, ma mi hanno ugualmente messo fin da subito al centro di tutto. Non mi era mai capitato prima – racconta ad Avvenire Emanuele B., 19 anni –. Io sono già abbastanza autonomo, ma adesso sarà tutto migliore. Al pensiero di lasciare casa sono eccitato, ma ho anche paura e ansia. Mi mancherà il mio cane Pongo».
Marco, Mario ed Emanuele Z. (da destra a sinistra) nel villino / Fondazione Santa Rita da Cascia
Marco, Mario ed Emanuele Z. (da destra a sinistra) nel villino / Fondazione Santa Rita da Cascia
Progettare una abitazione insieme a persone autistiche, in realtà, non è un lavoro semplice. L’autismo, che in Italia coinvolge circa 600mila persone (dati Osservatorio nazionale autismo), non è una malattia e non è necessariamente una condizione invalidante ma, come disturbo del neurosviluppo, rischia di complicare molte dinamiche sociali. «Le problematiche riguardano principalmente le relazioni, con difficoltà di comprensione dei contesti sociali. E con l’età adulta le speranze di miglioramento diminuiscono», spiega il pedagogista Angelo Trecca. Per questo, la costruzione di una casa ha richiesto a Fondazione Santa Rita da Cascia il ricorso ad approcci sperimentali.
Grazie alla consulenza scientifica del Politecnico di Torino, l’ente ha perfezionato il metodo della “co-progettazione mediata” che, in pratica, consiste nel mettere i futuri inquilini al centro del processo di design degli interni. Nella prima fase, ai cinque ragazzi è stato chiesto di raccogliere idee sulla loro casa dei sogni: letto, armadi e posizioni nella stanza. «Alcuni hanno scelto di portarsi via qualcosa dalle loro case di provenienza, altri invece hanno voluto tutto nuovo – spiega Jessica Barbanera, educatrice dell’Associazione nazionale dei genitori di persone con autismo (Angsa) che ha coordinato il dialogo tra inquilini, Politecnico e progettisti –. Mi piace immaginarli come un gruppo di studenti fuori sede che condivide lo stesso appartamento, ognuno con le proprie potenzialità e capacità». Andrea è il più preoccupato di andare a vivere da solo. Marco, anche se fatica a esprimersi a parole, quando è in casa con gli altri si mostra più rilassato e sorridente. «Tutti desiderano essere autonomi – continua la coordinatrice Angsa Umbria –. La casa sarà uno spazio tutto loro e questo li aiuterà a trovare un’indipendenza felice».
Il cantiere al villino di Bastia Umbra, in provincia di Perugia / Fondazione Santa Rita da Cascia
Il cantiere al villino di Bastia Umbra, in provincia di Perugia / Fondazione Santa Rita da Cascia
Dopo aver raccolto le idee, i progettisti hanno preparato una serie di proposte che gli inquilini hanno selezionato, commentato e modificato. Aggiungendo spazi per disegnare, poltrone massaggianti e librerie. «Di solito le strutture sono temporanee e standardizzate, ma in questo caso i ragazzi sono stati coinvolti completamente nel progetto. Abbiamo ascoltato tutte le loro necessità: è per questo che non dedicheremo uno spazio esclusivo alle “zone calme”, ma creeremo un piccolo angolo con poltroncina in ogni stanza», come preferiscono i ragazzi. A spiegarlo è la consulente scientifica del Politecnico di Torino Daniela Bosia, che ha fatto ricorso alla tecnologia per venire incontro ad alcune delle esigenze tipiche delle persone autistiche: in casa saranno presenti sistemi domotici per modulare sia la luce artificiale sia quella naturale, telecomandi per gestire automaticamente le tapparelle e camere di videocontrollo a disposizione dell’educatore che supporterà gli inquilini nella vita autonoma, senza ledere la loro privacy.
A lavori conclusi, nel 2027, per i cinque ragazzi arriverà il momento di abbandonare le proprie case o le proprie comunità di riferimento. Un sollievo e una speranza per molte famiglie: «Il “Dopodinoi” è una cosa bellissima per la mamma di un ragazzo con difficoltà – commenta Tina Baglioni, madre di Mario –. Non sai dove sbattere la testa, e invece si presenta una soluzione inaspettata». Ma non manca la preoccupazione. «Questo è l’aspetto più difficile da gestire – continua Baglioni –. Tutti eravamo felici di avere la possibilità di lasciarli andare a vivere da soli, ma abbiamo chiesto che avvenisse un po’ per volta».
Di fatto, il “Dopodinoi” offre l’opportunità di alleggerire le famiglie dal peso del lavoro di cura. Che grava perlopiù sulle donne, il 58% dei 7 milioni di caregiver in Italia (dati Cnel), e sui genitori anziani: un quinto dei caregiver ha superato i 65 anni e ogni anno si registra un invecchiamento. Per questo, è fondamentale che esperienze come quella di Fondazione Santa Rita da Cascia siano replicabili. «Vogliamo regalare sollievo ai genitori preoccupati per il futuro dei loro figli», commenta la direttrice generale della Fondazione Monica Guarriello, che confida nella possibilità di rendere il “Dopodinoi” imitabile in altri contesti: «Vogliamo garantire il diritto alla felicità di questi ragazzi, non solo all’autonomia e alla dignità». Al momento, l’investimento della Fondazione supera i 110mila euro ma è ancora in corso una campagna di raccolta fondi natalizia per completare i lavori, dal titolo “Quello che ci lega”.

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