Macron duro, Starmer sorridente, lo “sconosciuto” Stubb: i leader sotto la lente
Ripercorriamo, uno per uno, i profili e l'atteggiamento dei presidenti europei seduti ieri al tavolo della Casa Bianca con Trump e Zelensky. Con Meloni seduta a sinistra del tycoon (e non è un caso)

Sono ora definiti dal capo della Casa Bianca come «la prima linea di difesa» in vista di una tregua auspicabilmente vicina in Ucraina. Un punto a loro favore, innegabilmente. Ma per il momento, pochi osano paragonare i dirigenti europei giunti lunedì al vertice di Washington a un ‘team’ affiatato con un’idea pienamente condivisa delle prossime tappe verso una svolta duratura con il sostegno americano. Al cospetto di un Donald Trump tanto imprescindibile quanto temuto, già per la nota volubilità, le condotte dei diversi leader del Vecchio Continente hanno tradito il copione di un’Europa ancora in parte a geometria variabile, anche nelle relazioni con gli Usa.
Il francese Emmanuel Macron ha fatto poco per smentire chi gli rimprovera una sete di protagonismo internazionale considerato spesso poco propizio per compattare i ranghi continentali. Ben più degli altri, è stato lui a esibire un muso duro verso Mosca: «Lungi dal dichiarare vittoria, la pressione deve continuare», ha avvertito, smarcandosi dall’ottimismo di Trump: «Quando considero la situazione e i fatti, non credo che il presidente Putin voglia la pace in questo momento, ma forse sono troppo pessimista». In una parallela intervista al canale francese Lci, il capo dell’Eliseo ha pure definito Putin «un orco alle nostre porte». In prospettiva, nondimeno, è stato lo stesso Macron ad auspicare Ginevra come sede dei colloqui tra Putin e Volodymyr Zelensky.
Da parte sua, il cancelliere tedesco Friedrich Merz, che ha annunciato la tenuta dell’incontro Putin-Zelensky entro fine mese, sotto l’egida americana, si è mostrato molto più ottimista, sottolineando che sembra che «questi siano giorni decisivi per l’Ucraina». Per lui, le aspettative alla vigilia dell’incontro alla Casa Bianca sono state non solo raggiunte, ma «superate». Si entra dunque in una nuova fase, poiché «ora la strada è aperta a negoziati complicati». Ma ha avvertito che la logica premessa ai prossimi passi sarà un cessate il fuoco.
Un ottimismo di stampo più pragmatico è stato espresso dal premier britannico Keir Starmer, parso fin dall’inizio molto sorridente e pronto poi a commentare il versante operativo dell’evoluzione in corso, tracciando un bilancio asciutto dei due «progressi reali» visti a Washington: «Il primo è che la coalizione dei volenterosi lavorerà ora con gli Stati Uniti sulle garanzie di sicurezza». Accanto a ciò, figura «l’accordo secondo cui ci sarà un’intesa bilaterale tra il presidente Putin e il presidente Zelensky», a ridosso dell’incontro trilaterale con Trump.
La premier Giorgia Meloni, prima a giungere fra i capi di governo, ha enfatizzato nei propri commenti, ben più degli altri leader, la dimensione di unità transatlantica: «L’Occidente unito, per costruire la pace e garantire la sicurezza delle nostre Nazioni e dei nostri popoli», ha scritto su X, allegando pure una clip sul suo ritorno a Washington, come per ribadire la tesi di un ruolo di ponte transatlantico svolto da Roma. Nella scia di quanto già visto nei mesi scorsi, ampio risalto pure per la calorosa prossimità personale con Trump da parte della premier, seduta alla sinistra del presidente Usa.
Da parte sua, Ursula von der Leyen si è distinta insistendo pure sui progressi fatti «sul ritorno dei bambini deportati», scegliendo un tema di stampo umanitario che implicitamente sembra anche tener conto della non semplice “sintesi” fra gli umori e sfumature emersi fra i capi degli esecutivi europei.
Fra gli invitati, c’era poi a sorpresa il volto meno noto di Alexander Stubb, il presidente finlandese di centrodestra presentato in patria come ambizioso e avido d’esposizione mediatica, giunto alla Casa Bianca anche nella scia di una prossimità personale con Donald Trump costruita pure grazie alla comune passione per il golf. Lo scorso febbraio, Stubb aveva già traversato l’Atlantico per passare in Florida una giornata sportiva con il presidente americano. «È un ottimo giocatore di golf», ha commentato non a caso Trump parlando con Meloni in un fuorionda del vertice intercettato da microfoni rimasti accesi.
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