La svolta storica degli Usa: ora lo “ius soli” vacilla davvero

di Elena Molinari, New York
La Corte Costituzionale ha accettato di esaminare l’ordine esecutivo di Trump che limita fortemente uno dei pilastri della Costituzione americana: il diritto di cittadinanza alla nascita
December 8, 2025
Il presidente Usa Donald Trump
Il presidente Usa Donald Trump/ REUTERS
La Corte Suprema degli Stati Uniti ha accettato di esaminare la richiesta di Donald Trump di limitare fortemente lo ius soli. La scelta in sé segnala una svolta storica che mette in discussione uno dei cardini del XIV emendamento, pilastro della Costituzione americana, e tocca un valore fondamentale dell’identità nazionale statunitense: l’idea che l’America non è definita dai legami di sangue ma dall’appartenenza civile. Il caso nasce dall’ordine esecutivo firmato dal presidente Usa poche ore dopo l’insediamento di gennaio, che nega la cittadinanza automatica ai figli di immigrati senza documenti e a quelli nati da genitori con visti temporanei (studenti, lavoratori, turisti). Privilegi storici che per la Casa Bianca incentivano l’immigrazione illegale e il “turismo delle nascite”. Per i tribunali federali che lo hanno bloccato quasi subito, invece, l’ordine è in rotta di collisione con il testo costituzionale e con la giurisprudenza consolidata da fine Ottocento in poi. La Corte affronterà la questione nel 2026, con una sentenza attesa entro giugno. Qualunque esito avrà, peserà non solo sull’agenda migratoria di Trump, ma sul significato stesso di cittadinanza americana.
L’orientamento dei nove togati è difficile da prevedere. L’attuale Corte è composta da sei giudici conservatori contro tre progressisti. Tre di questi sei – Neil Gorsuch, Brett Kavanaugh e Amy Coney Barrett – sono stati nominati da Trump durante il primo mandato: un terzo dell’intero collegio. La composizione rende plausibile che la Corte ascolti con attenzione l’interpretazione “originalista” proposta dall’Amministrazione che escluderebbe dai benefici del XIV emendamento i figli di chi non è legalmente o stabilmente nel Paese.
Non è la prima volta che questa Corte interviene sulle mosse più controverse del secondo Trump, consegnando nella maggior parte dei casi vittorie legali al tycoon. Già nel 2025, con una maggioranza 6-3, i giudici hanno limitato drasticamente le ingiunzioni nazionali dei tribunali inferiori proprio in procedimenti legati allo ius soli: un successo per la Casa Bianca perché riduce la capacità dei giudici federali di bloccare le politiche presidenziali. La Corte ha poi dato via libera alla ripresa di alcuni rimpatri accelerati basati sull’Alien Enemies Act, revocando un blocco imposto da un giudice di grado inferiore. Il massimo tribunale Usa appare dunque disposto a riconoscere maggiore discrezionalità a Trump in materia di immigrazione.
Se il provvedimento del presidente fosse ritenuto costituzionale, centinaia di migliaia di bambini nati negli Stati Uniti non diventerebbero cittadini (circa 250mila nascono ogni anno da genitori senza documenti). Molti perderebbero l’accesso a programmi federali essenziali come l’assistenza sanitaria per neonati, i sussidi alimentari e gli aiuti alle famiglie povere. Si creerebbe inoltre una nuova categoria di persone che si considerano americane a tutti gli effetti ma non godono di cittadinanza e che vivrebbero nella precarietà giuridica.
Ma un eventuale assenso della Corte stabilirebbe anche un precedente incendiario: concederebbe a un presidente il diritto di riscrivere per decreto un emendamento costituzionale. Per gli Stati a guida democratica e le associazioni per i diritti civili che hanno fatto causa al governo Usa si tratta di una frontiera da non varcare. Sostengono anche che la cittadinanza per nascita è una promessa “solenne” di uguaglianza davanti alla legge, nata per garantire diritti agli ex schiavi e poi estesa a chiunque nasca negli Stati Uniti, salvo eccezioni minime (figli di diplomatici o eserciti stranieri). Se Washington dovesse fare marcia indietro, inoltre, il precedente sarebbe globale: gli Stati Uniti sono uno dei circa trenta Paesi, perlopiù nelle Americhe, che riconoscono lo ius soli in modo quasi universale. La più antica (e influente) democrazia costituzionale moderna invierebbe il segnale che la cittadinanza è un privilegio più legato allo status dei genitori che al luogo di nascita.

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