Erdogan «condanna» la stampa

Chiesto l'ergastolo per il direttore che svelò traffici d'armi con l'Is.
June 3, 2015
Recep Tayyip Erdogan contro tutti. Ma soprattutto contro la categoria che da sempre lo indispettisce maggiormente: i giornalisti. A tre giorni dal voto il presidente turco lancia la sua ultima sfida. Due giorni fa aveva minacciato il giornalista Can Dundar, direttore del quotidiano Cumhuriyet: la sua colpa è aver pubblicato, lunedì scorso, uno scoop a sua firma sulle armi consegnate dai servizi segreti turchi a gruppi siriani jihadisti. L’argomento è quanto mai indigesto al presidente, accusato, dentro e fuori la Turchia, di andare a braccetto sia con le frange più eversive dell’opposizione a Bashar al-Assad, sia con l’Is. La sua reazione non si è fatta attendere. Erdogan ha promesso a Dundar, che da sempre viene considerato uno dei giornalisti più seri e autorevoli, che avrebbe pagato l’articolo «a caro prezzo». Ieri, con una puntualità che alimenta dubbi sull’indipendenza della magistratura, è arrivata dalla Procura di Istanbul la richiesta di ergastolo per il giornalista. Can Dundar è stato accusato di spionaggio, la stessa sorte che, qualche mese fa, era toccata ai militari che avevano scattato le foto pubblicate da Cumhuriyet. Un braccio di ferro, quello fra Erdogan e la stampa di opposizione, che sembra inasprirsi sempre di più. E adesso la posto in gioco è particolarmente alta. Per ora l’azione di Erdogan e dei giudici di Istanbul sembra aver prodotto l’effetto contrario, almeno a livello di opinione pubblica. In poche ore Dundar e il suo giornale hanno ricevuto migliaia di manifestazioni di affetto e solidarietà, in testa quelle di Orhan Pamuk, il premio Nobel per la Letteratura, che è intervenuto dichiarando che «la democrazia non può essere sacrificata».Se quello di Dundar è il caso più eclatante e grave, purtroppo non è il solo. Baris Ince, direttore del quotidiano di sinistra Bir Gun, è sotto processo per aver offeso il presidente della Repubblica e rischia fino a 5 anni di carcere. La sua colpa è avere scritto articoli in cui denunciava la corruzione dilagante in ambienti molto vicini al partito ma anche alla famiglia del presidente. Un processo colossale, soprannominato nel Paese «Tangentopoli turca», e insabbiato a suon di demansionamenti, sostituzioni di capi di polizia e magistrati radiati dalla professione. Ma Erdogan ieri è andato a muso anche contro la stampa internazionale, infiammando la platea che lo ascoltava a Bingol, nell’est del Paese, con un discorso impregnato di nazionalismo, identità religiosa e ricorsi storici creati ad hoc. Il New York Times, la Bbc, l’Economist e altri media a diffusione mondiale sono stati da lui accusati di indebolire la Turchia per poi assoggettarla e disintegrarla. La “madre” di tutte le teorie dietrologhe della Mezzaluna, che però riesce ancora ad avere una presa incredibile sulla folla. Certo, sui social il gradimento del presidente è in grande calo. Migliaia di donne stanno aderendo alla protesta online, diventata virale, lanciata su Twitter con l’hashtag #SirtimiziDonuyoruz: postano una loro foto di spalle per stigmatizzare i commenti sarcastici fatti del capo dello Stato quando, giorni fa, un gruppo di donne si è messo, appunto, di spalle al suo passaggio per esprimergli disapprovazione. Rimane ora da vedere quante persone gli volteranno le spalle alle urne.

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