Choc in Darfur, frana stermina intero villaggio. Mille morti, un sopravvissuto
di Anna Pozzi
Il governatore della regione: tragedia umanitaria che va oltre i nostri confini, intervenite subito. Leone XIV esprime in un telegramma vicinanza a tutte le persone colpite dalla tragedia
«Le prime informazioni indicano la morte di tutti gli abitanti del villaggio, stimati in oltre mille individui, con un solo sopravvissuto». È un’immensa catastrofe quella che ha interessato, domenica scorsa, il villaggio di Tarasin e la zona circostante nella regione del Darfur (Ovest del Sudan).
A lanciare l’allarme è stato un comunicato del Sudan Liberation Movement/Army (Slm), che controlla la regione delle Marra Mountains, dove prolungate e ingenti piogge hanno provocato una frana «imponente e devastante che ha completamente raso al suolo» il villaggio. In questa regione remota, tra le montagne più alte del Sudan che superano i tremila metri, avevano trovato rifugio anche moltissime persone in fuga dai combattimenti in corso nel Darfur, una delle regioni maggiormente colpite dal conflitto civile scoppiato nell’aprile del 2023. Conflitto che vede opporsi l’esercito governativo e le Forze di supporto rapido (Rsf), ma che coinvolge anche altri gruppi e milizie, come appunto il Sudan Liberation Movement/Army, che è rimasto sostanzialmente al di fuori dei combattimenti, pur continuando a controllare l'area delle Marra Mountains, dove sono tuttora presenti le sue roccaforti.
«Facciamo appello alle organizzazioni umanitarie internazionali affinché intervengano con urgenza e forniscano supporto e assistenza in questo momento critico, perché la tragedia è più grande di ciò che il nostro popolo può sopportare da solo», ha dichiarato il governatore del Darfur, Minni Minnawi, parlando di una vera e propria «catastrofe».
«Facciamo appello alle organizzazioni umanitarie internazionali affinché intervengano con urgenza e forniscano supporto e assistenza in questo momento critico, perché la tragedia è più grande di ciò che il nostro popolo può sopportare da solo», ha dichiarato il governatore del Darfur, Minni Minnawi, parlando di una vera e propria «catastrofe».
In un telegramma a firma del cardinale segretario di Stato Pietro Parolin e indirizzato al vescovo di El Obeid, monsignor Yunan Tombe Trille Kuku Andali, si legge che il Pontefice «assicura a tutti coloro che sono stati colpiti da questa tragedia la sua vicinanza spirituale. Pregando in particolare per il riposo eterno dei defunti, per coloro che piangono la loro perdita e per il salvataggio delle molte persone ancora disperse».
Il disastro va ad aggiungersi e ad aggravare quella che è considerata una delle peggiori crisi umanitarie al mondo: attualmente, in Sudan, sono infatti presenti quasi 12 milioni di sfollati e circa 30 milioni di persone sono ridotte alla fame e praticamente senza aiuti.
Oltre 2 milioni di sfollati sono originari proprio del Darfur, dove continuano a verificarsi le peggiori stragi e atrocità. Organizzazioni internazionali come Human Rights Watch parlano esplicitamente di genocidio e pulizia etnica, mentre la Corte penale internazionale sta indagando, già da luglio 2023, sui massacri avvenuti in particolare nel Darfur Occidentale per crimini di guerra e contro l’umanità. Secondo Unicef, «almeno 4,7 milioni di persone - circa due terzi della popolazione del Darfur - subiscono direttamente le conseguenze del conflitto. Metà di essi sono bambini». La zona della frana era diventata un luogo di transito e di rifugio proprio per migliaia di persone in fuga soprattutto dal Darfur Settentrionale e in particolare dalla sua capitale El Fasher, assediata dalle Forze di supporto rapido, che la scorsa settimana hanno compiuto l’ennesima strage, bombardando un mercato, mentre pochi giorni prima avevano colpito uno dei più grandi ospedali della città, uccidendo personale sanitario e pazienti.
A causa dell’imperversare della guerra, in questa regione - come pure in tutto il Paese - è molto difficile se non impossibile far entrare aiuti umanitari, anche perché sia l’esercito governativo che le Rsf usano espressamente la carestia come arma di guerra.
Il Sudan Liberation Movement Army chiede ora assistenza umanitaria alle Nazioni Unite e ad altre organizzazioni regionali e internazionali. Ma l’arrivo degli aiuti è ostacolato, oltre che dal conflitto, dalle difficoltà logistiche e di accesso a quest’area montuosa particolarmente isolata, dove non è possibile arrivare in auto o con altri mezzi di trasporto via terra.
Il Consiglio Sovrano - organo di governo de facto del Paese - ha espresso il proprio cordoglio per «la morte di centinaia di residenti innocenti» nella frana delle Marra Mountains, dichiarando che sono state mobilitate «tutte le risorse possibili» per supportare l’area colpita. La popolazione locale, tuttavia, sta incontrando enormi difficoltà anche nel recuperare i corpi delle vittime per poterli seppellire e lamenta una drammatica carenza di cibo e medicine.
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