«Ho messo in salvo i miei e ho ripreso a lavorare»: il coraggio di una donna
di Redazione
La testimonianza di Nasrin dopo il violento terremoto che ha colpito l'altra notte l'Afghanistan nord-occidentale. Decine di vittime, danneggiata la Moschea blu

Un terremoto di magnitudo 6,3 ha colpito domenica notte una delle più grandi città dell’Afghanistan, Mazar-e Sharif, che conta 520mila abitanti, e la provincia di Samangan. Secondo il ministero della Salute dei taleban il bilancio provvisorio della potente scossa è di 20 morti e 320 feriti. La stima è destinata a salire con il procedere delle operazioni di soccorso, soprattutto perché il regime tende a sminuire la portata degli eventi catastrofici che colpiscono spesso il Paese. Le immagini del disastro che circolano sui social media raccontano di edifici crollati e di persone intrappolate sotto le macerie. Danneggiata anche la storica Moschea Blu, un sito dalla storia secolare tra i più importanti e frequentati del Paese. L’epicentro è stato localizzato 22 chilometri a ovest-sudovest di Khulm, a una profondità di 28 chilometri.
I terremoti continuano a mettere alla prova l’Afghanistan dei taleban, a corto di risorse e servizi per la gestione delle emergenze, soprattutto nelle aree interne dove le costruzioni sono già precarie perché realizzate con mattoni di fango e legno. «Con il calo delle temperature, migliaia di bambini nell’est del Paese devastato dal sisma stanno affrontando l’inverno con solo tende a proteggerli dalla pioggia e dalla neve – ha avvertito Save the children –. Ora, anche le famiglie del Nord del Paese stanno vivendo paura e incertezza dopo quest’ultimo potente terremoto. Quasi metà della popolazione afghana è bisognosa di assistenza: donatori e governi devono intervenire con finanziamenti flessibili e sostenibili che ci consentano di rispondere rapidamente alle emergenze, aiutando al contempo le comunità nella costruzione a lungo termine».
L’Ong Save the children ricorda di essere stata tra le prime organizzazioni internazionali a intervenire sul campo a Kunar, dove si è verificata la maggior parte delle quasi 2.000 morti confermate del terremoto del 31 agosto: anche in quel caso i taleban avevano parlato in un primo tempo di «decine di vittime».
“È successo ieri notte, intorno all’una. Ero ancora sveglia: avevo appena finito di lavorare e preso le mie medicine per dormire, quando all’improvviso un boato terribile ha riempito la casa e tutto ha cominciato a tremare. Nel buio, senza nemmeno capire cosa stesse succedendo, sono corsa a svegliare i miei fratelli e le mie sorelle per portarli fuori. Sono passate solo poche settimane dall’operazione di appendicite e ho ancora forti dolori, eppure ho trovato in me una forza che non sapevo di avere: ho preso in braccio i miei fratellini di 8 e 10 anni e li ho trascinati all’esterno, temendo che la casa ci crollasse addosso» è il racconto di Nasrin Mawlani, giovane fondatrice di un'attività di confezionamento e distribuzione di assorbenti igienici, Safe Pads, a Mazar-e Sharif, raccolto dall'associazione Nove Caring Humans che lo scorso luglio l'ha premiata con il secondo posto del Women Business Prize per la sua attività imprenditoriale.
E non c'è solo il terremoto a terrorizzare gli abitanti della regione. «Nell’ultimo periodo viviamo in uno stato di paura continua: il terremoto ha colpito le province orientali e, poco dopo, dal Pakistan sono iniziati nuovi bombardamenti. All’alba, quando il terrore della notte ha lasciato spazio alla luce, il mio primo pensiero — dopo essermi assicurata che la mia famiglia stesse bene — è andato alla mia attività. Sono corsa a vedere la piccola stanza che avevo costruito per produrre assorbenti sanitari: le pareti erano segnate da crepe profonde, tutto era sottosopra, come se qualcuno avesse scosso ogni oggetto con violenza. Ho chiamato le mie colleghe: abbiamo pulito ciò che restava e, nonostante i danni e la paura, abbiamo ricominciato a lavorare in quella stanza mezza distrutta. Quel luogo è il cuore del nostro sostegno alle donne della comunità; rinunciare non è possibile», conclude Nasrin.
«Siamo profondamente colpiti dal coraggio e dalla determinazione di questa donna - interviene Livia Maurizi, direttrice di Nove Caring Humans -. Nonostante la paura, la fragilità dopo l’operazione e i danni subiti, ha trovato la forza di proteggere la sua famiglia e, all’alba, di tornare al lavoro per non fermare ciò che sostiene lei e la sua comunità. L’Afghanistan oggi è un’emergenza nell’emergenza: terremoti, bombardamenti e crisi quotidiane schiacciano milioni di vite. Servono sostegno e attenzione immediata, per non lasciare sole le donne che ogni giorno resistono e ricostruiscono tra le macerie».
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