giovedì 1 aprile 2021
Prima intervista della viceministra degli Esteri Marina Sereni, che appena ricevuto la delega alla cooperazione, sul conflitto in Etiopia, il ruolo dell'Ue e dell'Italia per arrivare alla pace.
Marina Sereni

Marina Sereni - Ansa

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Pieno accesso degli operatori umanitari nella regione del Tigrai e una commissione d'inchiesta indipendente sui crimini contro l'umanità commessi dall'inizio del conflitto. L'Italia sposa la linea della fermezza lanciata dall'Ue e dagli Usa di Biden in una cornice di dialogo con Addis Abeba. Perché le priorità sono la pace, la stabilità e l’unità etiope. I legami con l'Etiopia sono stretti: siamo il secondo partner commerciale Ue e il nono mondiale, senza contare i legami storici, quelli con società civile e Ong costruiti in decenni di cooperazione e il ruolo della Chiesa cattolica. Con Marina Sereni, viceministra degli Esteri già nel governo Conte bis, fresca di delega alla Cooperazione, ripartiamo dal conflitto che sta lacerando da quasi cinque mesi l'Etiopia per arrivare alla cooperazione vista dal governo Draghi.


Dal primo marzo Marina Sereni è vice ministra degli Affari Esteri

e della Cooperazione Internazionale del governo Draghi

Incarico che ha ricoperto anche nel secondo governo Conte

Nata a Foligno (Perugia), si è impegnata da giovanissima

nelle organizzazioni studentesche e nel Movimento per la Pace

Per essere poi eletta, nel 1985, nel Consiglio Regionale dell’Umbria.


Che posizione ha l'Italia sul conflitto nel Tigrai dopo che lo stesso premier di Addis Abeba Abiy ha riconosciuto in Parlamento solo di recente la presenza di truppe eritree nel conflitto e le atrocità sui civili?

Vogliamo giocare un ruolo attivo e positivo. La situazione è allarmante, l’emergenza umanitaria molto seria. Si stanno deteriorando anche le condizioni di sicurezza e di stabilità in altre regioni del Paese e comunità internazionale e l'Ue in particolare devono occuparsi di questa situazione attraverso tre richieste fondamentali ad Addis Abeba. Anzitutto l'accesso pieno degli aiuti umanitari. Nelle ultime settimane il governo etiope ha snellito le procedure d'ingresso delle organizzazioni, tuttavia ci sono ancora difficoltà per la durata dei visti e problemi di sicurezza. Il secondo punto - su cui registriamo alcuni sviluppi del governo - è la fuoriuscita delle truppe straniere,in particolare quelle eritree, dalla regione. Terzo, domandiamo una indagine indipendente sui crimini contro l'umanità registrati dall'inizio del conflitto a novembre e documentati da organizzazioni come Amnesty e dalla stessa commissione per i diritti umani etiope. Si sta discutendo a Ginevra sulle condizioni per effettuare un 'indagine congiunta dell' Alto commissario per i diritti umani e la Commissione etiope. Per l'Italia è indispensabile un'indagine indipendente che accerti i crimini e trovi i responsabili.

Cosa farà sul versante umanitario e politico?

Abbiamo già deliberato contributi urgenti alle popolazioni attraverso Unhcr e Croce rossa. Stiamo aspettando che si concretizzi un volo umanitario con materiali sanitari organizzati con la Cri per l'aeroporto di Macallè. È importante continuare il dialogo con il governo etiope al quale chiediamo processi di riforma e riconciliazione che consentano al Paese di esercitare un ruolo positivo nella regione, attraversata da grandi tensioni. Lavoriamo con i nostri partner europei. L'Ue ha mandato in missione in Etiopia il ministro degli esteri finlandese Pekka Haavisto, il quale ha indicato la via del dialogo non conflittuale con Addis Abeba. L'Etiopia è un mosaico complesso di popoli ed etnie. L'idea di fondo del governo di Abiy è stata il superamento del federalismo "etnico" in nome di una democrazia partecipata da tutte le etnie, ma il Tplf, fronte popolare di liberazione del Tigrai, non ha accettato questo approccio e ha contribuito a novembre allo scoppio del conflitto. Se il governo centrale mantiene la capacità di avviare riforme sociali, politiche ed economiche può determinare stabilità. L'interesse italiano, europeo e e degli Usa è far sì che il Paese più importante della regione mantenga una struttura unitaria e si avvii verso elezioni credibili.

Parliamo più in generale del rapporto tra Africa e Italia. Come cambierà con la pandemia?

Il Covid 19 ha reso sempre più evidente l'interconnessione tra Africa ed Europa per i fenomeni che limitano lo sviluppo e causano grandi flussi migratori quali i mutamenti climatici, il terrorismo, i conflitti che portano alla povertà estrema. L'Italia sta investendo su dialogo politico e cooperazione, sempre più parte della politica estera. La cooperazione essere un tassello per la costruzione di soluzioni comuni e condivise per esempio sullo sviluppo sostenibile, con l'approccio del partenariato anche con la società civile africana.

Ma come si conciliano le poche risorse assegnate alla cooperazione con questa visione?<+TONDO50>

L'impegno preso dall'Italia è raggiungere entro il 2030 lo 0,7% del reddito nazionale dedicato all'aiuto pubblico allo sviluppo. Ora siamo allo 0,22. Rispetto all'anno scorso nel 2021 il segno è tornato positivo, ma questa cifra superiore non si è stabilizzata nel triennio. Non siamo in condizioni di fare svolte, ma di impegnarci per una costante inversione di tendenza non solo per ragioni di solidarietà e giustizia sociale, ma anche per rafforzare il sistema Italia nel mondo.

Riaprirà la scuola italiana all’Asmara chiusa da un anno?

Ufficialmente è stata sospesa dalle autorità eritree e noi abbiamo preso atto con rammarico della scelta di non proseguire. Da poco le scuole in Eritrea hanno riaperto e abbiamo registrato l'inizio di una riflessione sulla riapertura di una nuova iniziativa educativa in alcuni settori professionali.

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