giovedì 20 maggio 2021
Bocciata con il no del centro-destra e l'astensione dei socialisti. La norma consente anche ai 12enni il cambio di sesso, senza il consenso dei genitori, e l'autodeterminazione di genere nei documenti
L'aula del Parlamento spagnolo

L'aula del Parlamento spagnolo - Archivio Ansa

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Non si placano in Spagna le polemiche sulla così detta ley trans, bloccata dal governo socialista e ora fuori anche dal Parlamento. La nuova proposta legislativa, depositata martedì da Esquerra Republicana di Catalunya e dal Gruppo misto, che ricalca la bozza redatta a febbraio dal ministero dell’Uguaglianza diretto da Irene Montero di Unidas Podemos, non ha superato la prima grande prova: l’ammissione all’iter parlamentare.

L’opposizione del centro-destra, Partido Popular e Vox, ma soprattutto l’astensione del Psoe, hanno portato alla bocciatura, con 78 voti a favore, 143 contrari e 120 astensioni. Si è trattato di un escamotage al blocco in Consiglio dei ministri del controverso testo della Montero, che stabilisce la libera autodeterminazione del genere, rivendicata dalle associazione Lgtbq. E da queste considerata una «linea rossa invalicabile». Una fonte di aspri contrasti nella coalizione rosso-viola, ma anche all’interno del gruppo socialista. Con le critiche frontali del settore femminista più ortodosso, per il quale una legge-queer che riconosce diritti a «soggetti, corporalità ed esistenze più diverse e plurali», nega la differenza biologica binaria fra uomo e donna. E produrrebbe «effetti giuridici pieni» in base alla sola manifestazione di volontà di una persona. In altre parole, l’autodeterminazione di genere «offusca le donne come soggetto politico e giuridico, mettendo a rischio i diritti, le politiche pubbliche di uguaglianza e i passi avanti del movimento femminista».

Il testo stabilisce che una persona transessuale possa cambiare nome e sesso nel Registro civile con una mera dichiarazione, e senza una diagnosi di salute mentale e un certificato che avalli un trattamento ormonale di almeno 2 anni, previsti dalla normativa vigente fin dal 2007. Inoltre riconosce anche ai minori fra i 12 e i 16 anni la possibilità di sollecitare un cambio di sesso con l’avallo di un genitore o di un tutore legale e, nel caso in cui questi fossero contrari, prevede che sia «nominato un difensore giudiziario». Con l’argomento della "insicurezza giuridica", la vicepremier socialista Carmen Calvo aveva frenato già ad aprile l’esame della legge da parte dell’esecutivo, e reclamato più "garanzie legali", come documenti o testimonianze di terzi, per accreditare la situazione stabile di transessualità.

Lo stesso argomento è stato sostenuto nel suo intervento in aula dalla deputata Susana Ros, che ha giustificato l’astensione del Psoe per i contenuti «di dubbia costituzionalità» e «le insanabili carenze» relative alla sicurezza giuridica. La stessa spiegazione del "no" sostenuta dalla deputata del Pp Margarita Prohens. Sul fronte opposto, la ministra dell’Uguaglianza Montero ha sostenuto una difesa serrata del progetto "fotocopia" di quello del suo dicastero. «Avrebbe dovuto arrivare alla discussione in questa Camera, portato dal governo, ma non ci sono riuscita», ha detto. E ha ricordato che si tratta dello stesso testo che nel 2019 ottenne «l’appoggio unanime» di tutti i gruppi, compresi gli attuali "soci" di governo, ma non ultimò l’iter per la fine anticipata della legislatura.

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