domenica 6 gennaio 2019
Arriveranno 500mila persone in 5 anni, ma non a tutti sarà consentito di portare con sé la famiglia. Scavalcate, per necessità, molte «remore culturali»
Il primo ministro giapponese Shinzo Abe (Ansa)

Il primo ministro giapponese Shinzo Abe (Ansa)

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Con l’approvazione definitiva del Senato, il Giappone ha varato una legge che apre le porte all’immigrazione per lavoro regolata da un nuovo sistema di visti che consentirà, nelle intenzioni, condizioni di impiego adeguate e accesso a servizi indispensabili. Intento dei provvedimenti che diventeranno operativi il prossimo aprile è di attrarre forza-lavoro con modalità diverse da quelle in vigore che, se da un lato risultano obsolete anche rispetto agli interessi del Paese, dall’altro hanno aperto a clandestinità e sfruttamento. Non a caso le statistiche ufficiali indicano che in Giappone vi siano solo 2,5 milioni di stranieri, il due per cento della popolazione contro il 10-25 per cento delle altre nazioni più sviluppate.

Tokyo va quindi verso un cambio di direzione rispetto alla tradizionale chiusura verso il lavoro immigrato, applicata con rigidità a esclusione di alcune attività professionali come medici, avvocati e insegnanti oppure – con ampie zone d’ombra legale, abusi e sfruttamento – dell’immensa “industria” dell’intrattenimento. «Vorrei che vi impegnaste al meglio affinché il sistema possa operare in un modo che farà desiderare agli stranieri di lavorare e vivere in Giappone», ha esortato i suoi ministri il premier Shinzo Abe dopo l’approvazione definitiva della legge, ma è chiaro che non sarà una “sanatoria” e nemmeno un’apertura indiscriminata, dato che riguarderà mezzo milione di individui entro il 2025, impiegati in attività dove più si concentra la scarsità di personale, conseguenza di un calo demografico e invecchiamento della popolazione ugualmente drammatici.

Sostanzialmente, a beneficiarne saranno i cittadini di nove Paesi asiatici che hanno finora dimostrato di essere per il Giappone il maggior bacino potenziale di manodopera e di maestranze semi-qualificate: Cambogia, Cina, Filippine, Indonesia, Mongolia, Myanmar, Nepal, Thailandia, Vietnam e che la possibilità d’impiego sarà ristretta a soli 14 settori, tra cui agricoltura, edilizia, ristorazione e assistenza infermieristica. I nuovi visti consentiranno a stranieri maggiorenni di proporsi in base a due diverse tipologie.

Il primo garantirà la residenza provvisoria fino a cinque anni a chi disporrà di conoscenza di base della lingua giapponese, cultura adeguata, caratteristiche professionali richieste. Ai 345.150 lavoratori accoglibili nel quinquennio per questa categoria non sarà concesso di avere accanto la propria famiglia. Il secondo visto, rinnovabile e in teoria estendibile per un tempo indefinito dopo il primo rilascio, è pensato per professionisti che potranno accedere a occupazioni migliori. In questo caso, il numero di permessi dipenderà dalle necessità che si presenteranno e chi ricadrà in questa categoria potrà avere con sé i familiari. Per tutti, le possibilità di cambiare tipologia di impiego e posto di lavoro saranno limitate, mentre sono previste assunzioni stagionali nell’agricoltura e nell’industria della pesca.

La maggioranza dei provvedimenti previsti dalla legge (126, per un costo preventivato per il biennio fiscale che termina nel 2021, di 22,4 miliardi di yen, circa 19 milioni di euro) garantiranno agli immigrati accesso a servizi essenziali, tempi inferiori a quelli attuali per arrivare alla residenza, maggiore comprensione della lingua e della cultura locale, ma anche preparazione professionale integrativa e tutela legale. Diversi i punti di rilievo di una regolamentazione che ribadisce senza alcuna ambiguità che garantirà un percorso sicuro ma limitato al lavoro immigrato, con tempi e modalità rigidi e, in buona sostanza, nessuna possibilità di cittadinanza automatica.

La gestione avverrà attraverso appositi strumenti concordati direttamente tra i governi, con effetti positivi, come l’esclusione di individui e organizzazioni che hanno finora agito da intermediari, lucrando sulle necessità dei lavoratori ma anche esponendoli a rischi e abusi una volta giunti a destinazione. In Giappone, poi, è prevista la creazione di un centinaio di centri di servizio che forniranno in 11 lingue informazioni e consigli utili agli immigrati per consentirne maggiore integrazione e aiutarli a risolvere eventuali problemi.

EDITORIALE Fare i conti con la realtà di Maurizio Ambrosini

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