Un cicciobello
Ci si prepara a tutto: ai corsi preparto, alle notti insonni, ai pannolini. Ma non al momento in cui, da padre, ti scopri improvvisamente straniero a te stesso

Essere padre oggi non è un ruolo, ma un cammino incerto, fatto di domande più che di risposte. Inizia qui il racconto di un uomo qualunque che prova a riconoscersi nel proprio essere genitore. Con il disincanto, la paura e la tenerezza che accompagnano ogni autentica ricerca
«Non è possibile esercitarsi in due con un unico figlio», dice lei. «E quindi?» chiedo io, il solo uomo presente nella stanza in quella mattina di oltre tredici anni fa. «Può usare questo».
Ecco, il primo ricordo pubblico del mio essere padre è legato ad un bambolotto di plastica, gentilmente offertomi dalla insegnante, all’inizio della prima lezione del corso massaggi per neonati.
In quel momento – circondato da una decina di altre mamme che mi osservavano, credo con un misto di curiosità e compassione – anche a me sembrava naturale che fossi io, e non mia moglie, a dovermi accontentare di quel figlio surrogato.
Come se, più che l’essenza del seme, fosse importante il terreno in cui lo stesso era cresciuto: e, senza ombra di dubbio, ogni madre parte con almeno 9 mesi di vantaggio.
Però, a ripensarci meglio ora, il vero discrimine credo sia quello che avviene ancora prima del rapporto sessuale: dimora nel concetto stesso del concepire, inteso come «accogliere nel proprio animo, cominciare a sentire, a provare, a nutrire un certo sentimento» (cit. vocabolario Treccani), per poi intendere ed iniziare così a capire cosa possa significare il diventare padre.
Dunque, la domanda – scomoda - di quella insegnante di massaggi avrebbe potuto invece essere: chi, all’interno della coppia, ha davvero concepito l’idea di diventare padre? «Ti ha convinto tua moglie o la tua compagna? O l’ambiente che ti circonda? O non ci ha neppure pensato? Bene, tieniti allora il cicciobello».
Mentre scrivo sto pensando a quanti di quei futuri padri che avevo conosciuto, alcuni mesi prima, al corso preparto potevano invece davvero dirsi, come me, artefici del proprio destino.
Attaccati al comodo rifugio di una manualistica ancora poco diffusa sul tema della paternità, vi abbiamo disperatamente cercato dentro un libretto delle istruzioni che inevitabilmente non siamo riusciti a trovare. Ma ci siamo ugualmente messi in cammino, con molto entusiasmo e con un pugno di note strampalate, quasi come quelle che usiamo al supermercato, scolpite a futura memoria per essere sicuri di non scodarcele strada facendo.
Ma come tutte le questioni della vita, il tempo può riservare sorprese e – fortunatamente – mettere in crisi anche le più granitiche certezze iniziali. E così, come a nulla mi è servita (seppure consigliata da una amica medico) la faticosa fruizione di una decina di video su Youtube per superare la paura di entrare in sala parto, arriva - prima o poi – un momento in cui tutte le certezze del saper-essere padre sembrano evaporare, e con esse (quasi come un velenoso contagio) quelle del voler-essere.
A me tutto questo pare essere successo con l’inizio della preadolescenza del mio primo figlio, oggi quasi quattordicenne, rafforzata ora con quella della sorella di tre anni più piccola: credo di essere in buona compagnia, ma questo non mi consola.
Sono momenti questi in cui ci sembra di non sapere più nulla, e quindi il nostro essere padre diventa sconosciuto. Ignoto, prima a noi che ai nostri figli.
Per questo, nel salutarvi ora, mi firmo così.
N.N.
[1 - continua, forse]
Ci sono momenti in cui ci sembra di non sapere più nulla, e il nostro essere padri diventa sconosciuto. Ignoto, prima a noi che ai nostri figli.
E a te come è nata l’idea di diventare padre?
Che cosa conservi di quel periodo della tua vita?
Riguardando indietro, in cosa ti trovi diverso/cambiato?
Se vuoi, puoi scrivere a ilpadreignoto@gmail.com e condividere le tue riflessioni ed esperienze. Contiamo di pubblicarle così da costruire uno spazio di confronto a più voci che sia utile a tutti.
E a te come è nata l’idea di diventare padre?
Che cosa conservi di quel periodo della tua vita?
Riguardando indietro, in cosa ti trovi diverso/cambiato?
Se vuoi, puoi scrivere a ilpadreignoto@gmail.com e condividere le tue riflessioni ed esperienze. Contiamo di pubblicarle così da costruire uno spazio di confronto a più voci che sia utile a tutti.
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