giovedì 19 giugno 2025
Arriva la prima borsa di studio di 5mila euro. Sarà assegnata dall’associazione “Il sogno di Olga” di Giuseppe Delmonte: serve di più, non sappiamo neppure quante sono queste piccole vittime
«Io, orfano di femminicidio, ora aiuto chi vive la mia stessa tragedia»

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«Un primo, grande obiettivo, è stato realizzato. Con questa borsa di studio la vita di un orfano speciale potrà ricominciare davvero». Appare emozionato Giuseppe Delmonte, presidente dell’associazione “Olga-Educare contro ogni forma di violenza”, mentre comunica il raggiungimento del primo contributo raccolto per “Il Sogno di Olga”. Si chiama così il progetto per la creazione del Fondo istituito dalla onlus e destinato a minori e giovani adulti, con un’età massima di 26 anni, riconosciuti come orfani di femminicidio secondo quanto stabilito dalla Legge n. 4/2018. Aiuterà bambini e ragazzi rimasti soli, a causa di un femminicidio, a riprendere i progetti per una vita che è stata interrotta dalla violenza. Lui lo conosce bene il dolore e la solitudine di un giovanissimo che rimane senza la mamma, uccisa per mano del padre. Lo ricorda alle oltre cento persone presenti alla recente serata organizzata al Ristorante Parioli di Milano per la raccolta di donazioni.

Un fondo statale per gli orfani di crimini domestici e violenza di genere esiste già. «Ma la cifra prevista, cica 300 euro al mese, è davvero irrisoria rispetto alle esigenze di crescita e formazione», osserva Delmonte. «Il nostro intento invece è quello di destinare borse di studio che vanno da un valore minimo di 5 mila euro, come quello raggiunto questa sera, a un massimo di 6.500, per qualsiasi percorso di studio: scuole superiori, professionalizzanti o università», precisa Giuseppe che ricorda come lo studio rappresenti un diritto umano fondamentale, uno strumento di crescita e di inclusione sociale. «Eppure – riprende - quanti bambini e bambine non possono più studiare dopo l’uccisione della mamma?».

Giuseppe rivive la sua storia. Oggi 48enne, strumentista di sala operatoria, aveva 19 anni quel 26 luglio 1997, quando la mamma, Olga Granà, 51enne, veniva uccisa a colpi di ascia dal padre, attualmente in carcere. «La mamma desiderava che io e i miei fratelli potessimo studiare e progettare il nostro futuro, realizzarci, crescere liberi. Sognava, insieme a me, che io diventassi un chirurgo. Ma quando ha trovato il coraggio di separarsi da mio padre, prima di essere uccisa, non aveva i mezzi per garantirci un’istruzione. Il suo sogno però non è svanito, si è solo trasformato nella mia missione di oggi: quella di aiutare tanti bambini e ragazzi che hanno vissuto il mio stesso dolore a contare su un domani migliore».

Delmonte testimonia lo strazio subito da questi piccoli, “bambini con il segno meno davanti”, come li definisce lui. «Non è facile raccontare l’inferno dal quale io e i miei fratelli veniamo. Non soltanto per lo sconvolgimento subito, per esserci trovati all’improvviso senza genitori, con la mamma morta e nostro padre in carcere. Il dramma è stato anche essere lasciati da soli, completamente abbandonati dallo Stato, dal quale non è mai arrivato alcun sostegno economico. Eravamo indifesi, senza tutele né leggi specifiche che prendessero in carico la nostra situazione».

Una condizione condivisa dai numerosi orfani speciali, definiti così perché unico è il trauma che subiscono: perdere la mamma per mano del padre. Un fenomeno in drammatica crescita, del quale ancora non si conosce il numero. Si stima che siano dai duemila ai tremila ma di questi giovanissimi non esiste un vero censimento. Vittime di violenza assistita, spesso anche loro oggetto di insulti e maltrattamenti, si ritrovano all’improvviso senza famiglia e senza casa. Vengono affidati a parenti, perlopiù ai nonni, che molte volte sono impossibilitati a garantire loro un percorso di crescita adeguata. Senza contare l’assoluta mancanza di aiuto economico e di sostegno psicologico. Necessità gravi e urgenti alle quali l’associazione vuole dare risposte concrete.

Un obiettivo che sta particolarmente a cuore al direttore della onlus è che sia assicurato sostegno psicologico a questi bambini e ragazzi che si ritrovano a fare i conti con la sofferenza e la rabbia, in balia di emozioni troppo difficili da riconoscere e gestire. «È necessario e urgente che il loro trauma venga preso in carico dagli esperti istantaneamente e in modo continuativo. Solo così saranno in grado di sfogare la propria rabbia e trasformare il dolore in riscatto e fiducia rinnovata».

Giuseppe ricorda poi come dalle ceneri della tragedia può nascere la speranza di un nuovo cammino. Il suo ha preso vita un anno fa, attraverso l’associazione, che grazie a una rete di partnership operative e la collaborazione con il mondo sanitario, educativo e legale, promuove iniziative psicologiche, pedagogiche e formative, anche grazie alla collaborazione delle forze dell’ordine. Con un unico obiettivo: ridare voce a tutti i piccoli orfani speciali, davanti a una società ancora lontana dai loro bisogni. «A tutti questi giovani provati dalla violenza e dal dolore vorrei dire: puntate tutto su di voi, e non dimenticate che i sogni non muoiono mai».

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