domenica 9 febbraio 2025
Le nuove sfide delle relazioni amorose oltre i miti dell’era romantica. Pensieri su cui interrogarsi in vista della festa degli innamorati. Dialoghi, scomodi, con la scrittrice Annalisa Ambrosio
Generazione Z, che fatica l'amore da (re)inventare

lev dolgachov Icp online

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Sempre meno matrimoni, sempre meno desiderio di impegni a lunga scadenza, sempre più rapporti fluttuanti. Affetti che cambiano nei pensieri e negli sguardi dei giovani e che ci sollecitano a riflettere Se le relazioni amorose dei nostri ragazzi ancora fondate sul mito dell’amore romantico fanno così soffrire, non sarà arrivato il momento di rifletterci a fondo? Se i giovani della generazione Z, quelli che oggi hanno intorno ai 20 anni, stanno facendo così fatica a costruire relazioni serie - proprio come i millennial della generazione precedente - non dovremmo avere il coraggio di interrogarci sull’amore senza darlo per scontato?

In vista di San Valentino ne parliamo con una giovane scrittrice come Annalisa Ambrosio, autrice di un saggio sul tema da pochi giorni in libreria. Quello che lei scrive e che ci dice in questa intervista può non essere condivisibile. Da alcune sottolineature è forse giusto prendere le distanze. Ma è un testo che fa riflettere e ci sembra giusto parlarne, soprattutto come spunto per aprire un dibattito, a partire da una voce giovane e scomoda. Ma interessante.

In un’intervista pubblicata sul nostro giornale che sta suscitando un bel dibattito (https://www.avvenire. it/opinioni/pagine/avatilamore- per-sempre-esisteed- la-mia-stupenda-trasgressione) il regista Pupi Avati si dice sorpreso, a 86 anni di essere “rinnamorato” della moglie sposata 60 anni fa e spiega questo sentimento con il fatto che l’amore sia “mistero irragionevole”. L’amore che dura nel tempo non dovrebbe essere segnato da una buona dose di ragionevolezza?

Penso che la sintesi esprima bene il punto di vista di Pupi Avati sulla sua esperienza, ma credo che, come esseri umani, siamo sempre più interessati a capire come funzioniamo e nel tempo abbiamo strumenti sempre più raffinati per farlo: ci appassiona trasformare alcuni “misteri irragionevoli” in “fenomeni” che non perdano bellezza o senso per questo, ma che siano fatti di cui siamo in grado di parlare, che possiamo addirittura comprendere. L’amore non fa eccezione. È bello sorprendersi per un amore duraturo che torna a risplendere, ma sarebbe altrettanto bello poter arrivare a conoscere a fondo le sue ragioni. Quindi, che un amore di lunga durata sia ragionevole oppure no dipende se decidiamo di intendere l’amore stesso come un mistero insondabile o invece come un oggetto incantevole che si può studiare a fondo.

Lei ha scritto un libro intitolato " L’amore è cambiato" (Einaudi) ma leggendo quello che lei sostiene si arriva a pensare che forse a quel titolo manca un punto interrogativo. Sbagliato pensare che, al di là di come poi si concretizzi, il sentimento amoroso che attrae due persone, alla fine sia sempre lo stesso?

In effetti a cambiare non è il sentimento, ma sono le sue forme storiche, cioè i modi in cui ci si ama, quelli che, come società, reputiamo buoni o cattivi, che incoraggiamo e che ostacoliamo, che ci danno speranza o ci fanno paura. Amore è sempre lui, “che move il sole e le altre stelle”.

Secondo quanto lei scrive, l’amore cosiddetto romantico, è viziato da una serie di bugie che hanno contribuito nei secoli ad accrescere la sofferenza degli innamorati. La prima, secondo lei, è “un amore vero è intenso dal primo all’ultimo giorno e dura per sempre”. Perché questa idea non potrebbe essere considerata, invece che una bugia, un auspicio gradevole?

È proprio così: non c’è niente di male ad amarsi felicemente per tutta la vita, è un auspicio più che gradevole. Il problema è semmai partire dal presupposto che se ciò non acprenderli, cade due persone siano guaste o sbagliate, il problema forse è trasformare l’auspicio gradevole in una legge del mondo. La legge presuppone che gli altri possibili esiti di un amore siano erronei, tristi, negativi: non credo che sia per forza così.

La seconda bugia da lei indicata, “solo questo amore ti permetterà di realizzarti completamente, nonostante tutto” viene iscritta nell’ambito degli amori tossici. Come si concilia questa ipotesi con quanto lei dice alla fine del libro e cioè che l’innamoramento sia percorso di conoscenza?

Per rispondere alla domanda mi viene da dire che c’è una differenza significativa tra dolore e fatica. Penso che ci sia un valore nel fare fatica per andare incontro agli altri: in ogni rapporto importante, come nel rapporto amoroso, il frutto di questa fatica è una crescita condivisa, la conoscenza del mondo attraverso il sentire di un altro. Quando invece l’amore ci procura un dolore troppo grande, suppongo che sia opportuno riflettere se sia giusto continuare ad amare... Capita spesso soprattutto ai più giovani di scambiare per amore qualcosa che non lo è, ma intanto di rinunciare a tutto il resto. È quel “solo” che può fare del male.

Proseguiamo con l’elenco delle bugie o, mi permetta, presunte tali. La terza è “Non c’è sesso senza amore”. Perché questa convinzione dovrebbe essere fonte di sofferenza?

Credo che andare nel mondo convinti che le altre persone diano al sesso sempre il significato di una conferma o una manifestazione d’amore possa essere fonte di sofferenza, semplicemente perché spesso non è così. E allora chi ha voluto entrare in intimità con un’altra persona in virtù del suo sentimento aspettandosi in cambio un sentimento corrispondente può rimanere deluso o ferito. Il sesso accompagnato dal sentimento di amore è un’esperienza splendida, ma per molte persone le due cose non stanno sempre insieme.

Annalisa Ambrosio

Annalisa Ambrosio - marcoph

Alla fine di tutto il ragionamento, compresa quella che lei ritiene la quarta bugia – “l’amore è una perfetta intesa sessuale” – arriva a ipotizzare che per ripensare l’amore dovremmo superare l’idea di coppia e di famiglia come sono state intese fino ad ora. Ma se togliamo la centralità della coppia, pur intesa con modalità e accezioni diverse, cosa ci rimane?

Non mi sento di descrivere nessuna esperienza di amore in termini evolutivi. A mio avviso, quindi, non si tratta di “superare” l’idea di coppia e di famiglia per come la conosciamo, ma di dare spazio e fiducia ad altri modelli che possono derivare da altre sensibilità, di com stare in ascolto, non giudicarli erronei a priori. In ogni caso, per rispondere in maniera più diretta alla sua interessante domanda, credo che oltre (o senza) la coppia e la famiglia ci rimanga la comunità, cioè una condivisione maggiore, più larga, di reti, legami, sofferenze e amori. Forse è un modo di cambiare tutto perché nulla cambi: è da lì, dalla comunità, che veniamo.

Ma noi possiamo amare in modo profondo, autentico, costruttivo ed esclusivo una persona, non una comunità. E con quella persona avere dei figli, costruire una famiglia. Solo le famiglie insieme costruiscono una comunità. Non viceversa. Se rovesciamo i termini apriamo le porte all’utopia, alle “comuni” degli anni Settanta nate sull’onda di una trasgressione globale ma poi fallite con gran dispendio di sofferenze e anche di tragedie, e che infatti oggi sono archeologia sociale. Crede davvero che il legame di una coppia che si ama, possa avere la stessa trama e gli stessi obiettivi di altre modalità, come lei dice, più larghe e condivise?

Provo a fare un esempio concreto di qualcosa che accade già oggi: due persone decidono di trascorrere la vita insieme perché si amano e magari arrivano dei figli. Poi qualcosa li spinge ad allontanarsi e si separano. Ciascuno può avere rispetto di ciò che si è lasciato alle spalle, amare i figli che ha messo al mondo o adottato, magari entrare in una nuova relazione. Non vedo utopia o fallimento se penso a un concetto di famiglia più flessibile, in cui c’è amore anche per figli che provengono da relazioni precedenti, in cui si può restare amici di persone con cui in passato si è stati impegnati. Concordo con lei che una “comunità” si compone di vari nuclei familiari, però ritengo che la famiglia sia già oggi qualcosa di estremamente variegato: non dobbiamo avere paura di ridefinirla. In questo senso le famiglie nel corso di una vita possono cambiare, ma la comunità di riferimento resta la stessa e ha come obiettivo quello di fare sentire accolti e amati gli individui.

Pensa davvero che questa sarebbe la soluzione vincente? Possibile che abbiamo sbagliato tutto negli ultimi tre o quattromila anni?

Io credo che l’unica soluzione possibile, più che vincente, sia continuare ad amare esplorando con curiosità i modi in cui noi e gli altri lo facciamo, senza pretendere che esista una sola maniera corretta di amare. La seconda parte del libro è dedicata all’innamoramento, a sondare il perché amare resta una delle esperienze più straordinarie che ci possono capitare nella vita... Non penso che abbiamo sbagliato tutto negli ultimi tre o quattromila anni, anzi, penso il contrario: che non esistano amori sbagliati, a condizione che siano amori, appunto. Sono convinta che l’amore sia il modo più sofisticato e completo in cui possiamo conoscere le altre persone: se ci consente di capire tutto di un altro, aspettarlo, accettarlo, allora è amore.

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