Famiglia, figli, stabilità: come si immaginano a 40 anni gli adolescenti

Nella ricerca condotta dal Cremit dell'Università Cattolica di Milano e promossa da Scuolattiva e Avvenire una fotografia dettagliata e inedita dei nostri ragazzi
October 24, 2025
Uno dei giovani in Università Cattolica durante la presentazione dell'indagine del Cremit
Uno dei giovani in Università Cattolica durante la presentazione dell'indagine del Cremit
Scienziato o panettiere? Non sapeva chi voleva diventare, Giuseppe, a diciott’anni, stretto tra le aspettative dei suoi genitori e la sua passione tenuta nascosta, mai detta ad alta voce per paura e un po’ anche per vergogna. Finché qualcuno l’ha ascoltato e gli ha detto che le cose potevano stare insieme, che panificando avrebbe potuto studiare dal punto di vista scientifico miscele di farine e tipi di cottura e tecniche di impasto. E che non esistono categorie, o una strada da cercare: «La strada te la devi creare tu ». Come? Loro, i ragazzi tra i 16 e i 18 anni, hanno le idee chiare in proposito: al futuro pensano spesso con un bisogno profondo di stabilità, di autenticità, di legami veri. Ma strada facendo incontrano le richieste e le pressioni di un mondo adulto che troppo spesso non li ascolta, concentrato su se stesso, sordo: «Succede a scuola, succede a casa – spiega loro lo psicoterapeuta Matteo Lancini, incontrandoli in un’aula dell’Università Cattolica, dove ieri è stata presentata l’indagine condotta dal Cremit dell’Università Cattolica di Milano insieme a Scuolattiva onlus e Avvenire su 752 studenti e su come si immaginino a 40 anni –. Succede che vi viene chiesto di mettere da parte tutte le vostre emozioni, di silenziarle, succede che siete valutati solo coi numeri o coi test, che siete stati spinti a chiudervi nelle vostre camere davanti agli smartphone piuttosto che lasciati liberi di giocare a pallone nelle piazze, per poi sentirvi dire che lo smartphone lo usate troppo e vedervelo vietato ». Già, le lacune e le grandi incertezze del mondo adulto, l’educazione ridotta a didattica, o controllo, o legge. I numeri dicono che i ragazzi a tutto questo reagiscono con angoscia, con ansia, ma che allo stesso tempo a 40 anni si vedono (si vorrebbero) tutto sommato felici, sul modello dei percorsi intrapresi da quegli stessi adulti che spesso dicono di odiare: laureati (un bel 77%), con un contratto a tempo indeterminato (il 70%), al lavoro in presenza (oltre il 70%), sposati (il 65%), genitori (ben l’80%, di cui oltre la metà di più figli), possibilmente in una situazione di stabilità, intesa come condizione di conciliazione tra lavoro e famiglia (l’auspicio è ovviamente che nel loro futuro sia più realizzata di quanto lo è oggi).
Un altro momento della presentazione con le docenti dell'Università Cattolica Alessandra Carenzio, Linda Lombi e Annalisa Valle
Un altro momento della presentazione con le docenti dell'Università Cattolica Alessandra Carenzio, Linda Lombi e Annalisa Valle
Fuori dalle aule, il tempo libero è dominato da musica, amici e social network ( «perché i nostri genitori non capiscono che per noi il tempo che passiamo lì è importante?» una delle domande poste a Lancini), con lo sport in posizione più defilata. Per dire chi sono, questi adolescenti scelgono le canzoni. E così Cremonini, Vasco Rossi e Mr. Rain diventano le voci della speranza e del cambiamento; Ghali, Baby Gang e Capo Plaza raccontano le paure, la fatica di crescere, la voglia di riscatto. Coldplay e i vecchi Queen offrono leggerezza e magia. In fondo, la loro playlist del futuro è un piccolo poema collettivo, oscillante tra ansia e sogno, caduta e rinascita. Alla domanda «che parola associ al futuro? », le risposte più frequenti sono cambiamento, responsabilità, ambizione, indipendenza economica, ma anche speranza e paura. E non manca un segnale di vitalità sociale: il 42% dei ragazzi (con una percentuale decisamente più alta tra le ragazze) ha fatto esperienze di volontariato, perlopiù in parrocchie, doposcuola o associazioni sportive. Proprio il volontariato sembra agire come una lente positiva: chi si mette al servizio degli altri tende a immaginare il domani in modo più attivo, luminoso. È come se la gratuità restituisse ordine al disordine, un senso all’incertezza. Un misto di forza e fragilità che si ritrova in tutto: nella curiosità che prevale sull’indifferenza, nell’ansia che alla fine lascia spazio alla calma, e poi di nuovo alla tensione. Sullo sfondo la coscienza del limite che abita il nostro tempo: i timori per l’ambiente, per le guerre, per l’instabilità globale, il difficile rapporto con le tecnologie. Un tempo che continua a giudicare gli adolescenti distratti, inerti, e che continua a sbagliare.
Lo psicoterapeuta Matteo Lancini durante il suo intervento coi ragazzi
Lo psicoterapeuta Matteo Lancini durante il suo intervento coi ragazzi

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