Cari genitori, litigare fa bene

Mamme e papà sempre più fragili. La crisi educativa è legata all’incapacità di gestire i conflitti coi figli: cosa dicono i numeri. Domani il convegno a Piacenza organizzato dal Cpp di Daniele Novara
November 7, 2025
Cari genitori, litigare fa bene
Un'immagine simbolica di un litigio in famiglia alla presenza dei bambini / WEB
Fossero solo i social, fosse l’uso che ne fanno i ragazzi o quello altrettanto distorto che ne fanno gli adulti, vietandoli ai propri figli per poi postarne ossessivamente video e foto. La verità è che negli ultimi anni sta emergendo una domanda sempre più pressante: da dove arriva questa crescente fragilità genitoriale? Perché madri e padri faticano tanto a reggere la complessità educativa? E, tecnologie a parte, perché la principale difficoltà sembra quella di sopportare le “intemperanze” emotive dei figli, di dover restare dentro la relazione con loro senza cedere all’ansia o alla rabbia? Da questi interrogativi e dall’incontro quotidiano con decine e decine di coppie disorientate, quando non del tutto disperate, è nata la nuova ricerca realizzata dal Centro psicopedagogico per l’educazione e la gestione dei conflitti (Cpp), che il pedagogista Daniele Novara presenterà al convegno “Vivere bene i conflitti per stare in salute”, in programma sabato a Piacenza e in cui sfileranno esperti ed educatori di fama.
C’è un filo sottile d’altronde che lega la nostra capacità di gestire i conflitti al nostro benessere e a quello di chi ci circonda. Non solo relazionale o psicologico, ma anche fisico. Saper stare nel conflitto, non evitarlo, non subirlo, non reprimerlo, significa abitare la vita con maggiore lucidità e consapevolezza. Come sostiene da sempre lo stesso Novara, il conflitto non è una malattia della relazione, ma un segnale vitale: indica che qualcosa si muove, che due punti di vista si incontrano e hanno bisogno di trovare un equilibrio nuovo. «Chi sa stare nel conflitto – insiste – impara a stare nella vita. Il problema è che oggi gli adulti, e in particolare i genitori, non sanno più farlo: si spaventano, cercano di evitare la tensione, e così finiscono per generare fragilità in se stessi e nei figli, per poi entrare in uno stato di disaffezione. “Un secondo figlio, professore?” mi ripetono spesso, “non se ne parla neanche” (per la serie: la denatalità forse non è soltanto frutto della crisi economica, ndr)».
Lo studio, condotto tra il 2018 e il 2025 su un campione di oltre 2.300 genitori, indaga proprio questo aspetto cruciale: la cosiddetta “carenza conflittuale”, cioè l’incapacità di stare nella tensione relazionale, vivendola come una minaccia insopportabile. È un concetto già esplorato sempre dal Cpp in un precedente lavoro del 2015, dove era emerso che gli adolescenti in maggiore difficoltà personale e sociale presentavano una carenza conflittuale molto più alta rispetto ai coetanei del gruppo di controllo. La nuova indagine amplia lo sguardo agli adulti, cercando di capire se alla base di un genitore in crisi educativa ci sia una difficoltà personale nel gestire i conflitti quotidiani. Ed è proprio così: su 2.304 mamme e papà – 803 che hanno chiesto aiuto pedagogico e 1.501 coinvolti come gruppo di controllo attraverso le scuole di diverse regioni italiane – emerge proprio questa correlazione. Peggio: se in entrambi i gruppi esiste una minoranza più o meno consistente di “competenti conflittuali”, che lo scontro coi ragazzi cioè riescono ad affrontare, la maggioranza totale si colloca nella fascia “neutra”, indifferente. Adulti che non distruggono il legame coi figli, che non arrivano a un punto di rottura, ma che non riescono nemmeno a trasformare il conflitto in occasione di crescita. «Viviamo nell’epoca della costante, assurda necessità che i figli si conformizzino – osserva Novara –: gli adulti non tollerano più la perturbazione emotiva naturale dei ragazzi. Davanti alla rabbia, alla frustrazione, al “no” del figlio, ecco che il genitore e l’adulto in genere si irrigidisce oppure esplode». Il nodo, dunque, non è nei figli ma nei genitori, sempre più fragili e spaesati. «Riscontriamo una grande incapacità di stare nella relazione – continua – e un bisogno crescente di delega: si corre dallo psicologo o dal neuropsichiatra invece di intraprendere un percorso educativo». Il Cpp da anni lavora proprio in questa direzione, accompagnando famiglie, scuole e comunità. «Quando un genitore si mette in discussione – spiega Novara – il bambino torna nella normalità evolutiva. Da Pippi Calzelunghe a Pinocchio ai protagonisti delle fiabe classiche, la letteratura infantile ci insegna che l’infanzia è fatta di contrasti, di ribellioni, di prove di libertà». E non a caso sono tutte storie a lieto fine. «Oggi invece chiediamo ai bambini di essere perfetti, di non litigare, di non disturbare. E così crescono adolescenti senza strumenti per affrontare la realtà». La ricerca esplora anche le differenze tra madri e padri. Le madri del gruppo “in difficoltà” mostrano una maggiore tendenza autolesiva, cioè a interiorizzare la tensione in colpa o autosvalutazione; i padri invece reagiscono più spesso con aggressività. Due facce di una stessa vulnerabilità»

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