giovedì 29 febbraio 2024
In un rapporto appena pubblicato si suggerisce ai deputati di Londra di riaprire il dibattito sul suicidio assistito che potrebbe essere presto legalizzato sull'isola di Man e quella di Jersey.
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undefined - Olga Kononenko/Unsplash

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Nel Regno Unito servono migliori cure palliative e più medici e specialisti che si occupino di terapie del dolore alla fine della vita. È la conclusione alla quale è giunta la Commissione Sanità e Welfare del parlamento di Westminster nel suo ultimo rapporto dedicato al suicidio assistito. In Gran Bretagna - si legge nella relazione - queste cure non sono sempre disponibili in ogni zona del Paese ed è importante che il governo intervenga per garantirle ovunque.

È anche importante finanziare, in modo più adeguato, gli “hospices”, fondati, proprio in Gran Bretagna, nel secolo scorso, da Cicely Saunders, centri di accoglienza specializzati nell’assistenza alla fine della vita famosi e diffusi in tutto il Regno Unito, ma che ricevono soltanto un terzo dei loro finanziamenti dallo stato.

Al processo di consultazione, aperto dalla Commissione parlamentare nei mesi scorsi, hanno partecipato oltre 68.000 membri del pubblico mentre 380 associazioni hanno inviato una risposta scritta. Nella relazione i deputati, appartenenti a tutti i partiti britannici, non prendono posizione a favore oppure contro il suicidio assistito, che viene definito «un argomento difficile e delicato benché importantissimo«, ma offrono il loro rapporto come risorsa per promuovere un dibattito, anche in vista del fatto che un voto parlamentare è probabile nei prossimi anni.

I deputati vengono invitati a riaprire una discussione sulla questione del suicidio assistito, dal momento che è probabile che esso venga legalizzato, nei prossimi mesi, dall’isola di Jersey e da quella di Man e forse anche dalla Scozia. In Inghilterra e Galles, invece, il suicidio assistito è ancora un reato punibile secondo la legislazione del 1961, quella che decriminalizzò il suicidio.

Sull’isola di Man, che ha una giurisdizione e un sistema legale indipendenti da quelli del Regno Unito, la legislazione che darebbe il via libera al suicidio assistito ha superato, lo scorso ottobre, la seconda fase del processo legislativo che porterà alla sua approvazione. In aprile un processo di consultazione ha messo in evidenza che l’opinione pubblica dell’isola era divisa quasi a metà sull’argomento, con il 50% circa degli abitanti a favore del suicidio assistito e il 50% circa che erano contrari.

A Jersey invece, anche questa un’isola del canale della Manica, che non dipende legalmente da Londra, il parlamento locale ha deciso, tre anni fa, che, “in principio almeno”, il suicidio assistito dovrebbe essere legalizzato. In ogni caso altri due voti della “States Assembly”, questo il nome dell’assemblea legislativa dell’isola, sono necessari prima di un via libera definitivo alla legge che consentirebbe il suicidio assistito e uno è atteso nelle prossime settimane. In Scozia, infine, un nuovo progetto di legge, che punta sempre alla legalizzazione ed è promosso dal deputato Liam McArthur, è all’esame del parlamento di Edimburgo. L’ultimo tentativo risale al 2015 ma era stato respinto, dall’assemblea legislativa, con 82 voti contro 36.

Nel Regno Unito, in questo momento, chi incoraggia o aiuta una persona a suicidarsi viene punito con il carcere fino a 14 anni anche se, spesso, la legge non interviene se il malato ha fatto una scelta volontaria e chi l’ha aiutato a morire può dimostrare di aver cercato di dissuaderlo. L’ultimo tentativo di legalizzazione risale al 2015 quando la legge Marris venne sconfitta, alla Camera dei comuni, con 330 voti contro 118.

Anche la Conferenza episcopale di Inghilterra e Galles ha chiesto, più volte, al governo britannico un maggiore investimento nelle cure palliative così che diventino accessibili e disponibili in tutto il Paese. «La cura della vita umana dovrebbe essere “un’arte terapeutica”, che armonizza una rete di rapporti che coinvolgono pazienti, parenti, professionisti della salute, sacerdoti e la comunità tutta, nel contesto di una cura che riconosce l’amore duraturo di Dio per gli esseri umani e protegge la vita fino alla sua morte naturale», hanno scritto i vescovi cattolici inglesi nella loro relazione inviata alla commissione parlamentare Sanità e Assistenza sociale di Westminster.

«Cure adeguate delle persone al termine della vita e non la legalizzazione del suicidio assistito dovrebbero essere la priorità del governo», ha dichiarato Andrea Williams, direttrice della charity “Christian Concern”, «La legislazione esistente agisce come deterrente contro sfruttamento e abusi di persone vulnerabili che potrebbero sentirsi costrette a scegliere il suicidio assistito per paura di essere un carico emotivo o finanziario eccessivo per le persone che hanno accanto».

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