mercoledì 19 maggio 2021
Trasferimento tech, PoliTo apripista
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Non tutte le università grandi sono anche grandi università. Il Politecnico di Torino è senz’altro una grande università anche per l’impegno che da anni dedica al trasferimento tecnologico e alle attività di terza missione, a supporto delle quali, nel tempo, ha fatto crescere un vero e proprio sistema di trasferimento tecnologico. Il cuore di questo sistema è un Ufficio di Trasferimento Tecnologico con 22 persone – anche se non tutte assunte a tempo indeterminato – ma comunque nettamente più piccolo rispetto alle migliori università europee e di fatto appena sufficiente per promuovere la valorizzazione dei risultati di ricerca di tante persone di talento che lavorano nell’ateneo torinese. Tra le tante iniziative lanciate negli ultimi anni per valorizzare i risultati della ricerca e generare impatto, il Politecnico di Torino è stato il primo ateneo italiano a lanciare, nel 2016, un proprio progetto di Proof-of-Concept (PoC). L’azione, finanziata sia con risorse dell’ateneo che della Fondazione Compagnia di San Paolo, consiste nell’identificare progetti e brevetti che appaiono promettenti, ma che necessitano di ulteriori finanziamenti per compiere un ulteriore passo avanti e arrivare a ciò che i tecnici chiamano un TRL ( Technology Readiness Level) superiore, e cioè fare diventare un esperimento di laboratorio, ancorché di successo, qualcosa di più simile ad un prototipo industriale, con approfondimenti anche dal punto di vista del marketing. Si tratta quindi di un progetto che va ad incidere in un ambito di attività importante, ma che spesso finisce per essere una sorta di 'terra di nessuno': non si tratta infatti dei progetti di ricerca solitamente finanziati dai bandi pubblici o dai progetti europei, e neanche dei progetti con un TRL così avanzato da suscitare l’interesse delle imprese. Dopo il primo bando PoC del 2016 ne sono stati lanciati altri due nel 2017 e uno nel 2018, per un totale di circa 2,5 milioni di Euro, 1,2 dei quali coperti da risorse della Fondazione CSP. Per i progetti ammessi al bando sono state organizzate attività di formazione, interazioni con esperti e mentor, contatti con venture capitalist e accesso facilitato all’incubatore I3P. Sono state quindi coinvolte le risorse e i contatti che nel corso degli anni sono cresciuti in simbiosi con le attività di trasferimento tecnologico del Politecnico. Visti gli esiti positivi dei primi bandi, nel 2019 il progetto PoC@PoliTo è stato esteso anche ad altre università (Università di Torino, Federico II di Napoli e Università di Genova) e la Compagnia ha investito un totale di cinque milioni, tre dei quali destinati al Politecnico di Torino. L’impatto di progetti di questo tipo si esprime ed è valutabile soprattutto nel medio-lungo termine, ma delle oltre 40 tecnologie finanziate, 12 hanno già portato alla nascita di 8 imprese spin-off che hanno generato 22 nuovi posti di lavoro qualificati. L’esperienza positiva del Politecnico di Torino ha poi ispirato un’iniziativa di respiro nazionale: il bando PoC che l’UIBM-MISE ha lanciato nel 2020 in collaborazione con Invitalia e Netval. Morale della favola? Anche alla luce dei tanti progetti previsti dal PNRR, alcuni dei quali riguardano l’impatto della ricerca pubblica, è auspicabile che si parta sempre dall’analisi di ciò che, nel campo del trasferimento tecnologico, ha già funzionato bene. Attraverso i bandi PoC il Politecnico di Torino ha sperimentato una modalità di intervento che anche altri soggetti hanno poi adottato. Si tratta di un’azione che ha funzionato bene perché le università sanno muoversi all’interno di ecosistemi complessi come quello dell’innovazione; ne conoscono gli attori, le regole e riescono a valorizzare risorse e asset relazionali accumulati nel tempo. Come dimostrato dal caso del Politecnico di Torino. andrea.piccaluga@santannapisa.it

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