mercoledì 1 febbraio 2023
Il presidente della Fondazione con il Sud Carlo Borgomeo: denunciare non basta più per il Meridione occorrono idee
«Sviluppo e stop ai divari: per il Sud dal Pnrr la spinta da sfruttare»
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Esce in questi giorni per le edizioni di Vita e pensiero (nella collana Piccola biblioteca per un Paese normale) Sud, il capitale che serve, l’ultimo libro di Carlo Borgomeo, che diventa anche il bilancio di oltre 13 anni alla guida della Fondazione Con il Sud e di un impegno molto più lungo (al ministero del Mezzogiorno, alla guida della società per l’imprenditoria giovanile, poi di Sviluppo Italia, con un periodo, 2002-2007, anche da amministratore della società di trasformazione di Bagnoli) al servizio della crescita e delle buone pratiche nella parte più svantaggiata del Paese, con l’occhio sempre puntato sulle risorse umane e sulle idee, e non sui mezzi finanziari. Un bilancio in chiaroscuro, per gli obiettivi prefissati non sempre raggiunti, che però consente di guardare con speranza al futuro, in questa fase di grande trasformazione politica ed economica, guardando a chi ce l’ha fatta, diventando un esempio da poter seguire, nonostante la preoccupazione per l’impatto durissimo che ha avuto la crisi legata al Covid e poi all’emergenza bellica. Da Borgomeo arriva quindi un allarme: « Attenzione, Il Pnrr rischia di trasformarsi, per il Sud, in una grande occasione mancata».

Sud, il capitale che serve”, qual è il messaggio che intende far passare? Insisto molto perché, dopo 72 anni, che è un periodo molto lungo di interventi e politiche straordinarie per il Sud, il superamento del divario, che era il vero obiettivo di quelle politiche, non è stato raggiunto. Nel 1950, fatto 100 il Pil pro capite di un cittadino del Nord, il Sud era al 52,9%; dopo 70 anni è al 56,2. Quindi, in 72 anni la politica immaginata per il Sud non ha funzionato. Il mio obiettivo è dimostrare che quel meccanismo non ha funzionato, non per un errore di questo o di quel governo – il periodo è molto lungo – ma perché la cultura dello sviluppo alla base di quelle politiche è errata. Il sociale viene prima dell’economico. Se non c’è il capitale sociale, lo sviluppo economico non può arrivare. Dunque, la mia insistenza sugli investimenti nel sociale che rafforzano il capitale sociale è legata a questo assunto. Non parlo di iniziative del Terzo settore da valorizzare perché realizzate da brave persone che puntano a recuperare situazioni di diseguaglianza e di ingiustizia – c’è anche questo, anzi è l’obiettivo principale – ma perché è assolutamente necessario convincersi che questa è la premessa per lo sviluppo economico.

Quanto ha subito l’impatto del Covid, il Sud, e quanto è riuscito a intercettare del treno della ripresa che ha riportato il segno più in tutti gli indicatori del 2022? Storicamente, e questo è un fatto assolutamente naturale, le crisi hanno effetti più gravi nelle aree a minor sviluppo e anche in questo caso il Covid ha colpito il Mezzogiorno, soprattutto per alcuni aspetti sanitari e scolastici, in maniera più forte. Il Sud ha partecipato in maniera direi equilibrata alla ripresa post Covid, ma penso che la fotografia prima e dopo il Covid veda il Sud in una situazione di oggettivo peggioramento. E non mi riferisco a indicatori quantitativi come il prodotto interno lordo o l’occupazione, mi riferisco alle condizioni di vita, ai servizi essenziali, al degrado dei quartieri periferici. Tutti questi indicatori ci lasciano un’immagine del Sud peggiorata.

Il Pnrr, occasione irrinunciabile ha ammonito a più riprese Mattarella. Il Sud c’è? È pronto? È certamente una grossa occasione il Pnrr per tutto il Paese e anche per il Sud. Non dimentichiamoci che l’Italia ha avuto risorse importanti dall’Europa per il Pnrr proprio perché l’Europa vuole che si dia un’accelerazione al superamento del divario territoriale. È quindi una buona occasione per il Sud. Però ci sono dei problemi e quindi, alla sua domanda “Il Sud è pronto?” bisogna rispondere: no, è pronto solo in parte. Soprattutto, la rete delle istituzioni locali fa grande fatica a progettare gli interventi necessari. Era un limite che avevamo immaginato e si sta rivelando un limite oggettivo alla piena attuazione del Pnrr nelle regioni meridionali.

Questo governo segna come una nuova era geologica. I primi segnali a partire dalla legge di bilancio denotano una attenzione adeguata al rilancio del Mezzogiorno? Non vedo una grande discontinuità e penso che dalle dichiarazioni fatte, dai ragionamenti, anche dalle proposte, siamo alle solite e lo dico senza voler accusare questo governo in particolare o quelli precedenti. Fin quando si avrà un obiettivo puramente quantitativo, fin quando lo schema sarà quello di denunciare il divario e decidere di mettere i soldi necessari per superarlo, che poi non bastano mai, il meccanismo non può che riproporre vecchi insuccessi. D’altra parte, basta guardare il dibattito che c’è stato nella campagna elettorale. Io dico sempre che mi vergogno un po’ come meridionale di aver assistito a una campagna elettorale in cui la questione del Sud ha coinciso con la questione del reddito di cittadinanza, affrontata in modo rozzo, non condivisibile. Questa è la controprova che non c’è più un’idea sul Sud, non c’è più una capacità di discontinuità. Perciò, insisto: in 72 anni questo meccanismo non ha funzionato. Perché non proviamo a fare il contrario? Perché non capovolgiamo il paradigma?

Che bilancio trarre da questi anni alla guida della fondazione? Un bilancio bellissimo, un’esperienza straordinaria che mi ha portato a conoscere la parte migliore del Mezzogiorno. Non mitizzo il Terzo settore, ne conosco i limiti, ne sottolineo le incoerenze in alcuni casi, ma certamente siamo di fronte alla forza più sana che c’è nel Mezzogiorno e che può cambiare il Sud. L’esperienza della Fondazione ha significato proprio questo: non una mera attività di erogazione su iniziative, non soltanto un’attività di selezione e di accompagnamento di progetti, ma il tentativo di promuovere una messa in moto del Terzo settore verso obiettivi di cambiamento del Sud. E ce n’è effettivamente bisogno quando penso che occorre accumulare capitale sociale per lo sviluppo. Non posso che pensare che il protagonista, il promotore maggiore di questo percorso di accumulazione del capitale sociale è proprio il Terzo settore.

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